Il rinascimento di Harlem: quando l'arte dà voce a un popolo

Pubblicato il 22-10-2020

di Lavinia Brogi

“L'arte spazza la nostra anima dalla polvere della quotidianità”, così diceva Pablo Picasso, riferendosi all'effetto magico e affascinante che un'opera d'arte può provocare nello spettatore, dandogli magari un punto di vista nuovo su un determinato argomento, mostrandogli un luogo lontano, o – più semplicemente - raccontandogli qualcosa. Che cosa si può raccontare tramite un dipinto? Probabilmente tutto, se fatto nel modo giusto, ma l'esempio più immediato che mi viene in mente è sicuramente la descrizione di un periodo storico o di un particolare evento che l'artista sta vivendo: non a caso, esiste la storia dell'arte.

Questa disciplina, anche solo per come la si studia a scuola, è un argomento vasto e articolato, un susseguirsi di correnti artistiche, movimenti, autori e opere, ed è affascinante vedere come tutto ciò sia influenzato dagli avvenimenti storici e dalla società dell'epoca: basti pensare a quanto le sculture e i templi greci ci raccontano della cultura di un'intera civiltà, all'architettura solenne del medioevo, o, in epoca ben più recente, alle prime raffigurazioni degli operai di inizio ottocento, una classe sociale appena nata e a cui l'arte, in tutte le sue forme, tentava di dar voce.
L'espressione artistica di un'epoca è un'ottima chiave di lettura per capire e conoscere la storia di un popolo, e l'Italia ne è un esempio pratico, visto che le nostre opere (insieme a quelle di tanti artisti europei) sono conosciute in tutto il mondo, ma è sempre così semplice? O meglio, siamo tutti così ben rappresentati nel mondo dell'arte? La risposta, come si può facilmente intuire, è no: la scarsa rappresentazione di minoranze e/o categorie discriminate è un problema anche in questo ambito.

A livello etnico questo fenomeno è abbastanza evidente, dato che quando si parla di artisti i primi nomi che ci vengono in mente (ma anche i secondi, i terzi e così via) sono quelli di uomini bianchi.
È successo, in passato. Che l'occidente rimanesse affascinato dall'arte di un popolo lontano: per esempio, nella seconda metà dell' 800, troviamo il fenomeno del “giapponismo”, ovvero quando, dopo anni di silenzio e isolamento, arrivarono in Europa le stampe giapponesi, che incuriosirono tutti e ispirarono fortemente impressionisti e post – impressionisti. Artisti come Utamaro, Hokusai e Hiroshige hanno influenzato molto le opere di Manet, Van Gogh e Monet, per esempio.
Tuttavia, fenomeni come il giapponismo sono rari e non riguardano la produzione artistica di molti paesi.

La curiosità e il desiderio di indagare sulla faccenda, mi è venuta tra maggio e giugno 2020, quando in America sono scoppiate numerose proteste del movimento Black Lives Matter, in seguito all'uccisione di George Floyd da parte di un poliziotto. Queste tensioni hanno messo sotto i riflettori tutti i problemi che la comunità afroamericana (ma non solo) si trova ancora costretta ad affrontare ai giorni nostri. È leggendo l'ennesimo articolo su questo argomento, che ho realizzato come, pur ritenendomi appassionata di arte, non conoscessi una singola corrente o movimento artistico che riguardasse la popolazione nera.

Mi sono detta che non andava bene, e che dovevo rimediare: internet mi è venuto in contro.
Il primo movimento artistico che ho scoperto è il Rinascimento di Harlem, diffusosi tra l'inizio degli anni '20 e la metà degli anni '30 negli Stati Uniti: luogo e periodo non sono una coincidenza, dato che in quegli anni si stava sviluppando una classe media anche nella comunità afroamericana (nota: la schiavitù in America fu abolita nel 1865), che si stabilì ad Harlem, New York.
Ovviamente, il razzismo in quegli anni era opprimente, ma ciò non fermò la comunità dal creare organizzazioni politiche e intellettuali, così come dall'iniziare a produrre quotidiani e riviste.
In sostanza, il rinascimento di Harlem era un movimento artistico e culturale che mirava proprio ad esaltare la creatività dei neri, la loro identità e il loro legame con l'Africa. Troviamo dipinti, sculture, collage, ma anche musica, teatro, scrittura, in una corrente artistica che rivendicava la dignità e la libertà di una comunità molto vasta, andando ovviamente contro una società razzista e chiusa.

