Il raccontastorie

Pubblicato il 11-01-2021

di Arsenale della Piazza

La narrazione di storie come strumento per potenziare
le capacità immaginative ed espressive dei bambini
Dalla dissertazione finale di Camilla Pampaloni. Corso di laurea in educazione professionale.
Università degli Studi di Torino. Relatrice Lucia Portis.
Seconda parte!



CAPITOLO 2. IL RACCONTASTORIE



“A chi crede nella necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione;
a chi ha fiducia nella creatività infantile;
a chi sa quale valore di liberazione possa avere la parola”
(Rodari, 1973, p. 24)

 

2.1 Introduzione al progetto

La maggior parte della vita dell’uomo è narrazione: libri, televisione, storia, gossip, chiacchiere al bar, giornalismo, videogiochi, sono tutte forme di narrazione e ognuna di esse contribuisce ogni giorno a modificare e arricchire la nostra esperienza del mondo.
L’infanzia è uno dei momenti in cui l’immaginazione domina vari aspetti della vita, ma non è da sottovalutare che qualunque idea originale si concretizzi nella nostra mente, sempre di produzione fantastica si tratta. Stimolare nei bambini l’utilizzo di questa straordinaria capacità può contribuire a renderli adulti dalla mentalità aperta, dinamica e pronta ad esplorare.
Tra i compiti più difficili del “diventare grandi”, oltre al definire la propria identità, occupa un posto d’onore il saperla poi esprimere, manifestare con l’altro. Il carattere, l’ambiente, le inclinazioni personali e la consapevolezza di sé possono influire sul modo di ognuno di noi di esprimere sé stesso. È importante insegnare ai bambini che ci sono tanti modi per esprimere le proprie emozioni e/o il proprio punto di vista, tanti modi per raccontarsi e farsi conoscere.
Le storie per bambini storicamente hanno infatti questo scopo: allenare la mente ad esplorare nuove possibilità, a immaginare alternative possibili dentro e fuori dalla realtà, a trasmettere messaggi positivi.
Questo laboratorio nasce dall’incontro tra tutti questi bisogni educativi e la mia personale passione per la narrazione, e si prefigge come scopo lo stimolo delle capacità creative ed espressive dei bambini.
Il percorso si sviluppa in 8 incontri da 60 minuti l’uno. Ogni incontro esplora un tema della narrazione e un metodo espressivo, invitando i soggetti a inventare storie o parti di esse a partire da input diversi.

Obiettivo generale

L’obiettivo del laboratorio è utilizzare la narrazione di storie come strumento per stimolare la creatività e l’espressività dei bambini. Ogni incontro ha poi un obiettivo smart e degli indicatori propri, su cui sono calibrate le attività proposte.

Destinatari

Il laboratorio è pensato per bambini in età scolare compresa tra la terza e la quinta elementare, tuttavia è adattabile sia ad una fascia d’età superiore che inferiore.
È inoltre adatto per bambini DSA, BES o con altre fragilità scolastiche perché non sono necessari dei requisiti minimi di letto-scrittura. Non è adatto a chi è affetto da sordità ma può essere accessibile agli ipovedenti.

 

2.2 Aspetti teorici specifici

Lettura ad alta voce

Da Chirico (2019) si apprende che la lettura ad alta voce ha svariati benefici: stabilisce un legame tra chi legge e chi ascolta, stimola l’immaginazione, non richiede al bambino un’autonomia nella lettura che potrebbe non avere. L’azione del narratore non è solo comunicazione, è “saper porgere significativamente e in modo accattivante un testo” (p. 25). Per questo motivo la proposta della lettura deve essere entusiasta e curata sia nella scelta che nell’esposizione.
Il lettore deve essere capace di coinvolgere gli ascoltatori, di modulare voce e toni per rendere la storia accattivante e mantenere alta l’attenzione. Fare dei piccoli gesti durante la lettura, come accompagnare alcune parole con le mani, con le espressioni del viso o cercare rapidamente lo sguardo di un ascoltatore tra una pagina e l’altra, sono tutte strategie ugualmente valide per tenere viva l’attenzione di coloro che utilizzano per ascoltare un canale più visivo o cinestesico per ascoltare piuttosto che uditivo.
La lettura in piccoli gruppi può anche essere di supporto a bambini più distratti o agitati: vedere gli altri compagni tranquilli, spesso trasmette calma anche a chi ha più difficoltà.
Infine, la lettura in questo modo deve essere gratuita: come scrive Chirico (2019), bisogna lasciare al bambino lo spazio per riflettere senza l’ansia di dover dare un riscontro, ma allo stesso tempo facendolo sentire libero di fare domande o commenti se questi fossero spontanei.

Autovalutazione

Dal momento che lo scopo del laboratorio è lavorare su espressione e creatività, sarebbe incoerente e controproducente inserire degli elementi di valutazione nell’operato dei bambini. Al contrario, l’autovalutazione è uno strumento di valutazione del proprio agito, allo scopo di riflettere sulle proprie capacità, sulle competenze acquisite e migliorare la propria autoefficacia e si ritiene che sia più coerente con l’obiettivo generale del laboratorio, cioè lavorare sul sé e sulle sue consapevolezze. L’autovalutazione non richiede molto tempo, aiuta a riflettere sull’impatto delle proposte sui destinatari e può essere uno strumento utile perché stimola il pensiero critico, la rielaborazione e la meta-cognizione (Domenici, n.d.)[1].

Per l’occasione è stato formulato un questionario a risposta chiusa, che verrà sottoposto ai soggetti prima dell’inizio delle attività e al termine del percorso. La maggior parte delle domande sono le stesse, allo scopo di verificare se il laboratorio effettivamente ha un’incidenza sulla percezione dei soggetti delle proprie capacità come narratori

Un secondo strumento utilizzato per fare autovalutazione è stata la scheda personale: ad ogni bambino è stata assegnata una sorta di scheda con uno spazio per ognuno degli incontri svolti . Al termine di ogni incontro, dopo aver votato rosso/verde per l’attività, ognuno doveva valutare l’impegno che riteneva di aver messo nell’affrontare le attività proposte. Per rendere la compilazione il più possibile semplice e a portata di bambino, è stata fornita loro la seguente legenda: 0 stelle = non mi sono impegnat* per niente, 1 stella = ho fatto il minimo indispensabile, 2 stelle = mi sono impegnat* al massimo. Ho scelto di non rendere questa valutazione più approfondita o dettagliata perché non volevo che risultasse il momento conclusivo troppo pesante. Lo scopo era che si prendessero anche solo pochi secondi per ascoltarsi, per cercare di percepirsi come soggetti attivi del momento. Inoltre è stato utile per osservare quale grado di consapevolezza avessero di sé e anche per fare dei confronti tra ciò che traspare all’esterno e il loro vissuto soggettivo.

