La casa dell’affettività

Pubblicato il 14-02-2022

di chiara

G124 è il codice della stanza assegnata a Palazzo Giustiniani al senatore a vita Renzo Piano. Il famoso architetto dal giorno della sua nomina ha scelto di restituire il compenso ricevuto per questo incarico attraverso progetti di riqualificazione delle periferie del Paese. Un'idea a cui ha dato proprio il nome del codice della sua stanza, e che in questi anni si è concretizzata in diversi recuperi da nord a sud d'Italia. L'ultimo progetto realizzato riguarda Rebibbia, il carcere nella periferia nord-est di Roma. Un luogo in cui a dominare è la cultura dell'isolamento.

All'interno di questo complesso sorge uno dei cinque istituti di reclusione femminile presenti su tutti il territorio nazionale. Considerata la scarsità delle strutture, molte detenute scontano la propria pena lontane dall'ambiente di provenienza, convivendo quotidianamente con una duplice colpevolezza, quella dovuta al reato commesso e quella di essere molto lontane dalla propria famiglia. Per non disperdere ulteriormente il legame di affetto, in particolare con i figli, un gruppo di lavoro di Renzo Piano ha ideato la Casa dell'Affettività, un luogo di incontro tra detenute e famiglie, uno spazio che ricrea la dimensione domestica, che ricostituisce momentaneamente il nucleo familiare e che permette alle detenute di mantenere un ruolo all'interno di esso, favorendone la riabilitazione e la reintegrazione.

Si tratta di un piccolo edificio di 28 mq, tutto colorato, con una forma iconica che rimanda all'idea tradizionale di casa. A causa della pandemia è stata rimandata di quasi due anni la sua collocazione nel parco di Rebibbia, in un'area verde sufficientemente protetta. È dotato degli ambienti essenziali allo svolgimento delle attività tipiche di una vita domestica quotidiana. Il tetto a falde inclinate protegge una piccola loggia dalla quale si accede ad un unico ambiente interno che raccoglie soggiorno, angolo cottura e zona pranzo, più un piccolo nucleo di servizio.

Realizzata da tre giovani borsisti del progetto G124 (Tommaso Marenaci, Attilio Mazzetto e Martina Passeri) con la supervisione di Renzo Piano, potrebbe diventare la prima di una serie da installare nelle carceri italiane. All'inaugurazione, l'architetto, senatore a vita, ha ammesso che pure non avendo mai costruito un carcere, è sempre stato attratto dalle dinamiche legate a questi ambienti. Questa “nuova casa” è solo una scintilla «che certo non risolverà i problemi delle carceri», ha rimarcato, ma «rinforza l'idea che il carcere non può essere punizione e vendetta, deve essere un luogo in cui la persona cambia»

Chiara Genesio
NP Novembre 2021

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