Fin che la banca va

Pubblicato il 28-01-2023

di Mauro Tabasso

Una vecchia canzone di Orietta Berti diventata un classico recitava così: «Fin che la barca va, lasciala andare, fin che la barca va, tu non remare…». Oggi la potremmo parafrasare più o meno così: «Fin che la banca va, lasciala andare…».

Si perché le filiali chiudono dalla sera alla mattina, senza preavviso, e se non sei in grado di fare le tue operazioni online sei spacciato. Non parliamo poi di contattare il direttore della filiale, che prima era sotto casa, ora se va bene sta dall’altra parte della città, ed è protetto dalla cortina impenetrabile di un occulto call center nel quale devi digitare 17 opzioni e perdere 20 minuti del tuo tempo prima di avere speranza di par parlare con un umano. Ma non il direttore! Parlerai con Hubert che risponde dalla Bulgaria dicendo che per il tuo problema dovrai chiamare il martedì dalle 06.00 alle 06.30 nelle settimane in cui il lunedì cade dispari, poi ti ripasserà il call-center, riascolterai la malefica tiritera solo per scegliere un’altra opzione.

Ascolta Call, Hubert o come ti chiami, io un’opzione per te ce l’ho, ma non posso illustrarla su questo giornale; usa l'immaginazione. Sono sempre stato affascinato dalla tecnologia, fin da giovane. Nella mia vita precedente (facevo tutt’altro lavoro), sono stato uno dei primi a possedere un telefono cellulare. Era grande come una scatola da scarpe e sul coperchio c’era la cornetta di una cabina telefonica con tanto di filo a coda di maialino, sembrava una radio militare da campo. Oggi tutta la tecnologia che abbiamo sta trasformando me (e anche voi) in persone diverse da quelle che pensavamo di diventare. Cerco non di non scordarlo mai, e ogni volta che qualcuno (indesideratamente) mi chiama in causa, mi domando se sia il caso di comportarsi da call center e dirgli di richiamarmi il 30 febbraio oppure staccargli un biglietto per andare a quel paese. Ma da buon, bravo (e sempre modesto!) musicista cerco di non dimenticare quanto è importante ascoltare e dar retta alle persone che mi contattano quando sentono la necessità di parlare con me.

Cerco di immaginare, dietro ogni messaggio, dietro ogni mail, dietro ogni chiamata o incontro, una persona che in quel momento ha davvero bisogno/piacere di parlarmi, perché pensa che possa risolvere un suo problema. Se dimentico questo divento come il direttore della banca, prospettiva che a dir poco mi rivolta. È giusto difendersi dalle seccature (le tante e varie offerte di un nuovo contratto luce e gas, di una nuova linea telefonica, di un biglietto per due per il Paese dei Balocchi) ma se voglio rimanere una persona devo avere riguardo per gli altri, lo stesso riguardo che vorrei fosse riservato a me quando chiamo la banca.
Se dimentico questo divento rabbia che cammina, indifferenza che va a spasso, apatia che va in palestra, egoismo che fa jogging, accidia che fa la spesa.

Se siamo belli dentro lo stabilirà l’autopsia, ma se siamo in pace con la vita lo vedono tutti. Mai cadere nella tentazione di diventare i call-center di se stessi. Abbiamo bisogno di parlare, di farci ascoltare, accogliere, capire, infine amare da altre persone, non da macchine, che per quanto sveglie siano non potranno mai amarci, ma solo farci rimpiangere il vecchio ragioniere occhialuto e canuto che con una telefonata ti dava il tuo estratto conto.
 

Mauro Tabasso
NP novembre 2022

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