Memoria

La memoria ha un ruolo fondamentale sia a livello individuale che collettivo: imparare dall’esperienza è ciò che ci fa crescere, condividere la storia di un gruppo è ciò che ce ne rende parte. Il passato può avere più o meno spazio nella nostra vita ma tutti ne possediamo uno ed è una delle prime cose che “ci si scambia” quando si incontra l’altro (Atkinson & Hilgard, 2009).
Raccontare una storia ripescata dalla propria memoria è un gesto abbastanza spontaneo, spesso innescato da input inattesi, basta pensare alla famosa madeleine di Proust o un dettaglio particolare che quando meno ce lo aspettiamo ci fa fare un salto indietro nel tempo. Allo stesso modo è possibile innescare una narrazione, fornendo all’altro uno stimolo, una parola, una suggestione che funga da esca per i suoi ricordi: è una tecnica che Rodari (1973) chiama “il sasso nello stagno” perché come il lancio del sasso provoca onde e variazioni sul pelo dell’acqua, così una parola o un’altra possono determinare una serie di associazioni mentali a catena che fanno riaffiorare un ricordo. L’autore scrive che “una parola qualunque, scelta a caso, può funzionare come parola magica per disseppellire campi della memoria che giacevano sotto la polvere del tempo” (p. 12).

Arricchimento lessicale

Rodari (1973) suggerisce che giocare col suono delle parole, le allitterazioni, le sillabe, eccetera, possa essere un buon esercizio stimolare la fantasia: una parola tira l’altra e provare poi a metterle insieme è un ottimo esercizio di narrazione. Uno stimolo del genere può essere “un’ottima scusa” per lavorare anche sull’arricchimento lessicale, inteso come aumentare la conoscenza di vocaboli della lingua italiana. Si tratta di uno degli obiettivi principali della didattica, specificato tra le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione (2012)[2]. Soprattutto per quanto riguarda la scuola elementare un’attività come quella che si legge al paragrafo 2.2.2 può essere un modo per lavorarci su: aumentare le conoscenze lessicali dei singoli, dando risalto a quelle che già posseggono, in una situazione di scambio paritario, di arricchimento reciproco e di apprendimento.

Il ruolo dell’antagonista

Secondo Gottschall (2012) il motivo per cui quasi tutte le storie finiscono con la punizione dell’antagonista è il riflesso del bisogno umano di fiducia nella giustizia. A maggior ragione le storie per bambini, nate come strumento per insegnare le norme morali per la vita in società, non possono mancare di trasmettere fiducia, speranza, amore della pace (p. 69).
Sul ruolo della punizione/redenzione dell’antagonista ha riflettuto anche Chirico (2019), giungendo alla conclusione che spesso lo scopo delle fiabe non è dare una spiegazione del male, esso viene accettato come dato di fatto, ma fornire possibili strade per sconfiggerlo o superarlo (p. 147).
Allo stesso tempo, negli ultimi anni è facile notare come ad esempio al cinema (anche quello per bambini) i personaggi proposti non siano solo bianchi o neri, buoni o cattivi, ma si dia più spazio ai perché di determinati caratteri. Un buon esempio è il film “Maleficent” (2014, Walt Disney Pictures), la rivisitazione della storia classica della bella addormentata: la storia è raccontata dal punto di vista dell’antagonista “classica”, spiegando perché è diventata “cattiva” e mostrando come la malvagità non sia gratuita o innata, ma sia la risposta a eventi che ne hanno condizionato la personalità. È pertinente anche il cartone “Ralph Spaccatutto” (2012, Walt Disney Animation Studios), in cui il protagonista, noto per la sua indole violenta, si rivela invece un eroe gentile e pacifico, o addirittura “Coco” (2017, Pixar Animation Studios), in cui si racconta la morte con colori accessi e messaggi positivi.
È interessante lo studio che ha proposto Propp (1928), secondo il quale è possibile studiare le favole secondo la funzione dei personaggi, e non secondo la loro natura: che si tratti di un orco o di una fata, se entrambi aiutano o ostacolano il protagonista, rivestono lo stesso ruolo nella storia (p. 26). Si tratta dunque di una questione di contenuto più che di forma, analisi non così scontata nelle narrazioni più classiche.
Tra i metodi suggeriti da Rodari (1973) per inventare storie nuove c’è il cosiddetto “rovesciamento” (p. 74): invertire caratteristiche di personaggi classici o introdurne di nuovi in contesti assolutamente inaspettati, può dare un nuovo input alla fantasia. In questo modo Pierino può mangiarsi il lupo anziché essere mangiato oppure nel bel mezzo del duello tra un cavaliere e un drago, può spuntare una teiera parlante che li fa ragionare. L’elemento assurdo o discordante dalla tradizione può essere uno strumento per esorcizzare le paure, dissacrare l’autorità, affrontare una situazione difficile.
L’attività al paragrafo 2.2.3 è un’occasione per far riflettere i bambini in modo leggero, ma non per questo superficiale, sulle categorie buono/cattivo che spesso si assegnano ai personaggi delle narrazioni. Considerando di proporre il laboratorio a bambini tra i la terza e la quinta elementare, è abbastanza verosimile che a scuola abbiano già parlato della fiaba in termini più classici (protagonista, antagonista, svolgimento, eccetera) quindi l’intento è di rovesciare lo schema, proprio come diceva Rodari, e dare spazio a nuovi spunti di narrazione e riflessione.

Attenzione e comunicazione

Come scrive Goleman in “Focus” (2013), la creatività è un’azione mentale basata sulla ricezione di uno stimolo, la sua fissazione e una successiva rielaborazione. Per ricevere e fissare tale immagine per poi darle una forma nuova, è necessaria una certa dosa di attenzione. L’attenzione è il processo cognitivo attraverso cui il cervello seleziona alcuni elementi e non altri tra quelli a disposizione (p. 9). Le attività proposte al punto 2.2.4 si propongono di allenare l’attenzione visiva e quella uditiva.
Uno degli effetti più importanti e discussi dell’uso eccessivo della tecnologia è il calo dell’attenzione. È infatti dimostrato che l’abitudine ad avere davanti uno schermo o uno strumento tecnologico, col tempo crei dipendenza e renda sempre più difficile mantenere il focus su un soggetto altro (Goleman, 2013, pp. 29-30).
L’incontro 2.2.4 è dedicato alla descrizione di un luogo, reale o immaginario, purché raccontato con più dettagli possibile o osservato minuziosamente. Le attività proposte mirano ad allenare i bambini all’ascolto e all’osservazione, aprendo una finestra di riflessione attraverso l’esperienza del gioco: ho ascoltato davvero ciò che ha detto l’altro? Lui mi ha ascoltato? Ho guardato bene o mi sono fatto trascinare dall’istinto?
Raccontare una storia implica proporre un contenuto all’altro, saperlo comunicare. Se “la comunicazione consiste nell’emissione e ricezione di messaggi dotati di significato” (Miller, 2013, p. 178), possiamo dedurre che oltre all’attenzione necessaria per cogliere tali messaggi e decodificarli, sia necessaria anche la capacità da parte di chi racconta di esprimersi in maniera comprensibile. Il linguaggio, definito come un insieme di simboli e segni dotati di significati appresi e condivisi, è dunque necessario affinché un racconto sia trasmesso da un individuo all’altro. Il linguaggio può essere verbale o non verbale, corporeo, scritto, orale o visivo. È dunque considerato come comunicato un contenuto che, in qualsivoglia forma, abbia origine da un soggetto e venga ricevuto da un altro.
Alla luce di queste nozioni, va da sé che l’attenzione e la comunicazione sono entrambe capacità fondamentali per poter esprimere e condividere un racconto o più in generale il proprio pensiero.

