Ambasciatore per missione

Pubblicato il 15-06-2021

di Paolo Lambruschi

L'omicidio dell'ambasciatore italiano in Congo Luca Attanasio, del carabiniere che lo scortava Vittorio Iacovacci e del loro autista Mustapha Milambo il 22 febbraio scorso mentre portavano cibo in un villaggio ci ha fatto riscoprire uno dei tanti conflitti dimenticati dell'Africa.
Parliamo prima di Attanasio, figura straordinaria che univa la dinamicità della giovinezza (aveva solo 43 anni) all'umanità, uomo di fede di cui si è detto molto perché aveva una visione molto innovativa della diplomazia.

Come molti di quelli che la conoscono bene, voleva anche cambiare la narrazione sull'Africa. Per lui il lavoro da ambasciatore era una missione per servire il suo Paese e i poveri. Univa l'idea di pace da costruire a quella di sviluppo da promuovere anche attraverso l'imprenditoria italiana. L'aiuto assistenziale o umanitario ai più deboli è necessario per aiutarli ad alzarsi e a fare i primi passi, ma l'obiettivo è che acquistino la dignità camminando da soli. Sono stato qualche ora a Limbiate, in Brianza, dove è cresciuto in oratorio e dove ho conosciuto i suoi amici e i suoi educatori e mi ha sorpreso scoprire non solo la sua propensione verso il volontariato per essere utile alla comunità, ma anche che la sua scelta di andare in Africa come diplomatico per coniugare sviluppo imprenditoriale e cooperazione, sia nata dalle giornate ecumeniche che si sono tenute a Milano 16 anni fa.

Sul portone di ingresso dell'oratorio San Giorgio di Limbiate dove lui si è formato e al quale era rimasto legato c'è una frase attribuita a don Bosco e a don Gnocchi: l'educare è una questione di cuore e credo che Luca Attanasio, ambasciatore di una Italia diversa nel mondo, le sia stato fedele fino alla fine. Mentre speriamo che la verità sulla sua fine emerga alla svelta e sia fatta giustizia, non dimentichiamolo e alla sua memoria allacciamo quella del Congo dei conflitti irrisolti.

È il simbolo di un'Africa ricca eppure impoverita dal saccheggio delle ricchezze del sottosuolo. È la maledizione delle risorse che affligge diversi Paesi i quali non possono beneficiare delle ricchezze del sottosuolo perché sono state predate da altri Paesi ricchi che su quei territori spesso alimentano conflitti. Uno sfruttamento che non conosce limiti e che genera rabbia, ribellione e violenza in una spirale diabolica che solo diplomatici illuminati come Luca Attanasio possono contribuire a spezzare perché concepiscono la diplomazia come strumento di pace e non di potenza e sopraffazione. Molto del futuro delle nostre tecnologie si gioca in Congo da cui si estraggono i materiali che fanno funzionare i nostri smartphone e i nostri dispositivi elettronici, anche le batterie delle auto elettriche, ma chi lavora per estrarre quei materiali è spesso schiavo. E finché non ci sarà giustizia non ci sarà pace.

Dall'altra parte del continente continua senza interruzione il conflitto nella regione settentrionale dell'Etiopia, il Tigrai, che non ha risorse nel sottosuolo ed è arido e brullo. Però in questa terra è nata la vita umana ed è arrivata per prima la cristianità in Africa già nel III secolo dopo Cristo. Un patrimonio culturale antichissimo che costituisce l'identità religiosa dei credenti del Corno d'Africa ed è stato preso di mira, in parte distrutto e saccheggiato.

Questo è un danno anche alle risorse di una terra che viveva di agricoltura e turismo e che non sa se e quando potrà risollevarsi. Agli operatori umanitari non è infatti permesso raggiungere la maggior parte della popolazione che rischia una catastrofe.
Questo accade quasi nell'ombra in una terra molto legata all'Italia. Che, ispirata da Luca Attanasio, può e deve fare di più per favorire la pace e la riconciliazione.


Paolo Lambruschi
NP marzo 2021

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