Non siamo migliori

Pubblicato il 03-04-2022

di Rosanna Tabasso

Il nome, Fraternità della Speranza, richiama in ognuno di noi l'appartenenza definitiva ad un progetto comune: essere segno di speranza per il nostro tempo, dare testimonianza del nostro essere cristiani, vivere il Vangelo fraternamente. Ma far parte di una fraternità non è uno status che si acquisisce una volta per sempre. È un impegno, è una scelta che si rinnova ogni giorno perché il Vangelo non ci vuole “piazzati”. Piuttosto ci “spiazza” continuamente perché ci chiede di amare sempre e con sempre maggiore intensità perché «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri (Gv 13,35)». Il legame di fratelli e sorelle che Gesù ha introdotto nella vita umana, chiedendoci di superare il legame della carne, è nuovo: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre (Mc 3,34-35)». Questa è la fraternità, ed è l'opera che Dio realizza per far crescere il suo Regno di Dio in mezzo a noi, e con noi.

Potremmo parafrasare Fraternità della Speranza in Speranza di Fraternità, perché è la speranza che sostiene il vivere insieme. L'esperienza ci dice che il progetto è umanamente impossibile. Pur con tutte le buone intenzioni non si va lontano. Ma, dietro a questo impossibile, c'è Dio che opera, c'è il suo Spirito che lavora con noi e la speranza di riuscirci è fondata sulla sua presenza. Perché è così difficile vivere insieme secondo il Vangelo? Perché il Vangelo spinge continuamente a rompere la scorza dell'uomo vecchio che è in ognuno di noi, chiede una continua conversione per abbracciare una nuova umanità basata esclusivamente sull'amore. Questa è l'essenza della fraternità e il modello dell'umanità nuova è Gesù, nuovo Adamo. È Lui che ci insegna la vita fraterna a servizio del Regno, scegliendo in ogni attimo della sua vita terrena l'amore più grande anche se scomodo, vivendo con mitezza, umiltà, perdonando settanta volte sette.
Scegliere di legare la propria vita a quella di altri fratelli e sorelle in un legame di fraternità, secondo la logica di Gesù e del Vangelo, è la ricerca quotidiana di imparare a vivere insieme, un giorno dopo l'altro, per tutta la vita. Ci chiede un impegno continuo per mettere insieme persone con storie diverse che, piano piano, imparano a coesistere, a conoscersi, a limarsi a vicenda, a rispettarsi, imparano a cadere, a rialzarsi e ad aiutarsi a vicenda, perché a turno tutti vivono tempi di buio, di fragilità, di stanchezza. La vita di fraternità non è esente da delusioni perché ci mette continuamente davanti agli occhi ciò che non ci piace vedere, il limite nostro e quello degli altri, l'incapacità nostra e degli altri di amare sul serio. E allora arriva la crisi: “ma a che serve? Non ci riusciremo mai, molliamo tutto perché non siamo migliori degli altri”.

Quando però abbiamo il coraggio di riconoscere che non siamo migliori degli altri, forse abbiamo fatto il primo passo verso la fraternità. Umanamente abbiamo tante risorse da mettere in gioco nella vita di fraternità, ma con il tempo le risorse umane si esauriscono e le aspettative che ognuno ha su se stesso e sugli altri vengono spesso disattese. Poi ci sono i nostri caratteri, le simpatie e antipatie, le idee irrinunciabili e i conflitti frequenti, come in ogni convivenza.
Non siamo migliori degli altri, lo riconosciamo, lo confessiamo con trasparenza davanti a Dio e ai fratelli, ma sappiamo bene che, dove si esauriscono le nostre forze umane, inizia l'opera di Dio. Gesù ha vissuto la sua vita terrena facendo fraternità con persone ferite, divise tra loro, impaurite. Non ha cacciato nessuno nemmeno Giuda che l'ha tradito. Ha tenuto insieme quell'umanità fragile, si è semplicemente offerto per loro, perché siano uno (Gv 17) e lo Spirito Santo ne ha fatto la Chiesa fino ad oggi e fino alla fine dei tempi.

La fraternità è un percorso di umiltà e di responsabilità. Con umiltà riconosciamo di non essere migliori degli altri, ma poniamo fiducia nella grazia di Dio che completa ciò che ci manca. Con responsabilità non ci tiriamo indietro perché Dio ha scelto di operare con noi per portare avanti l'opera del suo Regno.
Proseguiamo allora la strada insieme, sanando le ferite che via via si aprono, affrontando i problemi che la convivenza pone, con la pazienza e l'ascolto, con il desiderio di non rompere la comunione che, anzi, nei momenti di crisi può addirittura rafforzarsi. Le aspettative umane si sciolgono nella fede e le forze si rigenerano tanto da ripartire.
Senza presunzione, senza esaltazione, sentendoci ultimi piuttosto che primi, cercando di volerci bene, consapevoli che la lotta su questa terra non finirà mai. Ma, come ci ha recentemente ricordato un'amica: «la fraternità è l'unica esperienza di resurrezione che possiamo vivere qui sulla terra».


Rosanna Tabasso
NP dicembre 2021

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