La madre dei Maccabei

Pubblicato il 26-08-2021

di Anna Maria Del Prete

Donna di fede e di coraggio
«Non temere questo carnefice (…) accetta la morte perché io possa riaverti insieme con ituoi fratelli il giorno nel giorno della misericordia» (Mac 7,29). Con queste parole una madre eroica, con coraggio sovrumano, spinge l’ultimo dei suoi sette figli a non esitare ad affrontare il martirio e la morte perchè essa non sarà un abisso di nulla, ma una porta aperta per entare in una nuova vita nell’abbraccio della misericordia divina. Siamo al tempo di Antioco IV Epifane che regnava sulla Siria e sulla Palestina (176-164 a. C.) imponendo la propria legge al popolo ebraico, impedendo ogni rapporto con il loro Dio e contestando la loro tradizione.

Il libro dei Maccabei di tradizione greca (infatti non è accolto nel canone ebraico) racconta che tra gli altri furono «presi insieme alla loro madre sette fratelli e costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite» che essi rifiutavano. Sottoposti ad atroci tormenti, si esortavano a vicenda ad essere fedeli alle leggi dei padri. Il re ordinava supplizi sempre più atroci, mentre l’eroica madre raccomandava di «non cedere al comando del re (…)» e morire da eroi. Ella li esortava a non aver paura della morte e non li piangeva come se fossero sul punto di morire, al contrario, forte di una fede profonda, li scongiurava di affrontare la morte, mente gridava al tiranno che la morte non era l’ultima parola, «il re dell’universo li avrebbe risuscitati a vita nuova ed eterna»: affermazione, questa, importante perché rivela la fede nella risurrezione.

Le parole della madre diedero tanto coraggio al quarto figlio che, mentre moriva tra tormenti sempre più atroci, dichiarò al re: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui risuscitati, ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita». Pregata dal re perché persuadesse almeno l’ultimo figlio ad obbedire al suo comando per avere salva la vita, la madre fingendo di obbedirgli si chinò «su di lui, beffandosi del crudele tiranno», gli parlò con tenerezza e con forza sussurrandogli in aramaico, la lingua dei padri: «figlio, abbi pietà di me che ti ho portato in seno nove mesi… contempla il cielo e la terra, sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti, tale è anche l’origine del genere umano». Attestazione importante perché introduce l’idea della creazione "ex nihilo". A queste parole lo stesso giovane chiese, impaziente, la morte accrescendo l’ira del re che si sentì deriso e sfogò la sua ira con tormenti ancora più violenti.

La madre morì per ultima opponendo a tanta violenza il suo amore, illuminato e rafforzato dalla luce della fede. Così facendo, generava i suoi figli una seconda volta, e questa volta, alla vita immortale. La memoria della fede e del coraggio di questa madre rimase impressa nella mente e nel cuore delle generazioni successive, tanto che ritroviamo il racconto approfondito nel quarto libro dei Maccabei, composto nel I secolo d. C. in Siria, ove il culto di questi martiri maccabei era vivo sia presso i giudei che presso i cristiani. Il libro la ricorda come «Madre della Nazione, vindice della Legge, difesa della pietà. Madre santa e timorata di Dio». (Mac 7,1-41)


Anna Maria Del Prete
NP aprile 2021

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