Senza vaccini

Pubblicato il 28-07-2021

di Paolo Lambruschi

Sbaglia chi vede l'Africa libera dal Covid. Perché i sistemi di rilevazione sono insufficienti e perché ci sono pochi laboratori in grado di effettuare i tamponi e in alcune aree metropolitane. Secondo il centro di ricerche e indagini nigeriano ICIR la pandemia ha invece causato una grande devastazione nel continente, con più di 3 milioni e mezzo di casi confermati e quasi 87.000 morti.

Inoltre ha impattato in maniera forte sulla economia continentale, su settori quali l'istruzione, la salute. Ci sono stati più casi registrati nei primi tre mesi dell'anno che nei precedenti nove del 2020 grazie alla variante sudafricana.
Eppure sulla mappa dell’Africa spiccano le percentuali molto basse di popolazione vaccinata e in molti casi i dati sono assenti. Acquistare i vaccini è impossibile per i Paesi poveri. I ricchi si sono presi la precedenza e le aziende farmaceutiche non mollano i brevetti per accelerare la produzione nei Paesi poveri consentendo un accesso universale. La speranza è che l'alleanza pubblico-privato che vede coinvolti Ups Foundation e Ups Healthcare con Covax (il programma internazionale per l'accesso equo ai vaccini anti Covid), Gavi (composta da soggetti pubblici e privati per migliorare l'accesso all'immunizzazione in Paesi poveri), Care (organizzazione umanitaria Usa), alcuni Paesi africani e l' Europa acceleri l'invio delle dosi.

Ma si prevedono tempi molto più lunghi rispetto al nord del pianeta.
Gli africani sono 1,3 miliardi e stando alle previsioni dovrebbero arrivare due miliardi di dosi per la fine dell'anno mentre l'Unione africana ha assicurato 670 milioni di vaccini da distribuire tra il 2021-2022. Almeno un anno in più di attesa per l'immunizzazione dell'Africa rispetto all'Europa, pure in grande difficoltà. Chi classifica il mondo in base alle gerarchie del pil lo trova inevitabile.

Prima ripartono i Paesi che producono e accumulano ricchezza, poi gli altri. Non è invece accettabile. Primo, perché i ritardi nella vaccinazione fanno accrescere la possibilità di mutazioni, quindi diventano un problema anche per i Paesi ricchi perché diminuisce la possibilità di controllare la diffusione del virus. Secondo, un anno di lockdown ci ha fatto scordare le connessioni della produzione ad esempio agricola e industriale tra Ue e Africa. E, terzo, avere una parte del mondo immobile mentre l'altra è già ripartita non è un buon viatico né per chi guarda al business e nemmeno ovviamente per chi auspica una migliore redistribuzione delle ricchezze.
Ultimo punto, una quota rilevante di umanità non vaccinata vicino a una fetta vaccinata e ricca rischia di rimettere in moto con tragica rapidità i flussi migratori bloccati dal Covid. Che in Africa ha congelato i commerci del lavoro informale quotidiano che assicura la sussistenza a milioni di persone e gli scambi alle frontiere. Quello che dice il Papa – se non ne usciremo tutti insieme non ne usciremo – riassume la complessità della situazione con la semplicità del bene.

Ma c'è una novità, la politica italiana ed europea sembrano per la prima volta dopo anni dargli ragione e almeno sull'Africa sembrano avere compreso finalmente quanto anche il mondo della cooperazione allo sviluppo e della solidarietà internazionale andava ripetendo da anni. E cioè che l'Italia e gli italiani, per usare le parole dell'ex viceministra degli Esteri Emanuela Del Re, sono un ponte tra i due continenti. La novità in questo 2021 pare essere la consapevolezza nella nostra politica rispetto al passato della centralità dell'Africa, dalla Libia al Sahel fino al Corno d'Africa. L’Unione Europea, da tempo ha puntato la bussola a Sud. Le stesse strategie di contrasto alla pandemia contemplano maggiori azioni volte ad aiutare i Paesi africani. Mettiamole in atto subito, diamo una mano all'Africa a rialzarsi insieme a noi.


Paolo lambruschi
NP aprile 2021

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