L'incontro della speranza con la pace
Pubblicato il 08-02-2025
Tutte le volte che in Brasile qualcuno visita l’Arsenale della Speranza ci chiede: «Ma perché si chiama Arsenale?».
E noi raccontiamo la storia di Ernesto Olivero, del Sermig e dell’Arsenale della Pace che si trova così lontano dal Brasile.
Dopo 5 anni di conoscenza e frequentazione dell’Arsenale della Speranza di San Paolo, ho deciso di venire per un mese all’Arsenale della Pace per conoscere la storia di questa casa al di là dell’oceano di cui finora avevo solo sentito raccontare.
Arrivando a Torino, già nei primi giorni, ho percepito la prima somiglianza: per conoscere un Arsenale bisogna varcare fisicamente la sua porta, guardarne i muri, calpestarne il pavimento ricostruito grazie alle ore di disponibilità donate da tante persone, conoscere i diversi servizi realizzati per il bene dell’altro che è come noi.
Apparentemente, l’Arsenale della Pace è molto diverso dall’Arsenale della Speranza, non solo perché le parole pace e speranza hanno significati diversi nel dizionario, ma sono complementari e il cuore di ogni casa è in fondo lo stesso: saper vivere la Spiritualità della Presenza. Gli Arsenali possono essere diversi, ma sia in Brasile che in Italia e in Giordania ci custodiscono insegnando cosa vuol dire la parola accoglienza.
Il principio dell’accoglienza, sia che si tratti di un uomo o di una donna o di un bambino, è lo stesso: vedere l’altro che hai di fronte, chiamarlo per nome e offrirgli quello che è possibile quel giorno (un letto, una doccia, un pasto, dei vestiti). Questo è un modo di amarlo.
In questi giorni, più conosco le persone più vedo come sia bello l’incontro tra i due Arsenali attraverso chi li abita. Tutto quello che ognuno fa è importante, ma volersi bene è ancora più urgente.
Ogni giorno che ho passato nell’Arsenale della Pace ho visto la quantità di persone che attraversano la sua porta, persone diverse con bisogni diversi e con disponibilità diverse, ma che incontrano in questo luogo di pace una casa per crescere insieme. E con gli incontri che si rinnovano continuamente, l’Arsenale della Pace rimane un luogo in costante movimento.
Forse non è sempre preparato ad affrontare tutte le situazioni, ma alla fine riesce a fare tante cose, perché è pieno di disponibilità.
Conoscere il cuore del Sermig mi insegna a guardare luoghi e a non vederli vuoti, anzi mi insegna a capire come abitarli perché non siano solo un luogo di passaggio, ma di incontro. Con un oceano che ci separa è quasi impossibile far incontrare fisicamente questi due arsenali, ma è possibile quando la relazione tra uomini e donne delle due sponde dell’oceano diventa occasione di ascolto, dialogo e accoglienza, anche se si parlano lingue diverse. In fondo, coloro che scelgono la bontà parlano tutti la stessa lingua.
Beatriz Pereira Ennes
NP novembre 2025