A metà del guado

Pubblicato il 11-02-2022

di Rosita Di Peri

Con l’immolazione del venditore ambulante Mohamed Bouazizi nel dicembre del 2010 la Tunisia inaugurava una stagione di rivolte etichettate come “primavere arabe”.
A distanza di dieci anni dall’avvio delle proteste la Tunisia è praticamente l’unico Paese della regione ad avere intrapreso un percorso democratico.
Nonostante le difficoltà insite in un processo ancora in corso, il Paese sta dimostrando di credere nel cambiamento e nelle istituzioni nonostante i ripetuti tentativi di destabilizzazione (1).

In questo percorso, caratterizzato dalla presenza del partito a vocazione islamista Ennahda, guidato da Rachid Ghannouchi e legalizzato nel 2011 e dal partito secolare Nidaa Tounes, quello che spicca è, soprattutto, il lento deterioramento del quadro economico.
Proprio la crescita delle diseguaglianze sociali e la povertà erano state tra le cause scatenanti della “Rivoluzione dei gelsomini” del 2010-2011 e l’attuale situazione socio-economica, a distanza di un decennio, non sembra offrire un quadro rassicurante. Secondo dati della Banca Mondiale il tasso di disoccupazione tocca il 18% per salire al 40% tra i giovani, categoria che rappresenta circa il 30% della popolazione totale tunisina e il 43% della forza lavoro. Le difficoltà di gestione della pandemia da Covid-19 si sono intrecciate con l’instabilità politica creando situazioni di tensione visibili durante tutto il corso dell’estate (2).
In questa fase di transizione, caratterizzata anche da importanti risultati come il processo collegiale che ha portato alla nuova costituzione del 2014 e il ruolo chiave giocato da una attiva società civile che è stata insignita del Premio Nobel per la pace nel 2015, si inserisce la nomina a primo ministro di Najla Bouden Romdhane.

Si tratta della prima donna premier di un Paese arabo incaricata di formare un governo e questo ha suscitato sorpresa, specialmente nella stampa estera. La nomina avviene, tra l’altro, in un momento particolarmente delicato dopo che nel mese di luglio il presidente della Repubblica Kaïs Saïed aveva preso la decisione di destituire il primo ministro Hichem Mechichi, di sospendere il parlamento e di avocare a sé i poteri. La sospensione delle attività parlamentari, che molti hanno considerato un vero e proprio colpo di Stato, era stata giustificata da Saïed come necessaria dato il clima di intollerante corruzione e instabilità politica che si era instaurato nel Paese.
La nomina di Najla Bouden Romdhane, una docente universitaria come del resto il presidente Saïed, da un lato appare come un tentativo di portare nell’agone politico personalità estranee ai giochi di potere, dall’altro lato può anche essere letta come una manovra che tende a spostare l’attenzione dai problemi economici in cui versa il Paese, dalla sospensione di alcuni capitoli fondamentali della Costituzione da parte di Saïed e dal suo atteggiamento conservatore su alcuni temi (come, per esempio, la sua opposizione in campagna elettorale a un progetto di legge sulla uguaglianza tra uomini e donne sul tema dell’eredità).

Un regalo avvelenato, come è stato definito dalla presidentessa del partito Destourien Libre, Abir Moussi. Questo perché, in seguito all’emanazione del decreto 117 del 22 settembre sulle misure eccezionali, Najla Bouden sarà sottoposta al controllo diretto del presidente della Repubblica che presiederà il Consiglio dei Ministri e i suoi poteri saranno, pertanto, limitati (3).
Si tratta in ogni caso di un passo importante per il Paese che affida a una donna per la prima volta questa importante carica istituzionale (4). Tale nomina non deve però essere vista come eccezionale ma si inserisce in un percorso di valorizzazione dei diritti delle donne e del loro ruolo nella società che nel Paese è stato portato avanti fin dall’indipendenza (si pensi, ad esempio, che il diritto di voto alle donne è stato istituito in Tunisia nel 1959 prima che in molti Paesi occidentali).
Il nuovo governo, inoltre, presenta altre 9 ministre donne, oltre al primo ministro Bouden, un terzo dell’interno governo.

La nomina del nuovo governo dopo 11 settimane di vuoto politico avviene, tuttavia, in un clima politico teso e all’indomani di manifestazioni di piazza in cui i tunisini chiedevano la sospensione delle misure eccezionali.
Il presidente della Repubblica ha sottolineato la necessità di tali misure per difendere il Paese dalla corruzione dilagante estromettendo coloro che hanno continuato a sfruttare i beni dello Stato per i propri interessi personali.
Una giustificazione che non è stata considerata sufficiente dai suoi oppositori politici ma anche da molte associazioni della società civile e Ong tunisine.

È certamente troppo presto per capire come evolverà la situazione in questo piccolo Paese del nord Africa.
Nonostante l’impegno del presidente Saïed ad aprire un dialogo nazionale con l’intento di far uscire la Tunisia dalla crisi (in primis riavviando il dialogo con il Fondo Monetario Internazionale per l’ottenimento di un prestito da 4 miliardi dollari) il partito Ennahda, la principale forza politica in Parlamento, ha dichiarato incostituzionale la nomina di Najla Bouden Romdhane e del suo governo.

Rosita Di Peri
Università di Torino
NP novembre 2021


(1) Nel 2013 l’assassinio dei due leader progressisti della sinistra tunisina, Chokri Belaid e Mohamed Brahmi, hanno creato un clima di tensione e di paura nel Paese.
(2) Si vedano https://bit.ly/3iV5efW e P. Haski, “La pandémie frappe durement la Tunisie et révèle la faillite de l’État”, FranceInter, 16 luglio 2021 reperibile all’indirizzo https:// bit.ly/3oV6cfX (accesso effettuato il 13 ottobre 2021).
(3) Redazione, “Abir Moussi: «Je suis solidaire avec la cheffe du gouvernement Najla Bouden… »”, Kapilais, 30 settembre 2021, reperibile all’indirizzo https://bit.ly/3aA1qfu (accesso effettuato il 13 ottobre 2021).
(4) Azza Filali, “Najla Bouden, une femme cheffe du gouvernement: belle symbolique!”, Leaders, 28 settembre 2021, reperibile all’indirizzo https://bit.ly/3n71dq3 (accesso effettuato il 13 ottobre 2021).


Il territorio dell’attuale Tunisia ha una storia antichissima: qui venne fondata nel 814 a.C. Cartagine, per secoli avversaria di Roma nelle guerre puniche.
Fu ricca provincia romana e, dopo la nascita del cristianesimo, sede di molte fiorenti comunità che videro personalità come Cipriano e Tertulliano.
Tra i secoli VII-VIII, la Tunisia fu conquistata dagli arabi e islamizzata.
Nel XVI secolo, gli ottomani ne presero il controllo, delegando però il potere a dinastie e notabili locali.
Nel corso dell’Ottocento, la Tunisia divenne oggetto dei desideri imperialistici della Francia che dovette superare la concorrenza italiana che desiderava anch’essa ritagliarsi un ruolo nella corsa coloniale.
Alla fine, prevalse la Francia che rese la Tunisia una propria colonia nel 1881.
Nel 1956 divenne definitivamente indipendente e nel 1957 venne proclamata la Repubblica.
Figura cardine dei primi decenni di vita repubblicana fu Habib Bourguiba, protagonista della lotta per l’indipendenza, che detenne il potere dal 1957 al 1987 quando venne destituito dal generale Ben Ali.

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