I profughi ragazzini

Pubblicato il 25-06-2021

di Nello Scavo

L’Onu dei profughi è il campo di Moria, sull’isola di Lesbo, una collina che dall'alto discende verso i gironi dei dannati d’ogni guerra: Yemen, Afghanistan, Iraq, Siria, Palestina. È qui che i potenti dovrebbero venire per osservare con i loro occhi quali effetti ha un colpo di penna sulle vite degli altri. Il blocco dei prigionieri ragazzini è guardato a vista da polizia. I pasti vengono distribuiti come nel più organizzato dei penitenziari: una gabbia alla volta. Naturale che dopo qualche settimana osservando il cielo attraverso la trama del fil di ferro c’è chi prova a togliersi di mezzo, e chi cerca un anestetico ingurgitando pessimo liquore o dosi di droga pagate chissà come e, non di rado, al prezzo di promesse indecenti.

Il Covid non ha fatto altro che peggiorare le cose. Moria era stata concepita per 3mila migranti e profughi. Ce ne sono 20mila: 1 bagno (sporco) ogni 160 persone, 1 doccia ogni 500, 1 fonte d’acqua ogni 325.
Attualmente sono oltre 70 milioni i fuggitivi nel mondo a causa di persecuzioni, conflitti, violenze e violazioni di diritti umani. Di questi, «più di 20 milioni – ricorda l’alto commissariato Onu per i rifugiati – sono rifugiati», oltre l’80 per cento accolti da Paesi a basso o medio reddito, con «sistemi di assistenza medica, di approvvigionamento idrico e servizi igienico-sanitari meno efficienti». Ovunque le cose vadano peggio, c’è sempre qualcuno che per caso o per missione prova a riportare umanità e dignità, dove l’una e l’altra sembravano perdute. Come Eric e Philippa. Era il 2000, e cercavano il Paradiso. Era il 2000 quando lasciarono definitivamente il grigio di Londra per il blu di Lesbo. Lui, un passato da amministratore e un presente da scultore e pittore. Lei, musicista e pittrice.

Perfetti testimonial dell'isola della poetessa Saffo. Poi, un pomeriggio del 2015, videro un gommone nero, alla deriva. Da allora i Kempson vivono con i profughi, e per i profughi. Il loro Hope Projetc fin dal nome vuole ridare una speranza. Le autorità greche non li vedono di buon occhio e non mancano di mettere i bastoni tra le ruote con questioni burocratiche.
Mohamad, 24 anni, è arrivato dalla Yemen con la sua famiglia di otto persone. La commissione per esaminare la sua domanda impiegherà 12 mesi. Troppi per resistere dentro a una tenda, nel fango e nella neve. Al caldo d’estate e presi a ceffoni dal vento d’inverno. Perciò come altri ha trovato il modo di farsi trasferire sulla terraferma e prendere la via impervia della rotta balcanica.

Ed è qui, alle porte dell’Unione europea continentale, che i valori fondativi affogano nella palude degli scaricabarile.
La Croazia è la porta d’accesso all’Ue. A migliaia si sono perciò accampati in Bosnia, sul confine. Nella regione ci sono 500 minori non accompagnati, insieme a circa 450 bambini con le loro famiglie. In tutto un migliaio di minorenni, più dei mille maschi adulti ammassati tre le tende del campo ufficiale di Lipa, in Bosnia.

«Siamo stati consegnati dalla polizia slovena alla polizia croata. Siamo stati picchiati, bastonati, ci hanno tolto le scarpe, preso i soldi e i telefoni. Poi ci hanno spinto fino al confine con la Bosnia, a piedi scalzi. Tanti piangevano per il dolore e per essere stati respinti». Sono le parole di chi aveva finalmente visto i cartelli stradali in italiano, ma è stato rimandato indietro, lungo una filiera del respingimento come non se ne vedeva dalla guerra nella ex Jugoslavia. Le foto non mentono. Quasi tutti hanno il torso attraversato da ematomi, cicatrici, escoriazioni.
C’è chi adesso è immobile nella tendopoli di Bihac con la gamba ingessata, chi con il volto completamente bendato.

Le inchieste di organizzazioni umanitarie e giornalisti accusano il governo croato di aver ordinato i crimini contro i diritti umani. Zagabria respinge le accuse contro i suoi poliziotti e assicura di avere avviato decine di indagini a partire dal 2018.
Fino ad ora, nessun processo. «Forse – spiega una fonte del ministero dell’Interno – i profughi si sono fatti male da soli. Oppure si sono picchiati tra loro, oppure sono stati aggrediti dai trafficanti, o forse sono stati assaltati da cittadini che girano armati nei boschi». Insomma, nessun colpevole.


Nello Scavo
NP marzo 2021

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