Brasile: tutto il bene possibile

Pubblicato il 12-07-2011

di Lorenzo Nacheli

L’Arsenale della Speranza, nella metropoli di San Paolo, non è solo un letto pulito, un piatto pieno e un po’ di scuola. È slancio di evangelizzazione che ha come protagoniste, insieme alla Fraternità della Speranza, le persone accolte.
 
UN PAESE CHE CORRE
Mi chiamo Lorenzo, ho 36 anni e da nove vivo a San Paolo del Brasile, all’Arsenale della Speranza. Per raccontare come evangelizza un missionario del Sermig, penso sia importante iniziare dalla bontà. La nostra Regola dice che “I buoni non sono mai stranieri, in nessuna parte del mondo” e che “per essere segno visibile della Sua bontà” dobbiamo andare “con la volontà di fraternizzare con gli amici che incontriamo, senza perdere la nostra identità e vivendo la fedeltà alla missione universale della Chiesa”.

foresta che cresceQuesto bagaglio, il tempo e la Fraternità della Speranza mi hanno aiutato a capire un po’ la grande città in cui vivo, la sua gente e questo Paese. Ogni volta che un amico italiano mi chiede “Com’è il Brasile?”, verrebbe spontaneo rispondere: “Di quale Brasile stiamo parlando?”. Ce ne sono tanti e molto diversi tra loro... In generale si può dire che è un Paese che sta cambiando, che pensa ancora di essere Terzo Mondo ma che, soprattutto negli ultimi anni, ha messo in piedi strutture ed istituzioni spesso ben più agili e capaci di quelle che qui chiamano (idealizzandole) del Primo Mondo. C’è una grande voglia di crescere, di studiare, di fare tutto il possibile per salire su un treno che, pur mantenendo i suoi macro-difetti, viaggia sempre meglio: è forse questa, se si può dire così, la religione del Brasile di oggi.

Le giovani generazioni sono forzate a correre come non mai, la normalità è uscire di casa alle cinque del mattino per andare a scuola e, dopo la lezione, affrontare due ore di traffico per raggiungere il posto di lavoro, otto ore che servono a malapena a pagarsi la facoltà, l’affitto e magari un corso serale e, finalmente, il rientro a casa, a notte inoltrata. Seppur in modo diverso, questa situazione accomuna le diverse classi sociali della metropoli paulista. Anche gli ospiti dell’Arsenale vanno in giro tutto il giorno a cercar lavoro e quando rientrano la sera studiano, per completare le scuole elementari.

foresta che cresceUn’altra caratteristica del Brasile è che ti abitui a sentir parlare di Dio ad ogni angolo, alla televisione, nelle radio... C’è sempre qualcuno pronto ad evangelizzarti, a convincerti che il suo Dio è meglio di un altro, a chiamarti nella sua chiesa. Per le strade vedi facilmente un garage trasformarsi in tempio, grandi costruzioni coniugano il nome di Gesù in tutte le salse, adesivi sui parabrezza ti ricordano che Dio è fedele... Ma il punto è: chi, in questo Brasile versione tigre sudamericana, ha ancora il tempo per pensare a Dio?
LA FORESTA CHE CRESCE
Quando sono entrato al Sermig ho scelto di far parte di una Fraternità nella Chiesa, che cerca di aderire a Gesù con amore, un amore che desidera creare vicinanza con tutti e far nascere, in ognuno, l’impegno a trasformare la realtà dove vive, qualunque essa sia. La nostra realtà e la nostra gente sono le migliaia di persone che ogni giorno varcano il portone della nostra casa, la nostra comunità parrocchiale, l’immensa arcidiocesi ed infine tutti i giovani (e non) che desiderano confrontarsi con l’esperienza dell’Arsenale.
Insieme a loro, in occasione della visita di Benedetto XVI in Brasile (maggio 2007), abbiamo inventato la Foresta che Cresce, una nuova iniziativa che parte dal mettersi a disposizione per fare del bene: normalmente si tratta di azioni concrete di solidarietà, fatte in piccoli gruppi, rivolte ad altre realtà di accoglienza, alle scuole, agli ospedali, alle carceri e, più in generale, alla cittadinanza. Sta diventando il nostro modo di evangelizzare, con dei gesti, la città. È la scuola dell’Arsenale di Torino - quella dei cubetti ripuliti, dei mattoni recuperati col sudore e la bellezza di fare le cose insieme, gratis, per gli altri... L’abbiamo solo inculturata, cercando di farci comprendere. Uno degli aspetti più belli e significativi è che lo stiamo facendo con le persone accolte nella nostra casa, che all’inizio della loro permanenza non hanno altro in testa se non il sopravvivere.
foresta che cresce