Teatro

Tra i sistemi di linguaggi utili alla comunicazione, occupa molto spazio il linguaggio del corpo. L’uso del corpo come mezzo di comunicazione è particolarmente evidente nel contesto teatrale. Il teatro infatti è una forma di comunicazione: utilizzando uno o più linguaggi condivisi, l’attore/narratore condivide con lo spettatore un contenuto.
Le origini del teatro occidentali si trovano nel teatro classico, in cui venivano narrate le storie di eroi e personaggi che segnavano l’immaginario della popolazione e contribuivano a crearne una memoria condivisa. Così il ruolo del giullare medievale, delle commedie messe in scena nelle corti rinascimentali e così via fino ad arrivare a proposte integrate come la drammaterapia o lo Psicodramma moreniano (Pontremoli, 2015).
Se mettere in scena è comunicare e la narrazione ha bisogno di un mezzo per essere condivisa, ecco che il teatro si presta facilmente e senza troppe complicazioni allo scopo. Nel contesto del laboratorio non si punta tanto alla forma, quanto alla sperimentazione di un diverso modo di raccontare: che sia in silenzio, col corpo, solo con la voce o con l’aiuto di oggetti, lo scopo è che i bambini riescano a raccontarsi una storia andando oltre la forma scritta (vedi 2.2.5).

 

2.3 Aspetti metodologici generali

Rito iniziale: lettura ad alta voce

Questo rito si ripete ad ogni incontro quindi nella definizione delle attività non si specificheranno ogni volta tempi e materiali.
La lettura ad alta voce sarà il momento introduttivo di ogni incontro: lo scopo è creare un’atmosfera tranquilla e rilassata, dare ad ognuno il tempo di “staccarsi” da ciò che stava facendo prima e di centrarsi nel qui e ora. Non importa se seduti, sdraiati, in piedi, ad occhi aperti o chiusi: si chiede solo agli ascoltatori di mettersi comodi e in ascolto. Chi non ha voglia di ascoltare è libero di vagare col pensiero, purché rispetti il silenzio e il diritto degli altri di farlo.
Al termine della lettura non verranno fatte domande di comprensione per verificare chi era attento e chi no: l’obiettivo è che i bambini ritrovino la concentrazione e la calma e che si predispongano all’ascolto e al farsi guidare. È possibile commentare la trama o rispondere alle domande dei bambini, ma senza far diventare questo momento una verifica o un’interrogazione.

Tempo: 10 min
Materiali: libro
Rito finale: valutazioni

Questo rito si ripete ad ogni incontro quindi nella definizione delle attività non si specificano ogni volta tempi e materiali.

Al termine di ogni incontro verrà chiesto ai bambini di dare due valutazioni: la prima sulle attività che sono state proposte, la seconda sul loro impegno. Per la prima sono stati posti al fondo della stanza una scatola apposita e dei cartoncini verdi e rossi: ogni bambino dopo aver finito tutto deve recarsi “all’urna”, scegliere se le attività gli sono piaciute (verde) oppure no (rosso) e mettere il cartoncino corrispondente nella scatola. Per la seconda invece ogni bambino ha una sorta di “cartella” col proprio nome e i numeri da 1 a 8, come gli incontri che faremo. Per ogni incontro gli viene chiesto di autovalutare l’impegno che ci hanno messo nell’affrontare l’incontro, indipendentemente dai risultati.

Tempi: 5 min
Materiali: scatola, cartoncini rossi/verdi, cartelle per ogni bambino

La valutazione in itinere ha lo scopo di monitorare l’andamento del percorso e permette eventualmente di apportarvi delle modifiche per renderlo più appetibile e/o efficace (Torre, 2014). Questa valutazione è basata sulle osservazioni del conduttore e sulle opinioni espresse dai bambini: al termine di ogni incontro sarà chiesto loro di esprimere un’opinione (verde/rosso) in base al gradimento del lavoro/gioco proposto e si chiederà loro se hanno commenti, desideri o suggerimenti.
Questo strumento di valutazione e confronto ha lo scopo di far riflettere i bambini sull’esperienza vissuta e dare rilevanza alla loro opinione, far sentire loro che ciò che pensano conta, che il laboratorio è creato “a loro misura”. Non si fa mistero del fatto che la loro opinione serva a chi conduce per progettare meglio le attività e li si invita con serietà e sincerità a collaborare.
Le critiche o le opinioni negative sono accolte positivamente, si invitano i bambini a esporre le loro impressioni e a proporre alternative se ne hanno. È importante mostrarsi aperti e curiosi, far percepire loro che ricevere una critica non è un male, che aiuta a migliorarsi e che non viene presa sul personale. Insistere perché elaborino in maniera matura e costruttiva il loro pensiero (anche e soprattutto quello critico) è un modo per responsabilizzarli e renderli protagonisti, eventualmente anche smussando atteggiamenti apertamente oppositivi.

Regole

La scelta di non porre delle regole specifiche per il laboratorio (i classici “si alza la mano per parlare”, ecc) è dovuta a più fattori:

1) il laboratorio potrebbe essere svolto in un contesto in cui ci sono già delle regole (scuola, doposcuola, estate ragazzi, centro diurno, ecc) perciò non si vuole sovraccaricare ulteriormente i bambini ponendo paletti poco utili e di fatto quasi sempre sottintesi.
2) i bambini non sono così piccoli e dare loro fiducia, riconoscendo nella loro età la capacità di stare in maniera positiva con gli altri, può essere utile per stimolare autonomia, impegno e riconoscimento.
3) è un modo per far sentire i bambini più liberi di esprimersi e soprattutto più protagonisti e partecipi del percorso. Questo non significa permettere qualunque cosa ma dare dei rimandi più dolci e individualizzati per contenere eventuali eccessi, insistere sul rinforzo positivo piuttosto che su quello negativo.
4) porre delle regole, sia positive che negative, poteva risultare incoerente con la scelta di non assegnare punti né ricompense ma di dare spazio ai bambini nella valutazione/autovalutazione delle esperienze.

