L'altro Ramadan

Pubblicato il 27-07-2020

di Claudio Monge

Dopo la quaresima cristiana, anche il mese di digiuno del Ramadan islamico sarà caratterizzato dalle restrizioni del confinamento sociale parziale, quando non totale a tratti, per la pandemia Coronavirus. In Oriente, come in Occidente o in Asia, è indiscutibile che chiese, moschee, sinagoghe e altri luoghi religiosi siano, in quanto centri di aggregazione e di promiscuità, da evitare in tempi di contagio. Nella Russia del XVIII secolo, la peste del 1771 diventò davvero catastrofica quando iniziò a circolare una voce secondo la quale vi era un’icona in grado di proteggere da essa. L’icona fu affissa sopra la porta della città di Mosca e attirò centinaia di fedeli, che accorrevano da ogni dove per pregare e baciare la sacra immagine, che divenne, suo malgrado, straordinario agente di trasmissione dei batteri. 

Certo, la popolazione di quel tempo non sapeva come si trasmette un’epidemia. Oggi una tale ignoranza non è più possibile. Tuttavia, tra i credenti molti ancora si rifiutano di accettare comportamenti precauzionali che danno loro la sensazione di dover rinunciare a qualcosa di natura superiore e a riti collettivi che danno sostanza alle loro credenze: abbracci, purificazione, santificazione, abluzioni, bagni rituali o comunione eucaristica. La vita spirituale islamica, nel quotidiano, non è drammaticamente limitata dall’impossibilità di partecipare alla preghiera collettiva, pur riconoscendone il valore accresciuto, rispetto all’atto individuale. Alla vigilia dell’inizio del mese santo, il Diyanet (Ministero degli Affari Religiosi) turco aveva confermato la chiusura delle moschee anche per la tarawih collettiva, preghiera serale propria del Ramadan, oltre che per le normali preghiere collettive giornaliere. 

Un discorso a parte merita però il mese del Ramadan, dove si assiste non solo ad un intensificazione del momento spirituale, ma si dispiega in modo del tutto particolare l’anima comunitaria della fede islamica. Due sono le espressioni principali di questa dimensione: la particolare attenzione nell’aiuto dei più bisognosi (aumentati esponenzialmente quest’anno anche a causa del virus pandemico), con la zakat (elemosina legale), pagata da qualsiasi musulmano alla comunità dei credenti e col momento simultaneamente caritativo e festivo del ftôr o iftâr, il pasto di rottura del digiuno quotidiano, che inizia prima dell’alba e continua fino al calar de sole. Se nei grandi centri urbani come Istanbul, la dimensione pubblica e popolare dei pasti collettivi (sotto i grandi tendoni comunali), aveva già subito un ridimensionamento all’epoca dei gravi attentati dello jihadismo internazionale, quest’anno l’iftar, ha solo una dimensione famigliare e neppure nel senso patriarcale del termine: quel vero e proprio incontro tra generazioni unico e ormai scomparso in molte società occidentali. Il Diyanet ha invitato i fedeli a evitare di ospitare o partecipare a cene con amici o parenti. Sicuramente, sarà la stessa identità culturale islamica (cioè non necessariamente legata alla pratica) ad esserne in qualche modo toccata. 

Negli ultimi decenni, ad un calo costante, almeno in contesto urbano, della pratica religiosa, non aveva mai corrisposto una reale diminuzione dei partecipanti al Ramadan, come pratica del digiuno ma anche come tempo di aggregazione sociale e culturale. Quest’anno, in mancanza dei grandi pasti collettivi, non è più possibile fare la netta distinzione tra due mondi che tradizionalmente hanno sempre popolato la distribuzione pubblica gratuita dei pasti: la prima ondata composta da persone che non pregano prima del pasto, ma che partecipano all’“iftar” perché socialmente in difficoltà e una seconda ondata, composta da coloro che arrivano dopo la Salāt al-maghrib, la quarta preghiera delle cinque obbligatorie al giorno, che deve essere recitata al tramonto, segnando, di fatto, la fine del digiuno. Quest’ultimo, resta obbligatorio per tutti i musulmani abili e non impegnati come operatori sanitari, la cui salute può essere compromessa o il cui digiuno può influire sul servizio da offrire. Dovranno, tuttavia, recuperare in seguito i giorni di digiuno perso. 

Ad ogni buon conto, le autorità religiose, in una dichiarazione prima dell’inizio del Ramadan, hanno addirittura affermato, citando opinioni di esperti medici, che il digiuno aumenta l’immunità del corpo: qualcosa di essenziale contro i virus pandemici!

Claudio Monge
NP maggio 2020

 

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