Accettare la sfida

Pubblicato il 30-03-2022

di Giorgio Ceragioli

Un esempio delle preoccupazioni che possiamo avere oggi è il comportamento nei confronti degli immigrati terzomondiali. È gravissimo il razzismo che stiamo dimostrando. È gravissima la mancanza di fraternità. Ma è ancor più grave l'assoluta incomprensione del fenomeno rispetto al problema della lotta per lo sviluppo nel mondo. Mi pare vera e propria cecità non capire che questa immigrazione è, da una parte, inevitabile – e perciò da risolvere, per lo meno, con razionalità – e, dall'altra, è uno dei modi più naturali per diminuire la gravità del problema.
Ecco una cosa che è certamente cambiata in questi anni. Mentre in passato dovevamo fare ogni sforzo perché tutti gli immigrati tornassero a costruire il loro Paese, contro la famosa fuga dei cervelli, oggi dobbiamo aiutarli a sistemarsi presso di noi per facilitare lo sviluppo del loro Paese. L'emigrazione è uno dei pochi sbocchi concreti a breve termine che i più coraggiosi, uomini e donne del Terzo Mondo, hanno oggi per aiutare i loro Paesi, così come hanno fatto tanti anni fa i nostri emigranti italiani. Allora milioni di italiani, insieme ad altri milioni di europei, hanno dato ossigeno alla vecchia Europa, invadendo pacificamente l'America. Oggi altri sono quelli che debbono partire e altri quelli che debbono accogliere.

E anche così che si risolverà il problema dello sviluppo del Terzo Mondo: accettando e facendo vivere in pace una società multirazziale che rispetti i valori e le sensibilità dei luoghi d'arrivo oltreché di partenza.
Sacrifici dovranno essere fatti dall'una e dall'altra parte ma ne varrà la pena perché da una gestazione non facile uscirà, se accettata, una nuova umanità, unita e in pace.
Ciò non vuol dire dimenticare i problemi delle nazioni del sud del mondo e rinunciare a risolverli sul posto: prima e meglio si riuscirà a farlo, meno sarà necessaria un'emigrazione sempre dolorosa.


Giorgio Ceragioli
da “Progetto” (ora “NP”), 1989, n. 8

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