Migranti economici

Pubblicato il 20-03-2021

di Paolo Lambruschi

Effetto covid in Africa: 150 milioni di poveri in più. Serve un patto euro-africano.

 

Doveva essere l'anno dell'Africa, ma la pandemia sanitaria che, stando ai dati, ha solo lambito il continente, in realtà lo ha colpito duramente provocando la pandemia sociale. Il danno principale, come spiega una ricerca sulle tendenze migratorie di Africa center for strategic studies, lo hanno portato  le chiusure dovute al Covid. Danno non solo ai piccoli commerci e alla mobilità tra villaggi, tradizionalmente la base per il sostentamento di milioni di persone nelle aree rurali come nelle baraccopoli, ma anche ai migranti rimasti intrappolati in situazioni precarie  e di conseguenza costretti a scegliere di spostarsi su rotte migratorie sempre più pericolose.

 

Ma non  verso l'Europa, anzi. L'ottanta per cento dei migranti africani resta nel continente per cercare di migliorare la propria condizione economica  e solo il 20% si dirige verso nord. In Italia quando si parla di immigrazione si pensa  soprattutto  ai profughi. In realtà  in Africa la mobilità tocca una grandissima quantità  di migranti economici  che si fermano per sfruttare le opportunità lavorative in Nord Africa, in Paesi come  Algeria, Egitto, Marocco  mentre altri poli di attrazione sono Costa d'Avorio, Nigeria e Sudafrica. Prima del Corona virus era stata pianificata tra 53 Stati africani la creazione di una grande area di libera circolazione di persone e beni. Tutto rinviato sine die, ma chi si è mosso senza documenti e permessi intanto è stato punito. Sono molti infatti  i migranti imprigionati per immigrazione clandestina e vittime di deportazioni forzate, come avviene  ad esempio nel deserto al confine tra Algeria e Niger. Il blocco della mobilità ha intrappolato molti migranti e profughi in Africa orientale e in Medio Oriente.

 

Secondo gli esperti la conseguenza sarà l'aumento del traffico di esseri umani quando il Covid-19 cesserà di essere una minaccia con la ricerca di nuove rotte pericolose. Ad esempio il desiderio di raggiungere l'Europa ha già spostato molte persone sulla rotta occidentale atlantica delle Canarie dove si sono già contate diverse vittime e la Spagna nel 2020 è stata il Paese Ue che ha ricevuto più profughi dato che la Libia è considerata pericolosa. La guerra nello Yemen ha invece bloccato i flussi dal Corno d'Africa soprattutto privando di uno sbocco le vittime del conflitto scoppiato nel Tigrai il 4 novembre scorso e di cui non conosciamo ancora le conseguenze sotto il profilo umanitario per il blocco informativo e comunicativo posto dal governo di Addis Abeba nella regione settentrionale del Paese. Le previsioni degli operatori umanitari, ancora bloccati ai confini, sono pessime. Si stima che almeno un milione di persone siano ridotte allo stremo senza acqua, cibo e medicine su un totale di 6 milioni di abitanti. Questa guerra è diventata il simbolo delle occasioni perse dall'Africa in questo 2020. L'Etiopia due anni fa ha fatto la pace con l'Eritrea e il suo giovanissimo premier Abiy  Ahmed, 44 anni, è stato per questo premiato con il Nobel per la pace. Ma davanti ai suoi nemici politici del Tplf, il partito che governa il Tigrai e che prima di lui ha governato il Paese per un quarto di secolo, non ha saputo trovare altra soluzione – nonostante la pandemia e nonostante  l'Africa orientale sia flagellata dalle locuste che divorano i raccolti – che la guerra. Per giunta scatenata contro una etnia in un Paese lacerato dal nazionalismo.

 

Risultato? Solo 12 mesi fa si scommetteva sullo sviluppo del Corno, oggi si teme per la pace nell'area. Il Covid ci consegna 150 milioni di poveri in più,  la maggior parte in Africa, come diceva il professor De Schutte in una intervista a Lucia Capuzzi su Avvenire del 14 dicembre. La sfida del 2021 sarà stringere un patto euro africano perché nessuno può farcela da solo-

 

Paolo Lambruschi

NP gennaio 2021

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