Povertà totale

Pubblicato il 25-12-2020

di Paolo Lambruschi

Brutte notizie dall'Africa.
Non riguardano la pandemia perché la situazione per condizioni di maggiore isolamento e per mancanza di strumenti di accertamento e tracciamento fortunatamente tiene. Ma i problemi africani sono peggiori, profondi e in prospettiva verranno acuiti dalle conseguenze del Covid. Ad esempio una delle questioni chiave riguarda la povertà dei bambini ed è addirittura precedente all'era del Covid. Un bambino su sei, dicevano al 20 di ottobre Unicef e Banca mondiale, quindi 356 milioni in tutto il globo, viveva in condizioni di povertà estrema prima della pandemia. Due terzi di questi 356 milioni, 237 milioni, vive nell'Africa subsahariana in comunità che lottano per arrivare a mettere insieme 1,9 dollari al giorno, la soglia della povertà estrema.

È l'Africa meno filmata e turistica, quella delle baraccopoli e delle aree rurali spesso trascurate dai governi, dove il panorama è costellato di misere bottegucce che dopo il tramonto si trasformano in case, di bambini senza scuole che non possono permettersi l'acqua né il cibo e dove la sanità, da un medico ai farmaci, è un miraggio. Un aspetto sottolinea la necessità di intervenire con politiche particolarmente attente ai bambini, la percentuale dei poveri assoluti nell'infanzia è doppia rispetto a quella degli adulti, il 17,5% contro il 7,9 degli adulti. Politiche che dovrebbero essere messe in campo dagli Stati africani che, però, finora non hanno dimostrato di avere la struttura o la volontà per affrontare il problema.

La povertà infantile infatti prevale, dicono i due enti, in Paesi vulnerabili e dilaniati da conflitti dove i minori in povertà assoluta sono il 40% contro una media del 15 degli altri Paesi. Il rapporto diretto tra conflitti e povertà dei bambini, quella che mina la crescita di una generazione e il futuro di diverse nazioni, è immediato ed evidente.
In concreto, i principali conflitti del continente oggi riguardano i 5 Stati del Sahel, la Nigeria, la repubblica Centrafricana, il Sud Sudan, il Mozambico, la Somalia. Nigeria a parte, sono anche Paesi con i peggiori indici di sviluppo.
Mentre il Sudan sta provando a superare una faticosa transizione con il governo di coalizione dei militari con la società civile che ha rovesciato la tirannia fondamentalista Al Bashir, sul Corno d'Africa che conserva le migliori potenzialità di sviluppo del continente pesano due grandi incognite.

La prima è di natura politica e dipende dal futuro dell'Etiopia, lacerata da conflitti etnici e alle prese con una campagna elettorale lunghissima. Il premier etiope Abiy Ahmed, un anno dopo il Nobel per la pace che aveva acceso grandi speranze, sembra essere stato messo in crisi dal virus. I conflitti interni tra le etnie e in particolare quello del premier con il Tigray si stanno incancrenendo, il Nobel non sembra essere in grado di risolverli con armi diverse dalla violenza. Così non si esce più dalla spirale della povertà che parte dai bambini. All'esterno non cala la tensione con Egitto e Sudan per la quantità d'acqua da immettere nella grande diga sul Nilo. All'Etiopia serve che parta entro il prossimo quadriennio per diventare indipendente sul fronte energetico e, generando sviluppo, risolva in parte i conflitti.

Ma Sudan ed Egitto hanno bisogno di acqua per irrigare i campi. Se la soluzione non arriverà in fretta, si rischia una guerra per l'acqua. In più il Corno d'Africa è minacciato dall'incognita locuste e dai mutamenti climatici con inondazioni che mettono a rischio i raccolti di cereali.

Come si arresta la spirale della povertà a partire da quei 237 milioni di bambini che genera un futuro di morte, sofferenze, migrazioni forzate e sfruttamento?
Con una grande alleanza tra Africa ed Europa perché, parafrasando papa Francesco, nessuna delle due si salverà da sola.

Paolo Lambruschi
NP novembre 2020

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