Tempi
Nella descrizione delle attività sono riportati dei tempi indicativi che si aggirano intorno ai 50-55 minuti. Gli incontri hanno una durata di 60 minuti ma si ritiene opportuno al momento della progettazione mantenere uno scarto perché le necessità e le dinamiche del gruppo potrebbero facilmente modificare la programmazione.

Musica
Durante tutti i momenti di lavoro viene messa della musica in sottofondo. È dimostrato che un sottofondo musicale di un certo tipo faciliti la concentrazione e aiuti a mantenere un clima più disteso, favorendo la concentrazione. Si scelgono brani di musica classica con andamento lento: le parole potrebbero essere fonte di distrazione, un ritmo troppo accelerato o deciso potrebbe sortire l’effetto opposto e aumentare la tensione invece di favorire la calma (Rapisarda, 2016)[3].

Programmazione degli incontri

2.2.1 Introduzione

Obiettivo smart 1: presentare il percorso, stimolare fantasia a partire dall’esperienza vissuta.

Metodo:

È importante riuscire a presentare ai bambini il percorso in maniera il più possibile accattivante, cercando di seminare curiosità e iniziare ad abbattere alcuni dei pregiudizi che potrebbero avere rispetto alla narrazione, spesso intesa solo come la scrittura di un tema in classe.
Si scelgono i dadi raccontastorie come strumento apripista perché possono risultare più interessanti in quanto oggetto da manipolare e probabilmente nuovo alla maggior parte dei bambini. Il messaggio che si vuole far passare con questa attività è che le storie possono nascere dappertutto: dalla fantasia, dagli oggetti, ma anche e soprattutto dalla nostra vita e dalle nostre esperienze. La storia raccontata ai bambini è una storia vera, una storia tratta dalla mia vita e di cui ho anche le prove per testimoniarne la veridicità: è importante nella relazione con un bambino guadagnarsi la sua fiducia e uno dei modi migliori per farlo è mostrarsi e dimostrarsi sinceri, trasparenti e coerenti. Si tratta di dadi acquistati in un negozio sulle cui facce sono rappresentati oggetti vari senza un nesso logico preciso: una banana, un gatto, un gelato, una faccia arrabbiata, una papera, ecc.
Il gioco con i dadi non vuole andare a scavare nella biografia dei bambini a caccia di episodi o significati profondi: non è questo il momento né il senso del percorso e servirebbe la collaborazione di un altro professionista. L’obiettivo è restare sulla superficie, andare a pescare i piccoli episodi della vita di un bambino che possono esser condivisi o romanzati con leggerezza. Nel caso in cui dovessero venire fuori contenuti più delicati, si cercherà di accoglierli senza la pretesa di sviscerarli col gruppo o di creare situazioni potenzialmente rischiose.
Si sceglie di non spiegare ai bambini il senso del percorso mentre compilano il questionario per non condizionare le loro risposte.
Nello spiegare il senso del percorso ai bambini si fa cenno al fatto che le attività che gli saranno proposte saranno di vario genere: singole, a coppie, a gruppi, scritte, orali, disegnando, ecc. Questo per stuzzicare la loro attenzione ma soprattutto per rassicurare i più insicuri o quelli meno bravi nella letto-scrittura.

Attività:

1) Compilazione questionario
Si chiede ai bambini di sedersi in cerchio, si dà a ognuno una copia del questionario e una penna e si chiede loro di compilarlo, senza fornire alcuna spiegazione su cosa sia e perché. I bambini possono chiedere chiarimenti solo sulle domande ma non su ciò che succederà in futuro nel contesto del lab. Si rimandano eventuali spiegazioni al momento in cui tutti avranno finito per non influenzare gli esiti.
Tempo: 10 min
Materiali: questionari, penne/matite
2) Lettura ad alta voce
3) Presentazione del percorso
Al termine della lettura si mostra ai bambini il cartellone che raffigura tutte le tappe del percorso che si affronterà insieme. Si accolgono eventuali domande o curiosità ma senza entrare troppo nel dettaglio per non anticipare le prossime attività.
Tempo: 5-10 min
4) La mia storia
Viene raccontata oralmente ai bambini una breve storia e si chiede loro se secondo loro sia vera o inventata. I bambini vengono poi divisi a coppie e ad ogni coppia vengono consegnati 1-2 dadi raccontastorie. A turno ogni bambino deve tirare il dado, lasciarsi ispirare dall’immagine emersa e raccontare all’altro qualcosa che gli è accaduto (es. esce l’immagine del gelato e io racconto di quella volta che al parco me lo sono rovesciato addosso ridendo troppo). Se al bambino non viene in mente nulla può tirare il dado di nuovo, decidere di inventare una storia nuova, mischiare eventi reali con la fantasia, non importa: ciò che conta è che ci si racconti.
Dopo aver dato sufficiente tempo alle coppie per raccontarsi, si torna in cerchio e si condividono le storie invertendo il narratore: se A ha raccontato la sua storia a B, sarà B a raccontare a tutto il gruppo la storia di A.
Tempo: 20 min
Materiali: dadi raccontastorie
5) Valutazioni
Indicatori: il bambino sembra incuriosito dal percorso? Fa domande? Riesce a seguire le spiegazioni? Come reagisce ai dadi? Riesce a raccontare al compagno almeno un aneddoto? Quando racconta sembra a suo agio? Una volta terminata l’attività, racconta come si è sentito? Almeno uno dei membri della coppia condivide col resto del gruppo? C’è complicità tra i bambini?
Valore soglia: entrambi i membri della coppia raccontano almeno un aneddoto all’altro, è ininfluente che esso sia reale o frutto di fantasia.

2.2.3 Il protagonista

Obiettivo smart 2: inventare un personaggio

Metodo:

La traccia per delineare il personaggio utilizzata nell’attività 3 serve per andare incontro ai bambini che hanno più difficoltà a strutturare una descrizione. È organizzata in domande per favorire ulteriormente coloro che hanno meno capacità rielaborative e allo stesso tempo può essere facilmente ampliata e decostruita da quelli più disinvolti e a proprio agio con la produzione orale e/o scritta.

