Bulli VS Orsetti abbraccia-tutti

Pubblicato il 23-11-2020

di Marco Grossetti

Volere è potere, recita il detto tramandato dai saggi di un tempo lon­tano, possibilità per tut­ti di cambiare il corso di un destino avverso e arrivare al tanto sospirato lieto fine. Ricchezza o al­meno felicità abbastanza facilmente a portata di tutti quelli che la desiderano e la inseguono, sino a raggiungerla, per meritatamente godersela. Nel suo ulti­mo saggio lo storico israeliano Yuval Noha Harari ha scritto che l’umanità non è mai stata così vicina all’alba di una nuova era: sembrava che «la penu­ria di cibo, la diffusione delle malattie e i conflitti bellici appartenessero in maniera inscindibile al piano cosmico divino o alla nostra imperfetta natura e niente, eccetto la fine dei tempi, avreb­be potuto liberarci da queste piaghe»; ora invece carestie, pestilenze e guer­re sono fenomeni circoscritti a piccoli pezzi di mondo che inseguono il pro­gresso tecnologico e il benessere eco­nomico raggiunto dalla schiera degli eletti che continua giorno dopo giorno ad aumentare di numero.

Eppure siamo qui noi. In una grande città di quello che è ancora uno dei Paesi più ricchi del mondo, l’Arsenale della Pace continua ad essere invaso ogni giorno da famiglie anche italia­ne che chiedono un aiuto per le cose più normali: scarpe e vestiti, passeg­gini e giocattoli, cibo, quaderni, libri e pennarelli, medicine, occhiali e cure odontoiatriche, aiuto ai loro figli nello svolgimento dei compiti. Nei colloqui di iscrizione per quest’ultimo proget­to, mamme e papà di tutto il mondo si sono trovati d’accordo su una cosa: la vita è difficile. Ovunque e comunque. È la tesi scientifica suffragata dalle loro vite, tanto che una mamma raccoman­da sempre a suo figlio di studiare, per­ché «se no finirà come me a fare le pu­lizie, sempre se non mettono i robot». Un’altra mamma ripercorrendo la sua vita pieno di sfruttamento, sopraffa­zione e violenza, ha riconosciuto per­mettendosi il lusso di qualche lacrima la triste naturalezza del suo destino: le cose sono andate semplicemente come al solito, funziona così, non è stata la prima e non sarà l’ultima.

Il sociologo Zygmunt Bauman ha de­scritto «la contraddizione interna irri­solvibile di una società che definisce uno standard di felicità per tutti i suoi membri che alla maggior parte di loro non è data la possibilità, o addirittura è impedito, di raggiungere». Non ci permettiamo più di volere perché non crediamo più di potere. La vita è diffi­cile, funziona così, come al solito, forse un giorno, dicono i grandi così stanchi di perdere da aver imparato a piange­re senza fare uscire le lacrime. «Siamo per metà dei bulli e per l’altra metà degli orsetti abbraccia-tutti», ha detto l’altro giorno un bambino riflettendo sulla natura della specie a cui appar­tiene.

Bulli di cui noi stessi siamo le prime vittime e i primi prigionieri, mentre gli orsetti abbraccia-tutti sembrano una specie in via d’estinzione. È l’altra parte di noi, quella che dovevamo ma­gicamente riattivare dopo il lockdown, quella che accendiamo nell’unico giorno dell’anno in cui è stato deciso che dobbiamo essere tutti un po’ più buoni. Quella che ogni piccolo orsetto può imparare solo osservando e imi­tando il comportamento di papà orso e mamma orso. Ringhiare e graffiare, sopraffare e aggredire. Fa parte della nostra natura. Come abbracciare e sor­ridere, coccolare e volere bene. La de­scrizione di un attimo in cui tutto può ancora succedere: in mezzo ci siamo noi, sospesi tra prepotenza e gentilez­za, indifferenza e cura, cattiveria e em­patia. Bullo o orsetto-abbraccia tutti? Basta prendere la carta giusta. Almeno ogni tanto.

 

Marco Grossetti
NP Ottobre 2020

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