Orizzonti comuni

Pubblicato il 02-01-2022

di Renato Bonomo

Di quale progetto di società disponiamo adesso in grado di mobilitare le energie collettive, di tracciare l'orizzonte di un avvenire comune? Scrive l'economista Gaël Giraud.

Negli ultimi anni, i grandi temi che stanno interessando maggiormente l'opinione pubblica non solo italiana riguardano questioni relative ai diritti individuali: le unioni omosessuali, il referendum sull'eutanasia, la legalizzazione delle droghe leggere, la protesta dei no-vax che reclamano a gran voce il rispetto della libertà individuale contro ogni forma di (vera o presunta) dittatura sanitaria. Solo la grande mobilitazione per l'ambiente sembra andare in una direzione marcatamente collettiva. Non è nostra intenzione entrare nel merito di ogni singola discussione sul tema dei diritti individuali ma piuttosto proporre una riflessione a monte.

In Occidente, l'affermazione di tali diritti è una tendenza storica ormai di lungo periodo: possiamo trovare le sue radici in piena età moderna durante le guerre di religione. Passiamo poi attraverso le grandi conquiste sindacali del mondo operaio tra Ottocento e Novecento per arrivare fino ai giorni nostri. Nel nostro Paese, tale affermazione ha avuto un'accelerazione importante tra la fine degli anni Sessanta e Settanta quando gli effetti dell'industrializzazione e della modernizzazione introdussero enormi trasformazioni nella società italiana a cominciare dalla famiglia, mediante l'introduzione del divorzio e la legalizzazione dell'aborto.

Se l'affermazione e la dilatazione dei diritti individuali è stata esponenziale non tanto si può dire della parallela affermazione dei doveri. Diritti e doveri sono due facce della medesima medaglia. In realtà, rispetto ai diritti, i doveri appaiono come dei fratelli gemelli, poveri e trascurati. Eppure, per la tenuta stessa della società, non è pensabile una affermazione dei diritti senza una parallela esplicitazione dei doveri.

Lo scrive bene la nostra Costituzione all'articolo 2: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». Proprio il riferimento alla Costituzione ci permette di fare un passo in avanti. Prendiamo il dibattito pubblico relativo all'estensione del Green pass di queste ultime settimane: spesso vengono citati delle parti di articoli della Costituzione per trovare sostegno alle proprie tesi. Vediamo il famoso articolo 32 in cui si cita che: «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario». Troppo spesso si omette però di citare la prima parte dell'articolo: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti».

Quello a cui assistiamo è un uso parziale della Costituzione, che intenzionalmente trascura un'interpretazione globale del testo e tradisce lo spirito dei padri costituenti. È bene ricordare che la nostra carta fondamentale non solo trova fondamento nel pensiero liberale che valorizza l'individuo e le sue prerogative, ma è stata ispirata dal pensiero cattolico e social comunista che hanno volutamente sottolineare la dimensione comunitaria e sociale, pur con punti di vista diversi. Tutti i primi 12 articoli, che esprimono i principi fondamentali, legano il tema della libertà individuale a quello della responsabilità sociale delle nostre azioni. Ogni nostra azione, sia buona che cattiva, produce delle conseguenze sociali e noi abbiamo il dovere di valutare le ricadute del nostro agire sugli altri.

Nei primi giorni di settembre, il presidente Mattarella ha espresso con chiarezza questo punto a proposito dei vaccini: «Non si invochi la libertà per sottrarsi dalla vaccinazione, perché quella invocazione equivale alla richiesta di licenza di mettere a rischio la salute altrui e in qualche caso di mettere in pericolo la vita altrui. Chi pretende di non vaccinarsi, con l'eccezione di chi non può farlo per salute, e di svolgere una vita normale frequentando luoghi di lavoro o svago, costringe tutti gli altri a limitare la propria libertà, a rinunciare alla propria possibilità di recuperare in pieno luoghi e modi e tempi di vita».

A pochi giorni di distanza, papa Francesco ha espresso il suo punto di vista: «Vaccinarsi, con vaccini autorizzati dalle autorità competenti, è un atto di amore. E contribuire a far sì che la maggior parte della gente si vaccini è un atto di amore. Amore per se stessi, amore per familiari e amici, amore per tutti i popoli. L'amore è anche sociale e politico, c'è amore sociale e amore politico, è universale, sempre traboccante di piccoli gesti di carità personale capaci di trasformare e migliorare le società».

Nello spirito della nostra Costituzione, gli altri, anche se non li conosciamo, anche se sono stranieri, non sono comunque estranei. Sono tanti me stesso che, proprio come me, hanno bisogno di essere presi in considerazione e ascoltati. Oggi la nuova frontiera del dovere è probabilmente il tema del prendersi cura. La pandemia e le recenti crisi economiche ci invitano a ripensare la politica, l'economia e la stessa società mettendo al primo posto l'altro, perché la mia felicità passa sempre da quella altrui.


Renato Bonomo
NP Focus
ottobre 2021

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