Figli di Ulisse

Pubblicato il 01-01-2021

di Luca Periotto

II fascino dell'ignoto domina tutto (Omero)

1520 / 2020
V centenario della scoperta dello Stretto di Magellano.

Alle 5,30 del 21 ottobre 1520, al largo di quella nuova terra appena battezzata con il nome di Patagonia, cinque caravelle spagnole sostavano di fronte alla costa. Quella mattina il cielo aspro, perennemente arrabbiato, da grigio scuro tendente al nero avorio, improvvisamente rilassò il volto arcigno mostrando un sincero sorriso beffardo. Lle vele si gonfiarono a quell'ultimo sbuffò di tramontana, poi il vento cessò portandosi dietro una coltre di nebbia gelida, stantia e rarefatta, sporca come il manto di una pecora.

Finalmente, laggiù oltre il 52° parallelo sud, dove nessun uomo europeo prima di loro aveva mai messo piede, era cominciata l'estate australe. In piedi a prora, con le mani in tasca, il Comandante di quella spedizione partita un anno prima da Siviglia (con l'intenzione di circumnavigare per la prima volta nella storia il globo terrestre seguendo una inedita rotta ad ovest) – restò fermo fissando con lo sguardo un'insenatura dove il mare penetrava tra due coste basse e similmente spoglie: molti dubitavano di lui e della sua ostinazione. Ripudiato dalla sua stessa patria, trovò fiducia nel re di Spagna: in ballo, un piatto troppo ricco per non doverci provare: nuove terre, infinite ricchezze, nuovi popoli da convertire al cristianesimo.

«Lo vede anche lei, Signor Pigafetta?» disse Magellano senza voltare la testa.
«Comandante – rispose il vicentino – vedo due tratti di costa distanziati, non sono molto vicini tra loro, speriamo che non si tratti di un grande fiume come il Mar de la Plata: varrebbe la pena di mandarci una caravella in esplorazione». «Ma... sia sincero, crede veramente che sia questo, capitano, il passaggio che stiamo cercando da mesi? Gli uomini sono stremati, inutile che glielo dica... c'è aria di ammutinamento!». Ci fu un momento di silenzio che permise a Pigafetta di sistemarsi il bavero del cappotto.

All'improvviso dalle labbra secche e increspate del capitano vide uscire un fumetto, una nuvola di fiato evaporata che soltanto la matita di Hugo Pratt avrebbe potuto disegnare: «Sì, questo è proprio il passaggio a ovest che stavamo cercando, dica all'equipaggio di prepararsi». Dopo aver trovato il celebre stretto al fondo della penisola sudamericana in terra antartica a un passo dal Polo Sud, Magellano ci mise poi un mese a navigare i circa 450 km che occorrono per sfociare a ovest di quel lugubre canale tempestoso, fin laggiù nelle acque placide di un mare immenso, infinito e sconosciuto. Fu in quel giorno sereno che diede il nome all'Oceano Pacifico e mesi dopo perse la vita in un'isola delle Filippine, Cebù, combattendo con un re che non voleva piegarsi alla Corona spagnola.

Dedicò tutta la sua vita a un'ossessione riuscendo nell'impresa agognata da Colombo, e da quel giorno inaugurò per primo la rotta delle Indie viaggiando verso ovest, evitando alle navi europee di circumnavigare l'Africa: la sua impresa resterà nella storia equiparabile soltanto a quella di Neil Amstrong quando raggiunse il suolo lunare! Sono trascorsi cinque secoli da quell'evento che stabilì l'inizio di una nuova era: in Italia il 21 ottobre 2020 di quest'anno è giusto celebrare Antonio Pigafetta, il primo etno antropologo e proto giornalista della storia, colui che al ritorno in Europa a bordo dell'unica nave superstite di quell'impresa ne narrò i record.
Antonio Pigafetta, figlio di un nobile notaio di Vicenza, ebbe il coraggio di imbarcarsi come uomo di fiducia del navigatore portoghese Fernando Magellano in un'avventura dagli esiti non scontati. Altri tempi, altre tempre.

Ho imparato a leggere attraverso i fumetti di Corto Maltese; questo pirata gitano fu creato nel mio anno di nascita, il 1967, proprio dal celebre illustratore riminese Hugo Pratt. Ci sono affezionato a quel fumetto, tanto che ora mi piace pensare che in qualche modo ho attinto se non il sangue, almeno spero l'inchiostro dei suoi cromosomi. Attraverso quelle illustrazioni ho imparato il senso del viaggio ancor prima di incominciare a viaggiare: il sistema dei vasi comunicanti, dalla fantasia alla realtà, come un canale, come lo Stretto di Magellano. Avrei molto da raccontare a proposito di quel fantasioso, e non banale Estrecho, lo Stretto. Ho potuto trascorrerci 40 giorni da solo. È una terra, la Patagonia, che dev'essere sperimentata in solitaria, sempre che si sia letto prima Verne, Salgari, Mempo Giardinelli, Coloane, Melville, Conrad, Chatwin e Luis Sepùlveda, perché tra quelle righe è possibile identificare le coordinate della mappa letteraria della terra di Utopia: un genere di lettura cartografica ancor più che fisica, sensoriale.

La barriera del nulla che ti si para davanti come un muro solido, nella vastità di un deserto sferzato dai mille venti, oppure sulla costa, che se ci cammini o se ci navighi con un vecchio fuoristrada, ti fa comprendere che non vi è differenza tra cielo terra e mare, quando ti trovi solo con te stesso, invasore di quello spazio: nessuna alternativa se non riempirla di esperienze e di parole. Io ho voluto aggiungerci testimonianze e immagini, poiché nonostante lo facciano tutti, consiste tuttavia in un esercizio mai banale.

@Luca Periotto 2020

NP EYES
Novembre 2020

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