Confinamento e confini

Pubblicato il 26-08-2020

di Claudio Monge

Leggendo in questi giorni una recensione dell’ultimo romanzo della scrittrice italo-somala, Igiaba Scego, La linea del colore, mi interrogavo sul senso del vivere un “confinamento in terra straniera”, terra che ti accoglie da tanti anni ma che non ti concede una vera e propria cittadinanza, come per ricordarti in modo permanente che “vieni da altrove”: straniero sei e straniero devi rimanere. Ma essere “stranieri” non significa essere “estranei”, non vivere con partecipazione i destini del popolo col quale condividi da anni il quotidiano.

Questa condizione, tuttavia, va di pari passo col costante richiamo alle tue radici, che si accentua in settimane in cui hai seguito, con apprensione e a distanza, le sorti dei tuoi famigliari, a loro volta “confinati” in un Paese che sta vivendo molto più gravemente la crisi pandemica che tocca, diversamente, il tuo Paese d’accoglienza. In queste ultime settimane, in riferimento alla gestione dell’emergenza Coronavirus, molti analisti hanno fatto notare che l’imposizione del cosiddetto “distanziamento fisico”, ha favorito la produzione di nuove forme di socialità che si sono registrate nei meccanismi più disparati e, soprattutto, fra persone che non avevano tra loro legami forti (la dimostrazione più evidente che il distanziamento fisico può diventare ma non è necessariamente un “distanziamento sociale”). Dunque, proprio i legami deboli, in partenza, sembrano trovare un nuovo coagulo comunitario.

Che significato hanno queste nuove forme di socialità, che si stanno strutturando dal basso, per coloro che sono stranieri, culturalmente oltre che amministrativamente? Quando i politologi ci spiegano il significato del “confinamento” in una specifica entità politico-geografica, fanno inevitabilmente riferimento ad una visione economicista dell’esistenza. Questa determina processi di “costruzione dei confini”, atto politico necessario a stabilire una separazione netta tra lo spazio interno e quello esterno, ma anche processi di distribuzione spaziale dei diritti all’interno di entità giuridico-amministrative e a dinamiche di “laterizzazione”. Con quest’ultimo termine si fa riferimento a quei processi relazionali che sostengono la definizione e il mantenimento nel tempo di identità, distinzione, differenza e separazione tra gruppi umani e che sono, allo stesso tempo, precondizione e conseguenza dell’esistenza di ciascuna entità.

Ma la pandemia ha messo drammaticamente in crisi la visione economicista che regge le nostre società, per esempio evidenziando l’insufficienza di un sistema sanitario privato, fondato sulla redditività, rivelatosi totalmente inadeguato, dopo lo smantellamento della sanità territoriale. Quest’ultima, come ci ricorda filosofo sloveno Slavoj Žižek, risponde al principio che, solo assistendo tutti coloro che ne hanno bisogno, in maniera incondizionata senza guardare in faccia i costi, si può preservare l’incolumità del più gran numero di cittadini. Un modo razionale e assai utilitarista di constatare che siamo interdipendenti ma anche che esiste in noi un profondo bisogno di relazione. Di fronte a questo bisogno, non c’è “stranierità” che diventi “estraneità irrimediabile”.

In queste settimane l’ho scoperto, nel dessert offerto dalla famiglia turca che celebra la rottura del digiuno del Ramadan e che, maschere alla bocca, condivide questa gioia sul pianerottolo con chi è semplicemente prossimo. L’ho scoperto, con un’accentuata attenzione a sostenere l’anziano che non può uscire di casa, nei suoi acquisti indispensabili o, ancora, nel rinunciare ad ore determinate della giornata, all’uso di un piccolo giardino privato, per invitare la giovane famiglia turca o quella africana a farvi scorrazzare un po’ i bambini, messi alla prova dall’interminabile confinamento fisico tra le quattro mura di casa.

È salutare constatare che l’essere umano è da sempre abitato da una voglia di superare i confini, intesi come limite, ma non solo per un desiderio di essere superiore agli altri e di imporre la propria supremazia, ma per condividere le sue gioie e far crescere una libertà che può essere tutelata solo proteggendo quella degli altri!


Claudio Monge
NP giugno / luglio 2020

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