Il dubbio

Pubblicato il 10-03-2021

di Cesare Falletti

Donne e uomini abbiamo ricevuto la capacità di giudicare, non in modo infallibile (non ci è dato per i nostri limiti) ma, se siamo onesti, in modo giusto. Possiamo anche correggerci, rendendoci conto che ciò che prima ci sembrava giusto, col progredire della vita mostra altri aspetti, altre sfaccettature che ci invitano a rivedere le nostre sicurezze.

Questa è una capacità capitale di cui siamo stati dotati. Abbiamo anche due altre capacità, entrambe ambivalenti: possono distruggere o far crescere. La prima è il dubbio che ci spinge a cercare sempre oltre al limite a cui siamo già pervenuti. Il dubbio può essere molto negativo perché parte da una mancanza di fiducia, e questa è distruttiva nei rapporti interpersonali o sociali in genere e quindi non può portare ad una ricerca del vero, che è lo scopo della ragione che cerca il bene. Ma il dubbio può anche darci quell’umiltà che ci disinstalla dalle nostre certezze orgogliose, che ci chiudono all’attenzione agli altri. Il dubbio ci spinge oltre le nostre certezze, senza per questo mettere in causa la fiducia in ciò che ci viene dato. Esso infatti non è il contrario della fiducia, ma la chiave di un’apertura interiore che ci permette di uscire da noi stessi per ricevere ricchezze che ci spingono verso mete sempre più vicine alla verità. È il caso del Signore che chiede a Giona: «Sei sicuro di aver ragione di essere in collera?», perché il profeta protestava contro la misericordia del Signore, che agiva contro le sue aspettative.

Dubitare delle nostre certezze non vuol dire non averne, ma verificarle. Possiamo dunque dire che il dubbio buono è quello che ci disinstalla dalle nostre certezze orgogliose, che diventano arroganti, e ci apre all’ascolto. Il dubbio deleterio è quello che noi opponiamo a ciò che ci viene dall’esterno senza prendere il tempo di valutarlo per sapere se è bene accettarlo o rifiutarlo.
Questo deve essere valutato dal dubbio, salvo quando vogliamo accogliere il dono della fede; ma questo è un campo particolare e ben limitato alla Parola di Dio e a tutto il mistero della Rivelazione.

Un’altra ricchezza che possediamo è la capacità di domandare. Anche in questo campo la domanda può essere un trinceramento dietro al sospetto che interrompe e rende impossibile ogni rapporto umano. Ci sono domande che non attendono risposta; già sanno e sono poste solo per mettere in imbarazzo l’interlocutore e quindi sono ipocrite, a meno che non siano domande retoriche che non sono vere domande. La vera domanda, invece, rende dipendenti gli uni dagli altri, nell’attesa di una risposta che apra un percorso e nella creazione di una comunione interpersonale. La domanda responsabilizza chi la fa e colui che risponde, perché il primo si dichiara disponibile ad un vero ascolto, e colui che risponde si accolla la responsabilità di aprire un cammino nuovo a colui a cui risponde. La domanda può essere un grande appoggio all’assenso e al rispetto di colui a cui la si pone.
È il caso di Maria che ha chiesto, non per mettere in dubbio, ma per collaborare: «Come avverrà questo?».

Chiedere per avere o per sapere è il contrario di impadronirsi violentando la volontà e la personalità altrui, rompendo ogni vero legame interpersonale, per legare a sé come uno schiavo.
Giudice è la libertà che conserviamo per noi e che lasciamo agli altri. La domanda ci dà la libertà per accogliere davvero l’altro con il suo bisogno o la sua proposta. E questo dà luce alla differenza molto importante nella nostra vita personale e sociale fra il desiderio e la pretesa. Entrambi partono da un vuoto che c’è in noi, ma, o raggiungono la persona altrui e creano una comunione, o la distruggono e creano solitudine.

Cesare Falletti
NP dicembre 2020

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