Una cartolina da Bratislava

Pubblicato il 08-04-2022

di Luca Periotto

Questa allegra scena raffigura un terrazzino che si affaccia sul Danubio a Bratislava, dove c'è un gruppo di giovani atlete ginnaste dell'Ucraina che si erano appena fatte un selfie per poi condividerlo subito con amici e famigliari. L'atto in sé è una scena comune, un rito obbligato per qualsiasi turista contemporaneo. Attesi qualche istante, riflettendo sul loro potenziale risultato forografico: cioè, come sarebbe apparso al destinatario? Ci sarebbe stato spazio per un frammento di Bratislava? Immaginai che i loro volti e le loro smorfie avessero coperto, compromettendone la visione, la maggior parte del soggetto reale, il vero punto di interesse, cioè il fiume o la luce.

Quindi è così che le nuove cartoline digitali telegramnate e whatsappate stanno ora dipingendo un nuovo Atlas dove i soggetti che dovrebbero rappresentare i landscape, i panorami, sono stati derubricati a far tappezzeria da sfondo, lasciando in evidenza del primo piano soltanto la banalità di smorfie ripetute all'infinito delle nostre facce senza spontaneità.
Durante un ciclo epocale durato circa settant'anni l'oggetto “cartolina” ha saputo condensare sensi, funzioni e significati a multistrato, un oggetto reale e materico collezionabile tra le nostre cose da conservare in un cassetto stagno per la sua unicità e capacità evocativa.

Ormai nell'uso comune soppiantato dai social network, pochi riflettono sul fatto che grazie a tale strumento di comunicazione si è dato origine a un vero e proprio atlante collettivo di tutti i luoghi del pianeta Terra, un planisfero cartaceo fatto di tutte le finestre 10x15 cm del mondo. Se la “cartolina” rappresentava il pudore dei sentimenti, le cartoline virtuali attraverso la condivisione li banalizzano.
Quelle poche rimaste sono quasi sempre ignorate, per la pigrizia di investire qualche minuto a scrivere, visto che è più comodo digitare. Certo, un'altra cosa che scrivere.


© Luca Periotto 2022
NP gennaio 2022

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