Cos’ha detto il medico?

Pubblicato il 31-10-2022

di Mauro Palombo

Bangladesh: quando la sanità si fa vicina 

In tante realtà del mondo non c’è nulla di scontato, tutto manca. Una cosa così ovvia che le persone non se rendono neppure conto. Alla mercé di tutto, il quotidiano è una continua fatica e lotta; un’esistenza molto più sofferta, e breve, di quanto potrebbe essere. Cosa è che lì permette ancora di vivere? La speranza, che abita il cuore di ogni donna e uomo, e la loro capacità di sostenersi a vicenda, prendersi cura gli uni degli altri: in quei tanti momenti in cui quella è la sola decisiva risposta. Poi, dove si incontra un uomo o una donna di Dio fiorisce la vita!  

Il nostro caro don Renato Rosso, una vita tra i nomadi del mondo, molta in Bangladesh, ha seminato a lungo la sua testimonianza, e ne sono nati frutti di comunità, di persone che, nella normalità, hanno costruito il vivere delle loro famiglie nell’apertura a chi più ha bisogno. Due, i fratelli David e Robert, che pur nella nera povertà hanno concluso l’università, si dedicano al loro gruppo tribale Mahali, a Damkura, vicino Rajshahi nel nordovest. Sono nate con loro le prime “scuole mobili” per i nomadi, e poi un lavoro fondamentale di preparazione per studenti che devono affrontare la maturità, o l’ingresso all’Università. 

Dallo scorso anno, con loro sta nascendo un nuovo progetto: un’idea “semplice”, sovente ciò che serve per affrontare un problema insolubile. Intorno a Damkura ci sono decine di villaggi in luoghi impervi, la cui distanza sono ore di moto – due, tre... – su piste crivellate di buche. Non vi arrivano né medici, né infermieri, né medicine. La gente stessa, in ogni età afflitta da varie malattie, non concepisce un’idea di “salute”, né di poter aver rimedio a un’infermità, o di poter evitare di morirne, prematuramente.  

Il progetto ha dunque come metodo che persone consapevoli – come Robert – visitino i villaggi, periodicamente o su richiesta, per parlare di igiene e salute, e aver notizia delle situazioni che la gente gli espone. A volte basta dare uno sciroppo, qualche pomata. Gli altri casi sono "portati" ad alcuni medici, coinvolti in quanto capaci e soprattutto disponibili e onesti: oggi tre medici generici, e un ortopedico, che, rientrando alla sera, possono essere interpellati; in caso di urgenza, anche in giornata, via telefono, e, ove possibile, via web. Se è necessario ospedalizzare qualcuno, Robert lo porta con sé, dorme a casa sua e l’indomani lo accompagna. 

Dietro ogni “caso” una storia. Quella di una donna gravida di otto mesi con grandi dolori che «aspettava che capitasse qualcosa». Il medico contattato ordinò di portarla subito in ospedale – un auto-risciò batté dei record – dove un cesareo salvò lei e il suo bimbo. O il bambino caduto fratturandosi un piede e un ginocchio, fasciato su un pagliericcio destinato a rimanere disabile a vita, se la sera stessa un’ingessatura non l’avesse sistemato. 

Chiaramente, ci sono delle spese, gli ospedali non sono gratis; si sollecita la Provvidenza, e la si gestisce con consueta accortezza. Soluzioni semplici, grandi, commoventi. Un “farsi prossimo” da far crescere, e replicare, in tanti altri luoghi. 

Mauro Palombo 

NP Giugno-Luglio 2022 

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