A colloquio con Dom Claudio Hummes/1

Pubblicato il 15-02-2012

di Redazione Sermig

L’arcivescovo di San Paolo in Brasile, durante la sua recente visita all’Arsenale della Pace di Torino, ha risposto ad alcune domande sulla Chiesa dell’America Latina e sulle sfide che si trova ad affrontare in questo inizio di millennio.

a cura della redazione
 

Il prossimo anno al santuario dell’Aparecida, in Brasile, si terrà dal 13 maggio la V Conferenza Episcopale Generale Latino-Americana. Come si inserisce questo appuntamento nel percorso dalla Conferenza di Medellin fino ad oggi? Quali saranno i temi?

Innanzitutto bisogna sapere che le Conferenze Generali dell’Episcopato latino-americano sono indette dal Papa, su richiesta di un gruppo di Conferenze Episcopali; è lui che convoca i vescovi, dà il tema dell’assemblea, fa lo statuto, sceglie il presidente, indica quanti sono i delegati di ogni Paese.
La prima di queste Conferenze è stata convocata a Rio de Janeiro, nel 1955.

 Nel 1968, dopo il Concilio Vaticano II, è stata celebrata la seconda a Medellin (Colombia), un momento importante per la voglia di inserire di nuovo la Chiesa più profondamente nella società moderna. Questo era stato proprio uno degli obiettivi del Concilio. I vescovi latino-americani si riunirono per riflettere sullo stato di salute dell’America Latina e su come la Chiesa deve essere presente nella vita della gente. Scoprirono più profondamente la grande ingiustizia istituzionalizzata che c’era nelle società latino-americane, le povertà e le miserie che questa ingiustizia portava. Questo è stato il tema più dibattuto.

Sono venuti a galla tutti i limiti pastorali di una Chiesa che entra nel mondo della povertà e si impegna a fondo per la giustizia sociale, il diritto, la promozione dei poveri. Era un periodo in cui tutti i Paesi erano sotto un regime militare, vivevano una forte repressione politica e sociale; repressione che colpiva operai, lavoratori ma anche tutti gli altri; c’era soprattutto una repressione ideologica contro la sinistra, contro la tentazione del marxismo. Anche l’America Latina, così povera, così diseguale, con tante ingiustizie, era tentata – come altre parti del mondo - dal marxismo. Questi sono stati temi forti della Conferenza di Medellin. Qui è cominciato un nuovo periodo per la Chiesa dell’America Latina, Chiesa che da quel momento è stata identificata come “progressista”. e hanno preso piede, a poco a poco, anche le “comunità di base”.

Dieci anni dopo, nel mese di marzo del 1979, a Puebla (Messico) è stata celebrata la III Conferenza Generale dell’Episcopato latino-americano. Da qui è partita quella che chiamiamo “l’opzione preferenziale per i poveri”. È stato il tema centrale. Insieme con questo è nata l’idea di “comunione e partecipazione”. La vita della Chiesa è vista come una grande comunione, ma questo suppone la partecipazione di tutti quanti, anche dei laici, per avere nella Chiesa una grande forza missionaria evangelizzatrice. Questa Conferenza è stata fatta dopo la pubblicazione dell’enciclica Evangelii Nuntiandi. Per questo il tema dell’evangelizzazione era centrale in questa conferenza.

Tredici anni dopo, nel 1992, quinto centenario dalla Scoperta dell’America, è stata celebrata a Santo Domingo la IV Conferenza Generale. Perché Santo Domingo? Perché lì Colombo era arrivato con le sue navi e la sua ideologia. In questa Conferenza abbiamo ripreso il cammino della Chiesa in America Latina con una esperienza più grande, consapevoli dei conflitti che la Chiesa, impegnata nel sociale, aveva provocato in quelli che avevano una concezione più conservatrice. I progressisti, i conservatori, i sociali, gli spirituali, avevano già avuto modo di trovarsi per fare molte sintesi nuove e nello stesso periodo anche movimenti più spirituali erano comparsi con maggior forza nella Chiesa latino-americana. Si erano sviluppate le comunità ecclesiali di base, la teologia della liberazione aveva già fatto il suo cammino e la sua critica. Fu una Conferenza equilibrata, rispetto alle tensioni all’interno della Chiesa, ed rappresentò l’oggettivo intento di rinnovare la Chiesa in America Latina, dopo il Concilio Vaticano II.

La Conferenza sottolineò con forza la mancanza di cultura della fede, ma anche la questione degli indigeni e riprese tutte le proposte fatte durante il cammino da dopo il Concilio in poi.