Attività:

1) Lettura ad alta voce
2) Arricchimento lessicale
I bambini sono in cerchio, ognuno pesca una carta con una lettera, riporta la lettera su un foglio e scrive la prima parola che gli viene in mente con quella lettera. Quando il conduttore batte le mani bisogna passare il proprio foglio al compagno sulla sinistra e scrivere sul foglio ricevuto una parola che inizi con la lettera corrispondente. Si fa tutto il giro finché ad ognuno ritorna il proprio foglio.
Tempo: circa 1 min/bambino
Materiali: carte con lettere, fogli, pennarelli
3) Protagonista
Ognuno deve inventare un personaggio e descriverlo utilizzando più parole possibili che inizino con la lettera che ha pescato. Può utilizzare le parole raccolte nell’attività precedente come spunto o inventarne altre. A disposizione c’è anche una traccia scritta per impostare la descrizione del personaggio. Non viene chiesto ai bambini di scrivere la descrizione ma di trovare una strategia per organizzare il loro racconto e saperlo poi raccontare oralmente: si può scrivere un testo completo, prendere appunti, rispondere alle domande, fare degli schizzi, tenere tutto a mente.
Tempo: 20 min
Materiali: fogli, traccia descrizione, pennarelli
4) Registrazione e condivisione
Quando hanno finito a turno i bambini escono dalla stanza e registrano la loro descrizione tramite una nota audio sul telefono di un adulto. Le descrizioni vengono poi ascoltate tutte insieme come se fosse una sorta di audiolibro.
Tempo: circa 2 min/bambino
Materiali: un telefono/registratore, casse bluetooth
5) Valutazioni
Indicatori: il bambino capisce la consegna? Se non ha capito, fa domande? Riesce a scrivere almeno una parola per ogni lettera proposta? È autonomo o ha bisogno del supporto di un adulto? Una volta lasciato solo, riesce a lavorare in autonomia? Identifica la sua strategia per organizzare il lavoro? Rispetta la consegna? Riesce a integrare gli elementi che ha o ne usa altri? È in imbarazzo nel registrare la propria voce? Legge o improvvisa? Chiede di rifare la registrazione se ha difficoltà? Come reagisce riascoltandosi?
Valore soglia: il bambino riesce a inventare un personaggio e condividerlo col gruppo, è indifferente la lunghezza della descrizione.

2.2.3 Gli altri personaggi

Obiettivo smart 3: scrivere una storia in gruppo, a partire da un personaggio dato

Metodo:

I personaggi proposti sono inventati e ricordano figure negative classiche della narrazione tradizionale. Ad ognuno di essi è però associata una caratteristica che li rende più umani o che spiega la loro negatività, ad esempio un mostro antipatico che vive sul fondale del Po e non ha mai avuto un amico; un malvagio drago sputafuoco innamorato (non corrisposto) di una fatina; lo stregone più cattivo del mondo che ha sempre il mal di denti, eccetera.

Attività:

1) Lettura ad alta voce
2) Buoni o cattivi?
Si dividono i bambini in gruppi di 2-3 e ad ogni gruppo viene assegnata una carta con un personaggio. Ogni gruppo deve inventare una storia e scriverla. Si incoraggiano i bambini a scrivere storie anche molto lunghe e a raffigurarle se lo desiderano.
Tempo: 20-25 min
Materiali: carte con i personaggi e le loro caratteristiche, fogli, pennarelli
3) Condivisione
In cerchio, si leggono le storie inventate e si commentano
Tempo: 10-15 min
Materiali: le storie scritte
4) Valutazioni
Indicatori: il gruppo lavora capisce la consegna? Tutti i membri riescono ad esprimere la propria opinione? Sembrano a loro agio nel lavoro di gruppo? Si divertono? È necessaria la mediazione di un adulto? Riescono a spartirsi i compiti? Alla fine sono desiderosi di condividere la loro storia con gli altri? Sono soddisfatti?
Valore soglia: il gruppo riesce a inventare e scrivere una storia originale.

2.2.4 Dove e quando

Obiettivo smart 4: descrivere un luogo

Metodo:

Anche in questo caso si parte dal presupposto che il tema della “descrizione” sia già stato o sarà presto trattato a scuola quindi si cerca di proporre ai bambini un punto di vista diverso. Anche in questo caso non importa che il luogo raccontato sia reale o immaginario, l’obiettivo è allenarsi a visualizzare uno spazio e provare a trovare le parole per condividerlo con gli altri.
Per questo incontro si propongono attività diverse, basate su principi e input diversi. La scelta di quale attività possa essere più adeguata dipende dall’idea del gruppo che si è fatto il conduttore, dall’andamento delle attività precedenti e dalle risposte dei bambini. Se il gruppo è particolarmente collaborativo si può anche decidere di farli scegliere tra i due percorsi. Il primo è costituito dalle attività 2 e 3, che vanno fatte insieme e che insistono più su attenzione e comunicazione. Quanto è difficile spiegare quello che si ha dentro, quanto può essere complicato farsi capire? È abbastanza immediato percepire la difficoltà di queste azioni già per un adulto, figuriamoci per i bambini.
L’attività 2 ha lo scopo di allenare questa competenza proponendola sotto forma di gioco, ponendo i bambini come narratori e ascoltatori e chiedendo poi loro in quali vesti si siano trovati più a loro agio. L’attività 3 si pone in continuità ma sposta il focus dall’ascolto all’osservazione: per la buona riuscita del gioco son necessarie attenzione e concentrazione, che a volte nella vita di tutti i giorni passano in secondo piano perché siamo troppo presi da altri stimoli. Queste due attività non tengono conto del fattore tempo, sul quale eventualmente si può fare un discorso al termine dei giochi.
L’attività 4 invece è più adatta a gruppi con una soglia di attenzione più bassa e/o con una maggiore necessità di lavorare in gruppo. In questo caso l’obiettivo è che i bambini riescano a mettere in comune le loro idee e che trovino un modo creativo per rappresentare il proprio luogo. Il riferimento al tempo qui è più chiaro ma comunque molto ampio e soggetto a interpretazioni: è bene sapere che una storia va collocata in un tempo preciso ma si decide di non insistere troppo su questo aspetto per non sovraccaricare i bambini di stimoli e lasciare più spazio alla loro libera interpretazione.

