Il lavoro è una missione?

Pubblicato il 08-09-2020

di Max Laudadio

Amo il mio lavoro, e non perché mi ha reso famoso e mi ha permesso di vivere una vita molto agiata, ma perché lo ritengo utile, risolutivo, e aiuta veramente chi ha bisogno. Oggi lo considero parte della mia missione su questa terra e, credetemi, è un privilegio poterlo vivere con così tanta intensità. A dire il vero ho avuto momenti bui durante la mia lunga carriera professionale, dove il mio lavoro mi soffocava, e la gioia nello svolgerlo era ben lontana dalla mia quotidianità. Ho sempre desiderato lavorare in televisione, era come un mantra che mi ripetevo continuamente e che pensavo servisse a darmi la spinta giusta per farcela. Per ottenerlo mi sono impegnato, studiando e partecipando a vari corsi, e con la convinzione che solo chi è preparato ha la certezza di non cadere alla prima ventata.

Come tutti i ragazzi in carriera però, non avevo ben chiaro quale fosse l’obbiettivo che volessi raggiungere, non sapevo se stavo cercando un lavoro che mi soddisfacesse o se dovesse portarmi solo fama, successo e mi pagasse anche le bollette. Ero giovane, egocentrico, pieno di me, e per anni ho vissuto con la convinzione del: «Sono bravo, diventerò famoso!». Certo, la mia determinazione mi ha portato velocemente dai villaggi alla tv, da Match Music a Disney Channel, poi a Le Iene, a Striscia, al teatro, alla radio e a tutto quello che ho sempre desiderato fare ma, in ogni fase, ho sempre avuto la sensazione che mancasse qualcosa. Spesso ci facciamo prendere da noi stessi dalle nostre convinzioni e dal nostro ego che ci obbliga ad ottenere sempre di più ma, nel frattempo, ci toglie la bellezza dell’attimo che stiamo vivendo e, ancora più grave, la giusta strada da seguire.

Questo non vuol dire che non dobbiamo avere sogni, tutt’altro, ma averli non significa che per ottenerli dobbiamo essere ciechi e spregiudicati. Ho imparato sulla mia pelle, e solo grazie all’aiuto della fede, che è vero che la libertà che ci è concessa ci permette di scegliere davanti ad ogni bivio della nostra esistenza ma è altrettanto vero che il destino che ci è stato regalato non sempre combacia con quello che noi vorremmo fare ed essere. Mi spiego meglio, se volessi diventare un buon conduttore tv ma nel mio destino non c’è scritto, continuerei a non avere risultati, se non quello del piacere di farlo. Ma, quasi sempre, mi porterebbe a vivere un’esistenza di frustrazione e delusione. Imparare a comprendere quale sia veramente la nostra missione sulla terra è uno dei più grandi doni che si possa ottenere, perché solo conoscendola la si può raggiungere, vivere, apprezzare, condividere, amare, con verità e passione.

Il lavoro di tutti i giorni, evidentemente, deve far parte della nostra missione perché passiamo circa tre quarti della nostra vita lavorando, e non importa se dietro ad un bancone delle Poste o raccogliendo spazzatura dalle strade, l’importante è avere la capacità di riconoscere “il bello” che quella professione ha, e tutti i lavori ce l’hanno. Quando ho capito che Striscia la Notizia aiutava la gente per davvero, che era un programma che non seguiva le logiche della televisione malata, che poteva essere la mia arma per rispondere alle centinaia di richieste di aiuto, allora ho compreso veramente che, tra le altre cose, la mia missione doveva comprendere anche il programma che faccio da 17 anni.

Certo, forse mi capiterà ancora di lavorare in radio, o di recitare e cantare in un musical, perché l’arte è bellezza e non potremmo farne a meno, ma quel «GRAZIE!» che oggi le persone mi dicono per strada per i miei servizi di Striscia, vale come migliaia di applausi.

Max Laudadio
NP giugno / luglio 2020

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