Fra poco, nel 2007, saranno passati 15 anni dalla Conferenza di Santo Domingo. Il Papa Giovanni Paolo II, aveva già accettato di convocare una nuova Conferenza al santuario dell’Aparecida ed era anche concorde con il tema suggerito dai vescovi: “Discepoli e missionari di Gesù Cristo, affinché i nostri popoli abbiano vita”. Il nuovo Papa Benedetto XVI ha a sua volta confermato di voler convocare la conferenza con lo stesso tema, aggiungendo però, “…affinché i nostri popoli, in Lui, abbiano vita”.

Perché questo tema per l’attuale conferenza, che il Papa ha promesso di venire ad inaugurare?

I vescovi latino-americani hanno proposto questo tema, perché sono convinti che l’America-Latina ha un bisogno urgente di missione. Oggi, tutta la Chiesa ha bisogno di missionari, ma l’America-Latina in modo speciale, perché un grandissimo numero di cattolici si sono allontanati, non partecipano più alla vita della Chiesa e della comunità. Ancora più grave è il fatto che molti di loro sono passati a far parte di sette, soprattutto delle chiese pentecostali-protestanti che si sono sviluppate moltissimo in Brasile (qualcuna è stata proprio fondata in Brasile).
Ci sono grandi Chiese, con tanta gente. Abbiamo calcolato che, negli ultimi 20-25 anni, abbiamo perso l’1% dei cattolici perché sono passati a queste sette. Ed è un processo che continua. L’1% è molto. In Brasile, attualmente, solo il 67% dei brasiliani si dichiara cattolico, quando 25 anni fa erano il 90%. Sono numeri ufficiali raccolti da agenzie statistiche del Brasile. È un fenomeno grave.

Ho parlato di questo problema anche nell’aula plenaria del Sinodo sull’eucaristia, quando il Papa era presente e anche lui poi ha confermato che queste sono notizie molto preoccupanti. Io, parlando della necessità della missione, ho proposto di fare delle visite domiciliari, di organizzare le parrocchie in modo da riuscire a visitare le famiglie in una missione permanente. Il Papa mi ha confermato tre volte che questa cosa è veramente importante. Le visite missionarie domiciliari sono fondamentali per la missione, in America Latina. Abbiamo visto che quelli che se ne vanno dalle Chiese sono soprattutto i più poveri, perché è mancata l’evangelizzazione per loro, è mancata la nostra presenza con loro. Avrebbero bisogno di sentire il calore della Chiesa, ma la Chiesa non è con loro nelle difficoltà, nelle sofferenze. C’è stato lo sforzo di fare questo tipo di intervento, ma non abbastanza.

Le sette, invece, vanno di casa in casa, stanno con la gente, la invitano nelle chiese, promettono la guarigione, la prosperità e molte altro… Questa è gente semplice, sofferente e va alla ricerca di qualche soluzione alle sofferenze della propria vita. Da questi due aspetti si vede che manca un’evangelizzazione, una missione più ampia, più profonda. Una missione fisicamente più vicina alle persone: manca lo stare con loro. Si pone, così, la questione della povertà, su cui dobbiamo senz’altro continuare a lavorare, per limitare la miseria e la fame in America Latina. Come formare dei missionari, delle missionarie per questa grande missione? Ci siamo resi conti che è necessario essere discepoli di Gesù Cristo, soltanto il discepolo può essere un buon missionario.

Il processo, allora, sarà quello di cominciare veramente a condurre la gente ad un incontro con Gesù Cristo, affinché comincino ad aderire a Lui personalmente e ricomincino ad esserne discepoli. Come discepoli, poi, si sentiranno chiamati e spinti ad essere missionari. Per questo il tema è “Discepoli missionari di Gesù Cristo affinché i nostri popoli abbiano vita in Lui”. È quello che il Papa intendeva dire: è necessario non rimanere soltanto a livello sociale, non agire solo attraverso ideologie sociali, per cercare la promozione dei poveri, ma occorre che Gesù Cristo sia sempre al centro dei nostri propositi di promozione dei popoli. Il grande tema, l’impegno del momento è che la Conferenza porti la Chiesa dell’America Latina ad una grande missione continentale, che duri almeno 10-12 anni.
(PARTE PRIMA)

A cura della redazione

Info sulla Conferenza di Aparecida:
www.celam.org

Su Dom Claudio Hummes:
Concludere per ricominciare...
A colloquio con Dom Claudio Hummes/2

Vedi anche l’intervista a Dom Luciano Mendes de Almeida:
Linee di un pontificato

 

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