Effetto farfalla

Pubblicato il 04-12-2022

di Simona Pagani

L’Arsenale è una casa che ha il respiro del mondo. In un luogo così la storia non la vivi da spettatore, ma ti immerge fino al collo e ti fa vibrare, gioire, piangere con l’umanità intera. A fine febbraio con l’inizio della guerra in Ucraina c’è stato un potentissimo effetto farfalla sulla vita della nostra casa.

Tonnellate di aiuti offerti da mani sconosciute da far arrivare a 2.500 km di distanza; spazi da attrezzare per accogliere i primi profughi in fuga; migliaia di mail con richieste e offerte di aiuto, persone di ogni età mai viste prima trascorrere ore al freddo nel cortile a preparare aiuti. Un numero impressionante di telefonate: «Aiutatemi a fare arrivare qui una mamma con i suoi bimbi»; «Ho un pulmino per portare aiuti e al ritorno posso caricare gente»; «Ho un alloggio da mettere a disposizione»; «Sono russo, vivo in Italia da tanto, mi vergogno di quello che sta succedendo».

In quei mesi anche il Comune di Torino ci ha chiesto una mano per gestire i colloqui con le famiglie disponibili all’ospitalità. È così iniziata questa avventura di recarci casa per casa. Abbiamo conosciuto coppie giovani e anziane, persone sole e famiglie con figli, chi spinto dal bisogno di rispondere con il bene a tutto il male a cui stava assistendo, chi per un senso di solidarietà e di fraternità. La maggior parte con un alloggio modesto e semplicemente con una stanza in più. Qualcuno disposto a cedere persino la propria camera e dormire sul divano. Abbiamo incontrato diverse persone consapevoli di quello che significa portare avanti un’accoglienza; altre mosse da un sincero slancio di generosità su cui è però fondamentale lavorare per non trasformare lo spazio condiviso in una trappola per sé e per gli altri. Vivendo all’Arsenale ho imparato che la commozione è cosa buona, ma un cuore commosso che non mette in moto il pensiero può essere pericoloso. L’accoglienza non è un sentimento, interessa e coinvolge tutta la persona, di chi accoglie e di chi è accolto.

La casa è uno spazio vitale fondamentale, aprirla a chi è in difficoltà è nobile, ma non può essere un gesto a senso unico. Anche per chi è accolto poter avere uno spazio in cui non sentirsi perennemente ospite è vitale. Per accogliere occorre essere umili, accettare di entrare in un percorso di confronto con chi ha più esperienza, altrimenti si rischia di bruciarsi e di bruciare l’altro e di chiudersi a riccio sulla difensiva.


Simona Pagani
NP agosto / settembre 2022

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