Viva il vintage
Pubblicato il 26-05-2025
In una scena del film Così parlò Bellavista, il filosofo Luciano De Crescenzo fa un’importante distinzione: «Gli Stoici amano i grandi obiettivi posti al di là della vita, e per questi obiettivi loro sono disposti a morire... Noi no, noi siamo Epicurei. Noi ci accontentiamo di poco purché questo poco ci venga dato al più presto possibile».
Eh già, a volte basta un semplice click per riempire il nostro carrello virtuale di articoli più o meno superflui, con la garanzia peraltro di una consegna immediata, sia mai che il nostro desiderio debba attendere più di un battito di ciglia. Epicuro però metteva anche in guardia dal desiderare ciò che non si ha, finendo col rovinare ciò che già si possiede. E dire che ai suoi tempi non esisteva ancora la moderna società dei consumi, che secondo il filosofo polacco Zygmunt Bauman ha trasformato tutto in merce: «Consumiamo ogni giorno senza pensare, senza accorgerci che il consumo sta consumando noi e la sostanza del nostro desiderio. È una guerra silenziosa e la stiamo perdendo». Basti pensare al fenomeno del Fast fashion, che negli ultimi anni ha trasformato i vestiti in articoli usa e getta, progettati per durare appena una stagione, confezionati da veri e propri schiavi, spesso bambini, costretti a lavorare per una miseria in condizioni precarie. Abiti venduti a prezzi stracciati, che dopo un brevissimo utilizzo si accumulano negli inceneritori o nelle discariche dei Paesi più poveri, con pessime ricadute ambientali.
Come invertire la rotta? La risposta come sempre la possiamo trovare negli scritti dei grandi pensatori: Goethe ci ricorda che «molto desidera l’uomo, eppur sol di poco ha bisogno», Pirandello arriva dritto al sodo: «Riponi in uno stipetto un desiderio: aprilo: vi troverai un disinganno». Sono nati in questi ultimi anni movimenti come Slow Fashion, volti a sensibilizzare i produttori e ad educare i consumatori a comportamenti più etici e sostenibili.
Ecco allora che anche un vecchio cappotto può diventare un oggetto importante, di cui avere cura, un po’ come la vecchia zimarra che il filosofo Colline, nel quarto quadro della Boheme di Puccini, decide di impegnare al Monte di Pietà, al fine di ricavare qualche soldo che possa alleviare le sofferenze di Mimì ormai morente. Una breve aria per basso «Vecchia zimarra, senti», nella quale il giovane bohémien si commuove nel dire addio al suo cappotto, fedele compagno di tanti inverni, che non ha mai piegato il logoro dorso dinanzi ai ricchi ed ai potenti e nelle cui capienti tasche sono transitati filosofi e poeti, le passioni di una vita. Un Allegretto moderato e triste, in Do diesis minore, che Puccini prescrive di interpretare “con commozione crescente”. La voce è accompagnata da archi e arpa pizzicati, con note staccate di fagotti e clarinetto, mentre un flauto nel registro grave doppia la melodia. Non è un intermezzo fine a se stesso: con la vecchia zimarra se ne va anche un pezzo della giovinezza spensierata di Colline. Questa commovente romanza ci ricorda anche, oggi più che mai, che il valore di un oggetto deriva dalla pienezza di vita di chi lo utilizza e non dal possesso fine a se stesso. Ci sono cose che costano e altre che valgono…
Mauro Tabasso
con Valentina Giaresti
NP febbraio 2025