Madre di Dio del Don

Pubblicato il 09-10-2021

di Chiara Dal Corso

In questo mese di maggio, mese consacrato a Maria, guardiamo un'icona di raffinata bellezza dedicata a lei, del XIV secolo, attribuita a Teofane il Greco.

Appartiene al modello iconografico della Tenerezza, dove la madre e il figlio si sfiorano le guance in uno scambio di amore silenzioso e profondissimo. Ma ha delle caratteristiche sue proprie. Prende il nome dal fiume russo Don perché la tradizione afferma che sia stata realizzata per celebrare la vittoria che nel 1380 i russi riportarono contro gli invasori Tatari.
Si sostiene invece che sia stata presente tra i soldati sul campo di battaglia già prima della stessa vittoria. Del resto è cosa nota che le icone facevano parte della vita delle comunità cristiane ed erano presenti nei momenti più importanti della loro storia, che si portavano in processione, avvolte dalla preghiera, per scongiurare pericoli, catastrofi naturali, invasioni… e non di rado venivano portate "in campo" dall'esercito proprio per implorare aiuto e chiedere vittoria contro il nemico. In effetti questa è un'icona processionale, che sul retro riporta la dormizione della Vergine e il suo nome è legato da sempre a quell'episodio. Ma non solo la storia è interessante: se la osserviamo bene troviamo dei dettagli non indifferenti, che la distinguono un po' dalle altre tipologie della Tenerezza.

Il Bambino, pur guardando la Madre in questo gesto di grandissima confidenza e affetto che è sfiorarle il volto con il suo, non è aggrappato con le braccia e le mani a lei, ma la sua mano destra benedice e la sinistra tiene il rotolo della Scrittura, come nell'icona del Pantocrator. Questo Bambino è l'Onnipotente, che si è incarnato nel seno di una vergine purissima e si è fatto uomo. Uomo e Dio. Egli è anche il Verbo, la Parola, la manifestazione di Dio, della sua volontà all'uomo. E benedice, cioè "continua" a benedire, ad amare l'uomo. Un altro particolare sono le sue gambine scoperte e unite, in riferimento – come abbiamo già visto in altre icone – alla sua passione ma non solo, infatti i suoi piedini, legati da sandali d'oro, poggiano sul polso della madre come su una predella, mentre sull'altra mano della madre egli sta seduto, come su di un trono.

Anche questa immagine della vergine madre come "trono" del sovrano celeste la possiamo trovare in altri modelli iconografici. E non solo la madre si fa trono, ma anche calice che accoglie in sé il Bimbo, un riferimento all'Eucarestia, e quindi all'offerta del figlio, alla sua passione. Infine, le vesti del bimbo ricoperte di assist dorati stanno ad indicare la sua gloria celeste, la luce increata che egli emana e che lo riveste. Lo stesso abbigliamento lo troviamo nel Cristo in gloria fra le potenze. E la madre? È regina, madre dell'Onnipotente, madre del Dio che si è fatto uomo, madre del Cristo della passione e del Cristo glorioso.
Silenziosa ma molto presente, tutta protesa verso il figlio re, rivestita di ori di Ofir, come dice della regina il salmo 44.

Lei che ha unito totalmente la sua vita, la sua volontà, il suo cuore, tutta se stessa al figlio-Dio, è regina umilissima e madre generosa, madre anche nostra, capace di comprenderci perché creatura, ma anche di guidarci con sicurezza, dolcezza e amore verso di lui.


Chiara Dal Corso
NP maggio 2021

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