Che fame!

Pubblicato il 28-01-2021

di Flaminia Morandi

C'è qualcuno che osserva ancora il digiuno prima dell’eucaristia? Forse qualcuno sì, di un’oretta o due. Forse per molti è solo un ”precetto” giuridico, dato che è prescritto dal canone 919 del Codice di Diritto Canonico. Forse non si conosce più il nesso profondo che c’è tra lo stomaco vuoto e la fame di Dio. Il modo di intendere il digiuno è sempre stato un tema bollente, già nella vita terrena di Gesù. Era uno dei motivi per cui i farisei lo tenevano d’occhio. Dopo la chiamata di Levi, Gesù va subito a mangiare a casa sua ed ecco che i farisei si precipitano a inquisirlo con domande-trappola sul digiuno.

E Gesù, con una pazienza infinita, fa notare che se il digiuno è fatto per piegare Dio ai nostri desideri, succede esattamente il contrario: quel digiuno respinge Dio. Dietro un digiuno così c’è l’idea di un Dio di cui meglio non fidarsi, meglio tenerselo buono con delle rinunce anzi, diciamocelo, con un vero e proprio ricatto: guardami! vedi come sono bravo, io non mangio e tu mi esaudirai. Ma l’idea che una nostra azione obblighi Dio a piegarsi alla nostra volontà è l’opposto del messaggio di Cristo che è l’amore gratuito, la comunione con il Figlio, che attraverso la sua morte nell’amore ci trasferisce nel cuore di Dio.

Il digiuno vero si fa solo per amore, dice Gesù: se appiccico il vecchio digiuno-espiazione sulla stoffa nuova dell’amore e del desiderio di Dio, si crea un buco, e la stoffa si strappa. Se lo sposo muore, la sposa non ha voglia di mangiare, la tristezza glielo impedisce. Tutti ne facciamo esperienza quando muore qualcuno che amiamo. Il digiuno pre eucaristico non è che la somatizzazione della nostra fame dello Sposo. È il nostro desiderio di entrare in comunione d’amore con Dio, di fare eucaristia con il pane-Corpo di Cristo che ci conduce a Dio, un desiderio che diventa fame fisica. La nostra fame da stomaco vuoto è l’immagine della nostra fame di Dio. Siamo affamati d’amore e il cibo è la figura del nostro desiderio.

In tradizioni diverse dalla nostra, i copti digiunano 9 ore prima dell’eucaristia, gli etiopi 15 ore. La sera della vigilia di una festa i fedeli russi si confessano e osservano un digiuno totale, non solo di cibi e bevande, ma digiuno degli occhi e delle chiacchiere inutili: non per estraniarsi dal mondo, ma per festeggiare il dono ricevuto nel battesimo, l’ingresso nella vita di Cristo: cioè, essere morti e risorti con lui. In una parola: salvati. Domenica, domani, l’eucaristia festeggerà il passaggio successivo: la divinizzazione di noi tutti, fatti unica chiesa, unico corpo, mangiando alla mensa del Regno, seduti intorno alla tavola della Gerusalemme celeste con Cristo, con la sua santa Madre Vergine, con tutti i santi e con coloro che ci hanno preceduto nella fede. Il digiuno prima di un pasto così, non è un triste digiuno: è il vuoto di un’attesa che aspetta di essere riempita di gratitudine e di gioia senza fine.


Flaminia Morandi
NP novembre 2020

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok