Annalisa e gli altri

Pubblicato il 27-08-2020

di Renzo Agasso

Il virus si è portato via oltre trentamila persone. Il virus si è portato via nonni nonne papà mamme figli figlie fratelli sorelle. Il virus si è portato via ricchi poveri buoni cattivi sani malati. Il virus si è portato via giovani vecchi uomini donne. Il virus si è portato via medici infermieri farmacisti sindaci preti suore carabinieri e altri buoni samaritani a vario titolo. Il virus si è portato via trentamila vite che potevano continuare a vivere amare lavorare patire gioire fare il bene fare il male piangere soffrire ridere celebrare aiutare.

Hanno detto e scritto e cantato che tutto andrà bene. Non è vero. Pietosa bugia per giorni di lutto. Hanno portato via i morti su camion militari. Nemmeno una lacrima sulle bare, un fiore, una mano carezzevole nell’ultimo istante. Non è andato tutto bene. Non poteva.

Quell’invisibile odioso pervicace esserino ha prodotto lacrime sangue e dolore, ha compiuto una strage silenziosa invisibile devastante. Una guerra la vedi, la senti, ti difendi. Il virus no, ti entra nei polmoni con l’aria che respiri, te li distrugge, ti soffoca, ti toglie la vita. Così, senza un perché.

Non è andato tutto bene. Tranne che per il coraggio, l’abnegazione, la dedizione, il senso di responsabilità dell’esercito di contrasto, uomini e donne in camice bianco che hanno dichiarato guerra all’esserino malvagio e alla fine gli hanno strappato tante vite, lo hanno sconfitto migliaia e migliaia di volte. Morendo, spesso, accanto ai propri malati.

È andato bene perché abbiamo scoperto riscoperto medici infermieri collaboratori volontari protezione civile che con amore e senso di responsabilità non si sono sottratti al dovere, alla fatica, all’impotenza e alla sconfitta, alla stanchezza e alle lacrime. Tanti tanti tanti. Sconosciuti samaritani che si sono chinati sul dolore, non sono fuggiti, pagando fino alle estreme conseguenze.

Impossibile farne l’elenco. Ne ricordiamo una per tutti: la dottoressa Annalisa Malara, che all’ospedale di Codogno scoprì il primo paziente, e se ne prese cura, senza pensarci e senza preoccuparsi di protocolli ruoli mansioni. Ha detto: tocca a me, nel Paese dei furbi che ripetono la litania del tocca a qualcun altro. Con quel gesto la giovane dottoressa lombarda ha permesso ai colleghi d’Italia di prepararsi organizzarsi andare in trincea.

Senza quel gesto, chissà i morti in più. Non è andato tutto bene. Senza Annalisa e gli altri, poteva andare peggio.

Renzo Agasso
NP giugno / luglio 2020

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