Il prezzo della musica

Pubblicato il 24-10-2020

di Mauro Tabasso

Controllo qualità! È la mia autodifesa quando in casa mi accusano di stappare qualche bottiglia per assaggiarne il contenuto (non parlo di aranciata…). La qualità è importante. Oggi il suo controllo è una prerogativa irrinunciabile nella produzione di qualsiasi bene. Così nel mio piccolo contribuisco con impegno e spirito di servizio ad un monitoraggio severo e obiettivo della nostra produzione vitivinicola. Dovrebbero essermi grati.

Ma la qualità è una cosa che andrebbe costruita, più che controllata. È ciò che vorremmo trovare in noi e intorno a noi, nella nostra vita, nel nostro sonno, nei rapporti interpersonali, nelle cose di uso quotidiano (vestiti, auto, dentifricio…), nelle persone che frequentiamo. Spesso fatichiamo a scorgere in noi le qualità (troviamo più facile elencare i difetti), e questo ci rende indisposti a trovarle negli altri, tuttavia siamo in generale abbastanza convinti di sapere come distinguerle, come riconoscere una persona buona da una cattiva, o un prodotto buono da uno scadente. Tralasciando il giudizio sulle persone (e su noi stessi), e fermandoci a disquisire sui beni materiali, siamo in generale abbastanza convinti che la qualità di una cosa sia legata al suo prezzo.

Spesso scegliamo di acquistare un prodotto sulla base del suo rapporto qualità/prezzo, non essendo disposti a spendere più di quello che secondo noi possiamo permetterci o ci pare giusto. A me piace l’olio extravergine taggiasco ma un taggiasco decente supera i 10 euro al litro (sfuso), e consumandone molto non sempre ho la possibilità o la volontà di spenderli. Spesso mi accontento di un olio di fascia un po’ più economica, ma si tratta di un compromesso, non di una scelta fatta solo su basi organolettiche o su ciò che detterebbe il mio gusto. E (proprio come voi) il ragionamento che faccio per l’olio lo faccio per tutti i prodotti di uso quotidiano della mia famiglia, poiché da sempre (invece di fare il musicista) mi occupo della spesa e dell’economia domestica; chiedetemi quanto costa un litro di ammorbidente e vi stupirò. Gli acquisti che facciamo rappresentano spesso un compromesso tra la nostra aspirazione e ciò che possiamo, vogliamo o decidiamo di permetterci, ragionando secondo il nostro metro e le nostre priorità. Tranne che nella musica.

Se parliamo di musica, un bene di larghissimo consumo, diventa difficile attribuire una reale qualità (ed anche un valore) alle cose che consumiamo. Inoltre non ci sono fasce di prezzo a diversificare il prodotto, come per l’olio, il vino, l’abbigliamento. Il prezzo della musica (parlo di quella riproducibile) è sempre lo stesso, sia che acquistiamo un file di Sting, dei Berliner Philarmoniker o uno di Rocco Hunt. C’è una sola fascia di prezzo, non esistono criteri  che ci ispirano a distinguere ciò che è di qualità da ciò che non lo è, ciò che è realizzato per esempio con l’impiego di musicisti veri piuttosto che virtuali, ciò che ha richiesto una certa cura da ciò che è stato realizzato all’ingrosso, un tanto al chilo. Nella musica la filiera produttiva non ha alcun peso sul prezzo del prodotto finito. Tendiamo a giudicare di qualità ciò che ci piace e scadente ciò che non ci piace. Badate che il mio ragionamento non vuole essere né polemico né sentenzioso. Mi chiedo solo perché trattiamo l’olio in un modo e la musica in un altro.

Pensateci, se volete, e datevi una risposta, ma provate a guardare alla musica da questa prospettiva. Penso, anzi ne sono certo, che (a prescindere dal prezzo) il nostro giudizio passi sempre dal nostro grado di informazione, cultura, istruzione. Il sapere, la comprensione, la consapevolezza, il nostro grado di coscienza rendono il nostro giudizio più libero, meno influenzabile, meno manipolabile. Il controllo della qualità sulla mia vita (e sulla mia cantina!) lo posso (e lo voglio) fare solo io.

Mauro Tabasso
NP agosto / settembre 2020

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