Una piccola équipe lavora per stabilire i contatti ed organizzare le uscite: per andare in un asilo, per esempio (le strutture pubbliche sono spesso fatiscenti), si tratta di presentare l’Arsenale e l’iniziativa, ascoltare le necessità, predisporre i materiali (pennelli, tinta, strumenti di giardinaggio...) e, dov’è possibile, stimolare anche la preparazione di un piccolo incontro con i bambini. In questo modo, solo nel 2008, abbiamo promosso oltre cento azioni, cui hanno partecipato più di seicento persone.

È uno sforzo considerevole, voluto e costante, perché l’Arsenale è già di per sé una grande nave, ma queste piccole scialuppe, che almeno due volte la settimana vengono calate in mare, hanno di certo cambiato il volto della casa e, ne siamo sicuri, seminato segni di speranza nella città.

ESSERE “BUONA NOTIZIA”
Se qualche anno fa l’accoglienza era dare un letto, da mangiare e una scuola nella massima dignità, la Foresta che Cresce oggi offre ai nostri ospiti le basi per crescere come persone, riconciliarsi un po’ con la vita e la società e, perché no, assimilare quegli atteggiamenti che non puoi scrivere su un curriculum, ma che un buon datore di lavoro sa captare all’istante. Questo ha contribuito a consolidare un’atmosfera che chi è venuto a trovarci ha potuto respirare
Chi arriva dall’Italia, dal Giappone o dagli Stati Uniti resta a bocca aperta: una casa bella in cui vengono accolti non uomini di strada, ma persone, e anche se loro stessi si considerano spesso pezzenti o barboni, noi stiamo accogliendo persone. Dom Luciano Mendes lo sottolineava quando arrivava al mattino presto o la sera tardi: “Che bello venire qui all’Arsenale!”.
foresta che cresceLe persone ci osservano passare per strada: una decina di noi puliscono le strade, tre o quattro sventolano le bandiere della pace e altri distribuiscono un piccolo volantino su cui c’è scritto: “Siamo amici dell’Arsenale della Speranza col desiderio di CAMBIARE IL MONDO... Stiamo facendo tutto il bene che ci è possibile, aiutando case di accoglienza, raccogliendo alimenti, donando sangue e visitando i malati e i carcerati. Se vuoi, puoi incontrarci tutti i martedì sera al nostro incontro di preghiera e formazione”. Questo per noi è evangelizzare (in un modo laico e in un modo religioso). Molti dei forzati a correre ti guardano con l’aria di chi non ha mai visto nulla del genere; quelli che si fermano un attimo, si entusiasmano: se fosse anche solo per un istante, sarà comunque il ricordo di un fatto positivo, una goccia d’acqua che prima o poi calmerà la sete. Poi, come sempre, dipende dalla voglia di mettersi in gioco.
Infine, convogliamo tutto nella preghiera del martedì e lo divulghiamo con un video di cinque minuti, ben confezionato: abbiamo notato che i nostri ospiti, ma non soltanto loro, hanno bisogno di sentirsi protagonisti e se l’immagine di quello spiazzo che prima era un disastro ora mostra un giardino, è perché noi stiamo cambiando! Questi video sono diventati il biglietto da visita per presentarci ai gruppi di giovani che vengono a farci visita o che ci invitano nelle loro comunità: il linguaggio delle immagini e della musica (ormai più forte di mille parole) apre un canale di comunicazione, di emozione, suscita delle domande...

A quel punto le risposte (se ci sono) possono diventare delle proposte: la Foresta che Cresce, che ho cercato di raccontarvi, è solo una delle tante strade (ancora molto da esplorare) che percorriamo per far vedere che il bene può essere e va fatto, che è una scelta di vita (non solo per gli altri) e che per alimentarlo e alimentare la nostra vita abbiamo bisogno di farci un’esperienza di Dio. 

di Lorenzo Nacheli
da Nuovo Progetto ottobre 2008

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