Attività:

1) Lettura ad alta voce
2) A orecchie aperte
A coppie, un bambino deve immaginare un luogo e, tenendo gli occhi chiusi, descriverlo all’altro, che deve disegnare cercando di essere il più possibile fedele al racconto dell’altro, senza poter fare domande. Allo scadere del tempo i ruoli si invertono.
Alla fine si chiede a chi raccontava se il disegno è coerente con ciò che aveva immaginato e si riflette insieme sulle difficoltà incontrate per gli uni e gli altri.
Tempo: 15-20 min (cambio ogni 7-10)
Materiali: fogli, matte colorate/pennarelli
3) A occhi aperti
I bambini si mettono in fila seduti per terra, ognuno con un foglio davanti e distanziati di circa un metro. Il primo della fila inizia a disegnare un luogo semplice, con tratti ampi e lenti, gli altri devono copiare il disegno ma ognuno può guardare solo dal foglio della persona alla sua destra. Alla fine si mettono a confronto il primo e l’ultimo disegno e si ragiona su cosa è successo, quali capacità abbiamo stimolato, quali differenze ci sono tra il primo e l’ultimo disegno e perché.
Tempo: 15-20 min (si possono fare più giri cambiando disegnatore)
Materiali: fogli, matite colorate/pennarelli
4) Mondi paralleli
I bambini vengono divisi in tre gruppi e ad ogni gruppo viene assegnato un tempo (passato, presente o futuro). Ogni gruppo deve inventare un luogo, un mondo o un’ambientazione coerente col tempo che ha assegnato e dipingerlo su un grande cartellone.
Alla fine si presentano i disegni, si raccontano i mondi e ci si confronta sulle difficoltà e le ricchezze del lavoro di gruppo.
Tempo: 30-35 min
Materiali: fogli grandi/cartelloni, matite/pennarelli/acquerelli
5) Valutazioni
Indicatori: il gruppo riesce a lavorare in armonia? Ogni bambino riesce a esprimere la propria opinione? Riescono a creare qualcosa di originale mettendo insieme le idee? Come organizzano il lavoro? Si dividono i compiti o ognuno lavora da solo? È necessaria la mediazione o la spinta di un adulto? Come sono mentre disegnano?
Valore soglia: ogni gruppo riesce a portare a termine il disegno e spiegarlo agli altri.

2.2.5 Avventuriamoci

Obiettivo smart 5: sperimentare la narrazione teatrale

Metodo:

È importante specificare ai bambini che possono mettere in scena la loro storia come vogliono: recitare, improvvisare, mimare, leggere, con un solo narratore e più attori o viceversa. Per andare in scena inoltre non servono solo attori ma anche registi, sceneggiatori, scenografi: far presente ai bambini che esistono più ruoli e più possibilità di essere protagonisti è un buon modo per dare spazio alla capacità di chiunque, far sentire tutti utili e non lasciare che i più timidi o introversi rimangano ai margini o si inibiscano eccessivamente.
Lasciare che utilizzino lo spazio e gli oggetti nella stanza per arricchire la rappresentazione.

Attività:

1) Lettura ad alta voce
2) Tutti in scena
I bambini vengono divisi in gruppi abbastanza numerosi (meglio dai 4 in su). Si racconta a tutti l’incipit di una storia, poi ogni gruppo deve inventare uno svolgimento e un finale e metterli in scena.
Tempo: 30-40 min
Materiali: fogli e penne se servono, spazio. Se nella stanza sono presenti oggetti che i bambini possono utilizzare per lo spettacolo bene, altrimenti si spingerà affinché usino la fantasia, il mimo o le parole.
3) Valutazioni
Indicatori: c’è subito intesa nel gruppo? I bambini sembrano a loro agio? Qualcuno si oppone alla consegna? Perché? Riescono a trovare una mediazione? Ognuno riesca a ritagliarsi uno spazio nel gruppo e/o ad esprimere la sua opinione? Si danno dei ruoli predefiniti? Come organizzano lo spettacolo? Sono tutti scena? Chi non è in scena, come si comporta? Chi è in scena, sembra a suo agio? È necessario il sostegno di un adulto? Le idee sorgono spontanee?
Valore soglia: ogni gruppo riesce a modo suo a mettere in scena una storia.

2.2.6 Come si costruisce una storia

Obiettivo smart 6: inventare una storia a più mani

Metodo:

L’utilizzo del filo per creare un collegamento tra i bambini è un modo per far visualizzare il senso dell’attività: tutti sono parte di un intreccio, raccontare è condividere, contaminare, incontrare.
Probabilmente al momento della condivisione si sentiranno commenti come “Quella era la mia storia!”. È importante spiegare ai bambini che le storie non sono oggetti, che non sono un possesso di chi le ha iniziate, ma che sono un patrimonio comune costruito da più menti e condiviso con più e più persone, ognuna delle quali la vivrà a modo suo.
Non è importante quanto ogni bambino scriva, purché dia un su contributo: può bastare una frase, un dettaglio, volendo anche un piccolo disegno. L’obiettivo è unire le idee, arricchire il lavoro altrui, non è questione di performance. In questo modo anche quelli più insicuri nella letto-scrittura o più lenti nell’inventare, dovrebbero essere rassicurati e a loro agio.

Attività:

1) Lettura ad alta voce
2) Storie a catena
Si dispongono i tavoli a quadrato con un vuoto nel mezzo e i bambini si siedono all’esterno. Si dà un gomitolo di filo al primo, che deve lanciarlo ad un compagno che non sia direttamente accanto a lui; chi riceve fa lo stesso verso un terzo bambini. Si va avanti così finché non si crea una rete che tocca tutti i bambini, poi ognuno attacca con lo scotch il capo del filo davanti a sé (vedi fig.9-10). Si danno un foglio e una penna a testa. A partire dal via, i bambini avranno intervalli di 10 minuti durante i quali scrivere. Quando verrà dato il cambio, il loro foglio dovrà seguire il filo e passare al compagno successivo. Verranno dati 3 cambi, che corrispondono a 3 intervalli e alle 3 fasi di una storia: inizio, svolgimento e fine. Ogni bambino riceverà la storia di un altro e dovrà continuarla in maniera coerente, per poi passarla al compagno successivo.
Tempi: 5 + 30 min
Materiali: fogli, penne, gomitolo, scotch
3) Condivisione delle storie: si leggono le storie tutti insieme
Tempi: 10 min
Materiali: storie appena scritte
4) Valutazioni
Indicatori: il bambino sembra a suo agio? Ha bisogno di tempo o inizia subito a scrivere? Quanto scrive? Osserva i compagni prima di iniziare/mentre scrive? Chiede l’aiuto dell’adulto? È coerente con ciò che hanno scritto i compagni prima di lui? Riesce a capire ciò che ha scritto l’altro? Riesce a leggere o chiede aiuto? Riesce a scrivere o chiede aiuto? Se chiede aiuto, sembra a suo agio? Ha paura di “rovinare” la storia del compagno? Chiede aiuto? È in imbarazzo? Fa domande al compagno precedente? Riesce a individuare un finale? Sceglie un finale più “classico” o cerca il colpo di scena? Rispetta i tempi dati? Come reagisce durante la condivisione? Rivendica il proprio lavoro?
Valore soglia: ad ogni turno il bambino riesce a contribuire con almeno una frase.