Troviamo una sorta di dualismo in queste opere, che compariva più o meno in tutte le forme d'arte, dalla pittura al teatro, ovvero l'unione di quella che poteva essere definita “cultura alta” con la vita di strada.
Le tematiche più comuni che comparivano erano l'esperienza della schiavitù, gli effetti del razzismo istituzionalizzato, le tradizioni afroamericane, e anche la difficoltà stessa di raccontare tutto questo a un pubblico principalmente bianco. Quest'ultima operazione non era affatto semplice, ma ci riuscirono: il rinascimento di Harlem aiutò molto l'inclusione della storia dei neri nella cultura americana, dando loro una maggiore consapevolezza sociale che li spinse a farsi sempre più strada nel mondo dell'arte.
Alcuni esponenti – per quanto riguarda le arti visive - sono Augusta Savage, scultrice, Sargent Claude Johnson, conosciuto principalmente per le sculture, ma che lavorò anche come pittore, ceramista e incisore, Jacob Lawrence e Lois Mailou Jones, entrambe pittori.

Parente diretto del rinascimento di Harlem, è il Black Arts Movement (BAM), che qualcuno chiama - non a caso - “secondo rinascimento”, diffusosi sempre negli Stati Uniti ma qualche decennio dopo. Il movimento (principalmente poetico e musicale) fu fondato da Amiri Baraka nel 1965, l'anno dell'assassinio di Malcom X, e fiancheggiava il Black Power Movement, la sua controparte politica. L'America stava attraversando un periodo importante per la storia dei neri, le tensioni sociali erano altissime, e il BAM tratta infatti argomenti più politici rispetto al rinascimento di Harlem, arrivando purtroppo a risultare offensivo, tanto che alcuni esponenti furono criticati per essersi dimostrati razzisti e sessisti.
Queste accuse misero in cattiva luce il movimento, che di conseguenza ebbe vita breve, ma quei pochi anni bastarono per far nascere delle istituzioni che promuoveranno in seguito i lavori degli artisti neri, come la Chicago's Third World Press e la Detroit Broadside Press, e, inoltre, rese possibile la carriera di numerosi rappers e slam poets.

Nikki Giovanni, poetessa del black arts movementIl BAM non è l'unico movimento artistico riconducibile a una lotta contro la discriminazione, ovviamente: ad esempio, negli stessi anni, vediamo nascere e diffondersi l'arte femminista, e anche se non si tratta di un popolo come nel caso precedente, si possono trovare delle somiglianze.
Così come per gli artisti neri, anche per le donne era sempre stato difficile emergere, in un campo dominato da uomini, e le poche che ce la facevano non usavano l'arte per veicolare un messaggio di protesta contro le discriminazioni di genere, o almeno questo è quello che succedeva normalmente fino al 1960, quando il movimento femminista iniziò a dare voce e spazio alle donne.

Tornando al rinascimento di Harlem e al BAM, mi rendo conto che probabilmente questi rappresentano solo una piccolissima parte di quella che è la cultura afroamericana, e comunque in queste righe ho preso in considerazione solo due delle tante comunità che ancora oggi vengono discriminate, ma penso sia comunque un buon spunto di riflessione.
La scoperta del rinascimento di Harlem mi ha aperto gli occhi su quanto sia fondamentale la rappresentazione per le comunità più discriminate, ed è anche una buona dimostrazione di quanta bellezza possa essere creata se si lascia che un popolo si racconti attraverso la sua arte.

Lavinia Brogi 

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