La comunità: terreno di missione e speranza

Pubblicato il 27-10-2020

di Chiara Vitali

“I poveri sono diventati nostri maestri di vita e di umanità, spesso senza accorgersi”. A parlare è padre Davide de Guidi, missionario comboniano in Mozambico, in una delle lettere di aggiornamento dalla sua missione. Nella parrocchia di S. Cruz (Nampula) ogni giorno p. Davide si affianca alle povertà di un Paese segnato da epidemie, carestie, violenze. I suoi poveri hanno nomi e storie concrete, come quella di «Jo­aquim, un ragazzo che ho trovato abbandonato, orfano e con disabilità. Stava male, mi pregava di prenderlo a cuore. Ieri, con la comunità, abbia­mo cercato per lui un cammino di speranza. Non aveva nulla con sé, se non una carrozzina già rotta. Ma che amore grande per la vita manifestava il suo cuore». È proprio la comunità che permette di farsi carico di tante situazioni: «La missione per essere vera è sempre esperienza di comunità, che abita anche dentro il nostro spirito».

Tra i legami di padre Davide, vicini e lontani, rientra anche l’amicizia con il Sermig, frutto del 5° Appuntamento Mondiale dei Giovani della Pace, a Padova nel 2017, e di quei Punti di Pace che raccontano il bene che esiste e non fa rumore. Un’amicizia che nel tempo si rinnova. La Re.Te. del Sermig ha inviato negli scorsi anni alcuni cloratori alla missione mozambicana, che sono stati utilizzati a pieno.

Nell’ultima lettera arrivata, padre Davide spiega la drammaticità della si­tuazione attuale: al coronavirus si aggiungono i massacri a Cabo Delgado, quel nord del Paese ricchissimo di risorse minerarie e di un grande gia­cimento di gas. Gli attacchi provocano l’esodo di centinaia di migliaia di persone. A S. Cruz per ora gli arrivi sono stati 3.000, numero in aumento ogni giorno. «Non hanno nulla da mangiare, non sanno dove andare, i loro vestiti spesso sono già lacerati, con ferite ai piedi e non solo. Hanno nel cuore il dolore di aver perso tutto, spesso anche i loro cari». In questa situazione, l’appello di padre Davide torna alla comunità con un progetto di prima accoglienza cui tutti possono contribuire, in particolare i giovani e le mamme: «Vogliamo che la parrocchia sia un cantiere aperto di carità, di ascolto, di cura e di accoglienza».

Chiara Vitali
NP agosto-settembre 2020

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