2.2.7 Ad ognuno la sua storia

Obiettivo smart 7: inventare una storia individualmente

Metodo:

Per facilitare i bambini nell’individuare lo strumento narrativo a loro più congeniale, si può utilizzare il cartellone del percorso utilizzato nel primo incontro: ripercorrere tutte le tappe, le attività svolte e i modi “allenati” di raccontare può aiutare i bambini a mettere a fuoco ciò che hanno preferito o il mezzo col quale si sentono più a loro agio.
È bene fare anche una breve e semplice ricapitolazione degli elementi necessari per scrivere una storia: protagonista, antagonista, avventura/ostacolo/problema da risolvere, conclusione. Gli elementi ricapitolati sono così pochi perché non si pretende che i bambini rispettino schemi o criteri definiti: lo scopo è dare delle linee guida basilari a coloro che più facilmente possono sentirsi in ansia o spaesati davanti al compito, non creare ansia da prestazione e/o condizionare eccessivamente il lavoro dei singoli. Per dare dei punti di riferimento si possono utilizzare degli schemi riassuntivi fatti insieme ai bambini.
Ben venga se qualcuno individua o inventa un nuovo modo di raccontare e lo mette in pratica: l’unico mandato è che ognuno inventi e racconti una storia, non importa quale e come.
Se qualcuno è particolarmente in difficoltà, è possibile fargli delle proposte basandosi sulle osservazioni fatte negli incontri precedenti (ad esempio se si è notato che il bambino era a suo agio col disegno, gli si può suggerire di usare quel mezzo espressivo).
Dal momento che si lascia carta bianca ai bambini sullo strumento da usare, è bene mettere loro a disposizione quanto più materiale possibile, sia tra quelli già utilizzati (ad es. i dadi) che delle novità (ad es. riviste da ritagliare, cartelloni, strumenti tecnologici se possibile).

Attività:

1) Lettura ad alta voce
2)Una storia per uno
Ogni bambino deve inventare una storia da solo e scegliere come raccontarla
Tempi: 30 min
Materiali: fogli, penne, pennarelli, matite, forbici, colla, giornali, ecc
3) Condivisione
In cerchio, vengono invitati tutti i bambini a condividere con gli altri la propria storia. Non si obbliga nessuno ma si sottolinea l’importanza della condivisione ora che siamo alla fine per percorso.
Tempi: 10 min
Materiali: storie appena inventate
4) Valutazioni
Indicatori: il bambino individua facilmente la tecnica narrativa che preferisce? Ne inventa di nuove rispetto a quelle sperimentate? Cambia idea spesso sulla tecnica e/o sui contenuti? Chiede aiuto all’adulto? Chiede conferme mentre lavora? Riesce a portare a termine il lavoro in modo coerente? Riesce a finire nei tempi stabiliti? Sembra soddisfatto? Decide di condividere col gruppo?
Valore soglia: ognuno riesce a inventare e concretizzare (disegno, testo, registrazione, ecc) la propria storia; non è rilevante se decida di condividerla o meno col gruppo.

2.2.8 Gran finale

Obiettivo smart 8: riflettere sull’esperienza

Metodo:

Essendo ormai giunti al termine del percorso, tanti modi di fare e di stare dovrebbero ormai essere acquisiti. Nel ricordare le attività già svolte, è importante dimostrare di ricordarle, di ricordare anche dettagli del lavoro dei singoli, metterne in luce i bei risultati.
La conclusione è anche il momento per approfondire il discorso sui significati: chiedere ai bambini a cosa pensano che sia servito il laboratorio e le singole attività, quali hanno preferito, se secondo loro sono servite.
È importante ritagliare uno spazio per invitarli a riflettere sulle loro schede di autovalutazione: cosa ne pensano di ciò che hanno fatto? Si ricordano come sono stati? Hanno fatto del loro meglio? Perché? Avrebbero voluto avere dei “voti” o hanno preferito così? Secondo loro a cosa è servito? Gli era mai successo di doversi autovalutare?

Attività:

1) Lettura ad alta voce
2) Il nostro libro
Ad ogni bambino viene consegnato un plico con tutte le storie scritte dal gruppo nel corso dell’intero laboratorio. Ognuno deve disegnare la copertina del suo/nostro “libro”, poi i fogli vengono bucati e chiusi con un nastro.
Tempi: 10-15 min
Materiali: una copia a bambino di tutte le storie, cartoncini colorati, pennarelli e/o matite, bucatrice, nastro/filo/spago
3) La cerimonia delle stelle
A partire dal cartellone con tutto il percorso, si fa tutti insieme una sorta di riepilogo di tutto il percorso, con i temi affrontati, le attività svolte e i momenti salienti. Ad ognuno viene poi consegnata una stella di cartoncino: su un lato va messo il proprio nome, sull’altro la cosa che ha apprezzato di più del laboratorio. Le stelle vengono poi “stese” tutte insieme su un filo teso e si leggono insieme.
In questa occasione vengono riconsegnate ai bambini le loro schede di autovalutazione, si chiede loro di osservare il proprio andamento e se ne discute insieme.
Tempi: 20 min
Materiali: una stella di cartoncino per ogni bambino, pennarelli/penne/matite, un filo lungo, scotch, graffette
4) Questionario
Riproporre ai bambini il questionario che avevano compilato durante il primo incontro, con alcune domande in più.
Tempi: 5-10 min
Materiali: questionari, penne
Indicatori: il bambino ricorda le attività fatte? Dimostra di averne colto il senso? Disegna la copertina del suo libro? Sembra incuriosito e/o soddisfatto? Cerca i testi che ha scritto lui? Riesce a identificare l’attività che ha preferito? Si concentra per compilare il questionario? Ha bisogno di aiuto? Cosa ne pensa del proprio percorso? Si ricordava del questionario? Ha bisogno di aiuto per compilarlo?
Valore soglia: ogni bambino conclude il suo libro con la copertina che desidera (anche vuota) e identifica un’attività preferita.

2.5 Valutazione

La valutazione del laboratorio si basa su più elementi.

