Il bene comune

Pubblicato il 31-03-2022

di Cesare Falletti

Le luci di Natale si sono accese, forse in tono un po' minore di anni passati; questo non è male anche se portano la traccia di una sofferenza e di una inquietudine che ci lascia non pienamente disponibili alla gioia della venuta del Signore. È però importante alzare lo sguardo, come ci invitano a farlo i profeti, e guardare il mondo immerso nelle tenebre, che aspetta una luce vera, di cui le lucine che si accendono verso sera dovrebbero essere segni di attesa, ma che rischiano di essere una decorazione senza significato. Qual è questa attesa in un mondo che non cessa di essere segnato da ferite, inimicizie, guerre assurde (come d'altronde lo è ogni guerra che non risolve nulla) e tanto egoismo?

Natale è la festa del dono che Dio ci fa di se stesso, Lui che pensa alla nostra piena realizzazione umana, e che dal giorno della creazione non cessa di farci capire che la Vita è un bene comune che bisogna dare, senza chiuderla nelle proprie mani. Il mondo piange e sospira perché non sa che il dono che deve ricevere è la cultura di Dio, la cultura del bene comune, la cultura del vero dono. Più dilaga la sofferenza, più l'urgenza di questo dono si fa grande, eppure la tentazione di chiudersi nel proprio piccolo bene e nella difesa di sé si fa grande. Cosa vuol dire cultura del Bene Comune? È la coscienza che non si può essere umanamente felici se il bene che cerchiamo non lo cerchiamo per tutti e non solo per noi stessi, se le nostre idee non si convertono all'accoglienza di quelle degli altri, all'interesse per la loro vita, all'attenzione allo spazio comune. Non esiste un bene che possa essere unicamente di un singolo e che non sia condivisibile. L'umanità è un fatto di comunione, non di individui separati, anche se ciascuno è un tutto e porta in sé la libertà e il diritto ai beni della vita. Portiamo in noi il segno indelebile della nostra origine: l'immagine e la somiglianza della Trinità, un solo Dio comunione indivisibile di Tre Persone. Anche noi siamo un mistero, per cui spesso ci sbagliamo nel cercare ciò per cui siamo davvero dei viventi; così brancoliamo nel buio dell'incertezza, della paura, del rifiuto del rischio del Bene. E dimentichiamo il Bene comune, cosa che dopo una breve sensazione di gioia, ci piomba nella tristezza.

Questo dobbiamo farci dire dalle luci del Natale, un annuncio che la gioia può davvero esistere e che ogni dono materiale non è altro che un segno del dono di sé, che gli auguri esprimono l'apertura all'amicizia, al “voler bene”, che il tempo che sembra volar via è anch'esso un dono per stare con gli altri. Allora anche la solitudine, che nelle feste si fa dolorosa e pesante, può diventare un luogo di comunione, perché in ogni più piccola scelta, ogni azione o gesto sono comunione con il mondo e in particolare col mondo che soffre perché il bene non è condiviso.

In fondo a questo ci porta tutta la riflessione sull'ecologia, sull'attenzione a non “sporcare” il mondo, a non renderlo un luogo invivibile, una cassaforte di beni non condivisi in cui si muore soffocati.

Il Covid ci ha resi attenti al nostro respiro, abbiamo imparato cos'è la saturazione, la necessità dell'ossigeno nel sangue, e tante altre cose che vivevamo senza darcene pensiero. Invece di pensare ai mali del mondo come se fossero un'ingiuria al nostro diritto di vivere, possiamo imparare che pensare al bene degli altri, al bene di tutti, è saturare il nostro sangue di sano ossigeno, che ci permette di vivere respirando liberamente e gustando la bellezza della creazione che ci è data e in cui siamo stati messi. Questa è un'apertura alla cultura del Bene comune, a cui tutti aspiriamo, ma a cui troppo spesso non pensiamo come a qualcosa che dipende da noi.

Cesare Falletti
NP Dicembre 2021

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