L'apparente debolezza
Pubblicato il 13-03-2025
Immaginate di essere un politico dei giorni nostri che deve tenere un comizio elettorale; sicuramente al vostro fianco trovereste un esperto di comunicazione che vi suggerirebbe quali abiti indossare, quale postura tenere, quali gesti evitare, quanto sorridere per catturare la simpatia dei presenti. Perché si sa che il linguaggio non verbale pesa per oltre il 50% nel messaggio trasmesso.
E se il vostro discorso fosse da pronunciare in radio? Beh, in questo caso dovreste fare affidamento sulla vostra capacità di parlare con disinvoltura, rispettando i tempi e catturando l’attenzione degli ascoltatori solo attraverso la voce. Difficile vero? Immaginate ora che il contenuto del discorso non siano le vaghe e accattivanti promesse di una qualsiasi campagna elettorale, ma un annuncio drammatico come l’entrata in guerra di una nazione e che a pronunciarlo non sia un navigato conduttore radiofonico bensì un re balbuziente.
È la storia del duca di York, secondogenito di re Giorgio V, afflitto sin dall’infanzia da una grave forma di balbuzie. La sua vicenda è raccontata nel film Il discorso del re, del 2010, diretto da Tom Hooper e vincitore di 4 premi Oscar. Il protagonista, interpretato da uno straordinario Colin Firth, è affiancato da un logopedista australiano assai poco ortodosso, che con le sue tecniche strampalate lo aiuterà a guarire dalla balbuzie e ad affrontare, salito al trono col nome di Giorgio VI, il discorso più difficile della sua vita. Mentre il mondo precipita nell’abisso della Seconda guerra mondiale, Giorgio VI si ritrova solo dietro a un enorme microfono, a incitare gli inglesi a resistere alla follia nazista.
Per accompagnare il discorso radiofonico del re, Tom Hooper sceglie uno dei brani più commoventi e più intensi mai scritti da Beethoven, il secondo movimento della Settima sinfonia, considerata dallo stesso Beethoven una delle sue opere migliori. Questo Allegretto si apre con un accordo di la minore, che ci fa capire che il discorso del re sarà drammatico.
Il tema sommesso, presentato inizialmente dalle viole, cerca coraggiosamente di sollevarsi sempre più in alto, passando ai violini e poi ai legni, con una forza emotiva straordinaria. La pulsazione ritmica è costante e inarrestabile come il corso drammatico della storia, la melodia esprime tutta la malinconia di chi si trova di fronte all’inevitabile. «Siamo stati costretti a un conflitto perché ci viene richiesto di affrontare la sfida di un principio che, se dovesse prevalere, sarebbe fatale per ogni ordine civile nel mondo. Se tutti noi rimarremo risolutamente fedeli a questo allora, con l’aiuto del Signore, riusciremo a prevalere».
La prima esecuzione della Settima Sinfonia, avvenuta a Vienna l’8 dicembre 1813, fu un trionfo, al punto che proprio il celeberrimo Allegretto, con la sua melodia ricca di pathos, dovette essere ripetuto.
Gli anni Trenta del Novecento furono l’età d’oro della radio, gli anni in cui le folle erano incendiate dall’oratoria abile di Hitler. Ciononostante, Giorgio VI seppe conquistare gli inglesi con la sua umanità, trasmettendo tutta la forza che si celava sotto l’apparente debolezza, la stessa che ci comunicano le note di Beethoven.
Mauro Tabasso con Valentina Giaresti
NP dicembre 2024