Le valutazioni che danno ogni volta i partecipanti votando rosso/verde e le opinioni che esprimono (se lo desiderano) al momento della chiusura dell’incontro. Questa valutazione è utile soprattutto per capire se le singole attività proposte risultano accattivanti/divertenti per i bambini oppure no. Questo strumento ha il vantaggio di essere immediato e anonimo, ma potrebbe essere influenzato facilmente da condiscendenza (“voto verde così l’adulto è contento”) o provocazione (“voto rosso per fare un dispetto”).
Il confronto tra le risposte al questionario, compilato prima di iniziare il laboratorio e al termine del percorso. Nell’analizzare le risposte va tenuto conto che svariati fattori potrebbero avere influito durante la compilazione (distrazione, noia, incomprensioni, ecc) ma dal momento che il focus è sulla percezione che il bambino ha di sé, è comunque ritenuto uno strumento di valutazione valido. Sta all’educatore cercare di far comprendere ai bambini l’importanza di rispondere in maniera sincera e attenta.
L’osservazione di ogni incontro. Al termine del percorso è possibile, attraverso le osservazioni, fare una panoramica dell’andamento generale del progetto, sia dei singoli che come gruppi, per identificare punti di forza, debolezze e cambiamenti. Si tiene conto del fatto che l’osservazione potrebbe essere influenzata dalla soggettività di chi scrive.
Le schede di autovalutazione dei singoli, utili soprattutto per fare un confronto tra ciò che è stato osservato, come ha lavorato il bambino e come dichiara di essersi percepito. Questo strumento è pensato per stimolare l’autoriflessione e l’autoconsapevolezza, cercando di andare oltre l’idea di valutazione dall’alto ma invitando il bambino a guardarsi e ascoltarsi . Va tenuto conto che, anche in questo caso, distrazione, fretta o disinteresse potrebbero influenzare l’atteggiamento nel rispondere.
Per poter trarre delle conclusioni, sia sull’efficacia complessiva del percorso che sul riscontro sui singoli, sarà necessario mettere insieme tutti i dati raccolti e saperne fare una sintesi. Sono stati individuati e progettati più strumenti valutativi con l’idea che, mettendoli insieme, sia possibile compensarne i limiti specifici e avere una visione globale più ricca e oggettiva possibile.

2.6 Ricadute applicative

Il percorso è adatto a svariati contesti educativi per minori: scuola, doposcuola, centri diurni, estate ragazzi.
Uno dei principali vantaggi di questo percorso è la sua adattabilità: in base alle necessità e soprattutto all’andamento del gruppo, è possibile modificare le attività per renderle più efficaci. Questo non significa ovviamente snaturare il percorso o allontanarsi dagli obiettivi generali, ma essere pronti a mettersi in discussione e trovare strade nuove per raggiungere la stessa meta.
Essendo un laboratorio costruito per i bambini e con loro, è fondamentale in primis che loro ne siano soddisfatti. Chiedere così spesso cosa ne pensino delle attività e se abbiano suggerimenti è il primo modo, e anche il più immediato, per coinvolgerli direttamente nella progettazione. Questa elasticità mentale e pratica a mio avviso è la forza di questo lavoro: cucire per i suoi destinatari l’abito migliore, non perché sia più bello il vestito ma perché loro se lo sentano addosso il meglio possibile.

[1] file:///C:/Users/demo/Downloads/196-742-1-PB.pdf
[2] https://www.miur.gov.it/documents/20182/51310/DM+254_2012.pdf/1f967360-0ca6-48fb-95e9-c15d49f18831?version=1.0&t=1480418494262
[3] http://www.formazionepsichiatrica.it/1-2016/4%20Rapisarda%20-%20CENNI%20SULLA%20MUSICOTERAPIA.pdf
 

BIBLIOGRAFIA

Antonietti, A. (n.d.). Il pensiero creativo. Appunti sullo studio psicologico degli aspetti cognitivi della creatività. Erickson Portale Internet
Atkinson & Hilgard (2009). Introduzione alla psicologia. Piccin Nuova Libraria S.p.A. (Originariamente pubblicato nel 2009)
Bettelheim, B. (1977). Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe. Feltrinelli Editore. (Originariamente pubblicato nel 1975)
Biagini, E. (n.d.). Le forme della narrazione. In Frabboni, F., Maragliano, R., Vertecchi, B. (1985). La narrazione. Fare scuola/1 (pp. 11-25). La Nuova Italia Editrice
Casolo, F., Melica, S. (1996). Il corpo che parla. Comunicazione ed espressività nel movimento umano. Vita e pensiero
Chirico, G. (2019). Mi racconti una storia? Perché narrare fiabe ai bambini. Meltemi Linee
Domenici, G. (n.d.). Valutazione e autovalutazione come risorse aggiuntive nei processi di istruzione. Education Sciences & Society
Fabietti, U. (2010). Elementi di antropologia culturale. Mondadori Università
Galuppi, E. (n.d.). L’arte narrativa del disegno infantile.
Garzone, F. (Cur). (2017). Un nuovo mondo per una nuova educazione? L’educazione alla sostenibilità nell’equilibrio uomo natura. Storia dei Modelli Pedagogici e delle Istituzioni Assistenziali. Università degli Studi di Torino
Gobo, G. (1999). Le note etnografiche: raccolta e analisi. Quaderni di Sociologia, 21.
Goleman, D. (2013). Focus. Perché fare attenzione ci rende migliori e più felici. Edizione Mondadori Direct S.p.A.
Gottschall, J. (2012). L’istinto di narrare. Come le storie ci hanno reso umani. Bollati Boringhieri
Marciano, G. (n.d.). Elettività del’arteterapia in età evolutiva. Arti terapie, Studi e ricerche, 5-8.
Miller, B. (2013). Antropologia culturale. Pearson Education Inc
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Cur.). (2012). Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione. Annali della Pubblica Istruzione, Numero speciale, Anno LXXXVIII
Oliva, G. (2015). Le arti espressive come pedagogia della creatività. Scienze e ricerche, N.5, 45-51
Parsi, R.P. (2017). Generazione H. Piemme Editore
Pontremoli, A. (2015). Elementi di teatro educativo, sociale e di comunità. UTET Università
Portis, L. (Cur.). (2018). Andata e ritorno. Percorsi tra genitori e figli. ANANKE lab s.c.
Propp, V. (1966). Morfologia della fiaba. Einaudi Editore. (Originariamente pubblicato nel 1928)
Rapisarda, V. (2016). Cenni sulla musicoterapia. Formazione Psichiatrica, Gennaio-Giugno 2016
Rodari, G. (1973). Grammatica della fantasia. Einaudi Ragazzi
Scuderi, A. (2007). Creatività e approccio narrativo. M@GM@, vol.5, n.2.
Sermig – Fraternità della Speranza (Cur.). (2019). Una sabbia di castello. Priuli &Verlucca
Severi, I., Tarabusi, F. (Cur.). (2019). I metodi puri impazziscono. Strumenti dell’antropologia e pratiche dell’etnografia al lavoro. Licosia
Torre, E.M. (2014). Dalla progettazione alla valutazione. Modelli e metodi per educatori e formatori. Carocci Faber
Trinchero, R. (2004). I metodi della ricerca educativa. Editori Laterza
Vygotskij, L. (1967). Immaginazione e creatività nell’età infantile. Copyright Editori Riuniti. (Originariamente pubblicato nel 1930)
Zingarelli, N. (2001). Espressione. Lo Zingarelli minore (p. 383). Zanichelli, edizione Terzo millennio

SITOGRAFIA

www.aepcis.it
www.analisiqualitativa.com
www.arteterapia.it
www.edartes.it
www.erickson.it
www.formazionepsichiatrica.it
www.miur.gov.it
www.musicoterapia.it
www.pbworks.com
www.riviste.unimc.it
www.treccani.it
www.wikipedia.it

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok