Le code di una volta

Pubblicato il 15-05-2022

di Andrea Gotico

Sono reduce da più di trenta giorni di quarantena, perché Gino è stato a contatto con Pino e forse Rino ha parlato con Gaetano. Va così, è un attimo e si entra in un mondo fatto di sensi di colpa, tamponi fatti in casa, pizza fatta in casa, compiti e scuola fatti in casa, lavori in casa, fratello medio che sclera con sorella, sorella che sclera con fratello piccolo, e tu che ti accorgi che non sei onnipotente.

La tua storia si intreccia a distanza con storie di amici che se la passano più o meno come te o anche molto peggio. Che il lavoro del genitore sia il più difficile della terra lo sanno tutti, ma non tutti sanno che quando te ne accorgi è troppo tardi. Il processo è irreversibile. Parliamo di resilienza intergalattica estrema. Ma poi finalmente fai una pausa dal mestiere e ti ritrovi a meno 10 gradi in coda per il tuo 48° tampone "ufficiale" – perché non basta quello che ti sei appena infilato davanti allo specchio, mentre il tuo figlio di quattro anni piange perché vorrebbe infilartelo lui! «Ti prego, ti preghissimo»: urla la creatura – sei fuori casa e sei quasi felice di non sentire più le gambe... davanti a te 40 persone ibernate e rassegnate, attendono di essere trapanate. Non ci sono più quelle belle code di una volta (penso)... dove la signora indignata e il pensionato alzano esponenzialmente i toni, cercando di aizzare la coda contro "il sistema", no qui capitano cose strane, la coda congela in silenzio, ma c'è anche chi sorride fa amicizia e ironizza, e a me come sempre mi sovvengono le frasi del nonno: «Quando piove portati l'ombrello, se lo dimentichi non ti arrabbiare, approfittane per darti una sciacquata».


Andrea Gotico
NP febbraio 2022

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