Detto fatto

Pubblicato il 24-01-2021

di Ernesto Olivero

Padre Paolo, il mio padre spirituale, uomo santo, ascetico, mi aveva dato il mandato: “Va pure, Dio ti accompagna, ma comanda tu”. Quel “comanda tu” voleva dire: portate il vostro metodo.

Il mio primo grande maestro si chiama Giorgio Ceragioli. Quando parlo con lui lo chiamo maestro buono. Già nel ’60 insegnava che per eliminare il divario tra mondi diversi, i cosiddetti primo, secondo, terzo e quarto mondo, bisognava portare la tecnologia più avanzata, altrimenti il divario tra nord e sud sarebbe stato sempre più incolmabile. Quella “lezione” mi entrò dentro.

A Torino avevamo cominciato ad accogliere il popolo della notte con molta dignità. Abbiamo cominciato con uno, due e siamo arrivati presto a 200. Quello che avevamo fatto a Torino l’avremmo potuto fare anche a San Paolo: un letto arredato con materasso, coperte, lenzuola e cuscino. Servizi igienici adeguati. Amici della fraternità pronti nell’accoglienza, nel dialogo. A Torino, se un amico ospite di notte stava male, subito un amico dottore al suo capezzale. A San Paolo avremmo ereditato un’accoglienza di 100, 120 ospiti, gestita da 170 funzionari. Non è stato difficile trovare nella comunità gli amici giusti che avrebbero varcato l’oceano, amici buoni, ubbidienti, tosti, fedeli. Ma le avventure di Dio hanno sempre l’imprevisto, e le difficoltà che abbiamo trovato sono state degne di un’avventura di Dio.

La casa, la Hospedaria dos Imigrantes che ci era stata proposta non era più disponibile; non sapevamo dove andare a dormire. Difficoltà impossibili, ma, quando non ci restava che piangere e tornarcene a casa, ci siamo detti: “qui ci manda Dio e da qui non ci muoviamo, Dio non fa fare brutte figure”. Sì, è proprio così. Nelle telefonate che si moltiplicavano tra Torino e San Paolo, nascondevamo tutto: “qui va tutto bene, tutto procede bene, anzi per il meglio, ma continuiamo a pregare”. La disperazione che incontra la preghiera diventa fede; improvvisamente, tutti i no diventano sì. Il 22 febbraio del 1996 entriamo all’Arsenale della Speranza: questo è il nome che abbiamo subito dato alla casa. Abbiamo costituito una cooperativa con 65 amici brasiliani. La base erano gli amici della parrocchia di San Rafael, con i quali da alcuni anni ci incontravamo nella preghiera e con i quali avevamo condiviso alcuni progetti realizzati in Brasile. Con loro siamo partiti. Insieme a loro, in poco tempo, i 100 amici ospiti sono diventati 300, poi 400 e poi si è avverato quello che il 12 dicembre 1995 - giorno della festa della Madonna di Guadalupe patrona dell’America Latina - avevo detto: che entro il 2000 avremmo accolto 1000 persone. Non so chi credeva a questo sogno. So che insieme a dom Luciano vi abbiamo subito creduto. È stato detto? È stato fatto! 

Ernesto Olivero

dal libro "Il lungo cammino verso Dio"

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