Il dottor felicità

Pubblicato il 16-10-2021

di Pierluigi Conzo

È passata quasi in sordina la scomparsa di Edward Diener (nella foto), anche noto come "Dr. Happiness". Tra gli psicologi sociali più influenti al mondo, conosciuto soprattutto per le sue ricerche pionieristiche sulla felicità, l'autore americano si è spento a 72 anni lo scorso aprile, nella sua casa a Salt Lake City, nello Utah.
Le sue ricerche si sono focalizzate sulla misurazione della felicità, scomponibile in tre dimensioni: emozioni positive, emozioni negative e soddisfazione di vita. Aspetti basati su auto- valutazioni delle persone tramite domande oggi validate in tutto il mondo, oggetti di indagine di molte ricerche sulla felicità. Tra queste ad esempio vi è il World Happiness Report, che offre un quadro d'insieme globale e comparativo sul benessere delle nostre società.

Un'altra sua linea di ricerca è quella relativa alla spiegazione del perché, se apparentemente il reddito è correlato con il benessere, aumenti di reddito non sono seguiti da aumenti di felicità.
I suoi studi hanno evidenziato diverse spiegazioni a questo fenomeno, conosciuto in letteratura come "paradosso di Easterlin". Egli ha evidenziato, per esempio, che il reddito conta sì per la felicità, ma solo fino ad un certo punto.
Superata questa soglia, aumenti di reddito non si traducono in aumenti significativi di felicità. Tra le diverse spiegazioni, vi è l'ipotesi – empiricamente validata – che tendiamo ad abituarci ai cambiamenti, ritornando al livello iniziale di felicità dopo shock positivi o negativi, che appunto possono provenire da variazioni positive o negative di reddito. In generale, i suoi studi dimostrano che le condizioni esterne hanno scarsa influenza sui cambiamenti della felicità. Infatti, in un suo articolo recente si è riscontrato che gli adolescenti delle famiglie operaie erano più felici degli adolescenti delle famiglie ricche.

Inoltre, Ed Diener ha scoperto che persino la maggior parte degli individui svantaggiati, come le persone con disabilità e persino i tetraplegici, tendono a riportare livelli di felicità superiori alla media: probabilmente – secondo l'autore – c'è una universale predisposizione genetica alle emozioni positive negli esseri umani. Coerentemente con la teoria dell'adattamento/abituazione di cui sopra, siamo programmati per essere felici e anche eventi orribili spesso sconvolgono la felicità, ma solo temporaneamente. Bisogna però evitare facili generalizzazioni. Lo stesso autore osserva che c'è un forte calo della felicità per coloro che sono disabili al 100%, soprattutto perché essi non sono in grado di svolgere alcun lavoro.
In generale, quindi, le persone sono in grado di adattarsi a un cambiamento di vita, ma tale adattamento non è perfetto (completo) e non avviene per tutti allo stesso modo.

Alla luce della pandemia che ha avuto, tra le sue numerose conseguenze, un impatto enorme sulle relazioni sociali, risultano incredibilmente attuali i suoi risultati sulle determinanti sociali della felicità. Se il reddito è solo in parte rilevante per la nostra felicità, le relazioni sociali giocano invece un ruolo fondamentale. Secondo Diener questa è un'ottima notizia: molte persone che si dichiarano infelici possono migliorare la propria condizione interagendo quotidianamente con un buon amico.
Infine, nel suo ultimo libro, Diener sottolinea quattro ingredienti centrali per una vita felice: 1) la ricchezza psicologica vale più di quella monetaria; 2) la felicità non solo fa star bene, ma è anche benefica per le relazioni, il lavoro e la salute; 3) è utile stabilire aspettative realistiche sulla felicità: nessuno è sempre profondamente felice; 4) il pensiero, la consapevolezza ed il miglioramento di alcune fragilità cognitive aiuta ad accrescere la nostra ricchezza psicologica.


Pierluigi Conzo
NP giugno / luglio 2021

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