Andiamo...

Pubblicato il 08-06-2021

di Rosanna Tabasso

Lo scorso 1 febbraio abbiamo ricordato i primi 25 anni di presenza in Brasile, la partenza di tre di noi e l'inizio dell'Arsenale della Speranza.



Eravamo pochi e tre partivano, non eravamo mai stati fuori dalla nostra terra e varcavamo l'oceano, non eravamo preparati, non conoscevamo ancora la lingua eppure qualcosa ci spingeva a dire sì e a partire, sulla fiducia che Dio ci avrebbe guidato. Dom Luciano Mendes ci aveva aiutato a capire l'urgenza di essere missionari, lui lo era in ogni fibra del suo essere e sapeva comunicare la passione dell'andare in nome di Dio. Dopo quel primo sì, dopo quel primo "andiamo" è nata la nostra Regola con una pagina dedicata alla missione della Fraternità: «Andiamo perché il Signore ha scelto di mandarci per amarlo, convinti che, in noi, lui traspare ed evangelizza». Poche parole sintetizzano ciò che ci spinge. Non mire espansionistiche, non programmi sociali o di proselitismo religioso, ma la forte esigenza di rispondere "sì" a Dio e alla sua accorata preoccupazione di raggiungere tutti i suoi figli, così abbiamo sentito anche per noi la parola rivolta al profeta Isaia (6,8): «Udii la voce del Signore che diceva: Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!».

Dio continua a cercare amici da inviare a nome suo perché gli sta a cuore la gente smarrita di questo tempo, la perdita di senso che si sta diffondendo tra giovani e anziani, famiglie e persone sole. Gli sta a cuore chi ha perso il lavoro e non ha più prospettive come chi nella sua vita non ha conosciuto altro che guerra e sottosviluppo, violenza e fame. Si preoccupa di ognuno che non trova più motivazioni per affrontare la fatica del vivere quotidiano, di chi non trova più ragione per sperare, di chi non accetta la precarietà di ogni essere umano su questa terra, di chi non ha più lo sguardo proiettato verso l'eternità e verso la vita per sempre che Gesù è venuto ad annunciare. Dio si dà premura (cfr Zc 8,15) di ognuno e, rispettando sempre la libertà del genere umano, desidera che ognuno sia raggiunto dalla sua promessa, sappia di non essere solo, per poter affrontare prove e contrarietà di questa vita con fiducia sapendo di essere nel "per sempre" con lui.

Dio continua ad aver bisogno di persone e di piccole comunità di vita fraterna che abbiano fatto esperienza di lui e lo annuncino, come recentemente ci ha scritto Ernesto: «Credo che ognuno di noi debba sentire il desiderio di comunicare la sua intima certezza, lo slancio, la passione di far conoscere a tutti Gesù, il centro della vita». (…) L'esperienza personale di Dio unita alla credibilità di ognuno di noi fa si che le nostre vite parlino di lui, le nostre idee e le nostre parole aprano strade anche per gli altri, senza contrapposizione tra vita e parola, perché una sostiene l'altra».

L'ultima volta che abbiamo potuto parlare con Dom Luciano, pochi mesi prima della sua morte, era l'11 marzo 2006 ed era il decimo anniversario dell'Arsenale della Speranza, ci ha proprio comunicato la sua passione missionaria. Ricordo le sue parole: voi avete il carisma della speranza, avete la spiritualità della Presenza, avete un metodo consolidato, siete persone equilibrate… se non andate voi chi andrà? Poi guardandosi attorno, commosso per la bellezza dell'Arsenale della Speranza, ha commentato: è bello essere in tanti ed essere uniti a pregare, a pensare, a vivere la fraternità ma guardate che meraviglia avete fatto qui, in tre! Tutti abbiamo ripensato al mandato di Gesù: «Andate...». Un "andate" che ci tiene però ben radicati in Dio e ben ancorati nella fraternità, attenti a mantenere il sapore del sale perché «se anche il sale perde il sapore, con che cosa verrà salato?» (Lc 14,34). Un andate per restituire alle persone e al nostro mondo la visione che Dio ha della persona, della vita, della società, della storia, del creato.

Ernesto ci ricorda: «Solo da Dio che "fa nuove tutte le cose" (Ap 21,5) può discendere una mentalità nuova che cambi radicalmente il nostro sguardo sulle cose, un nuovo stile per riconvertire le nostre vite personali, la società, il mondo, il corso della storia, una mentalità che passi dall'io al noi». Il primo "noi" è la Fraternità, la radice comune di cui dobbiamo sentirci parte ovunque siamo. Ecco perché nella missione, racchiusa nel nostro stesso nome – Servizio Missionario Giovani – andiamo sempre come Fraternità. Uniti da un'unica radice e nello stesso tempo dispersi come lievito nella pasta, piccole fiammelle di luce, piccoli fuochi accesi per illuminare e scaldare chi cerca speranza. Oggi ripensare alla nostra presenza in Brasile, ci aiuta ancora una volta a rinnovare il sì all'andare con il cuore e la mente aperti a ciò che si apre davanti a noi.


Rosanna Tabasso
NP febbraio 2021

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