Corriere della sera: Una crisi mai vista prima - Intervista a Ernesto Olivero

Pubblicato il 11-03-2021

 

CORRIERE DELLA SERA - giovedì 11 marzo 2021
Intervista a Ernesto Olivero di Marco Castelnuovo

Una crisi mai vista prima. Servono subito scelte forti contro le diseguaglianze

«Ieri ho fatto il vaccino contro il Covid 19. L’ho accolto con amore e gratitudine, pregando perché tutti lo abbiano al più presto. Ora fa parte del mio corpo, che ha delle difese in più. L’importante però sono le difese che vengono dal cuore, contro i cattivi pensieri. È lì che la mia attenzione non deve abbassare la guardia». Ernesto Olivero, 80 anni, fondatore e anima del Sermig e dell’Arsenale della Pace a Torino è sempre in prima linea assieme a Rosanna Tabasso e agli amici della Fraternità della Speranza e a tutti i volontari che ogni giorno si adoperano, oggi più che mai, per assistere e accogliere chi non ha nulla.

Difficile non fare cattivi pensieri, in questo periodo.

«Nulla nasce per caso. C’è chi il caso lo butta nel cestino e chi lo sa interrogare. Gli Arsenali della Pace parlano. Parlano da soli, se li vuoi interrogare».

Lei ha ampliato la sua opera durante la pandemia. Dall’accoglienza ai pacchi per le famiglie.

«Per forza e per amore. Quando arrivò il virus molti amici mi dicevano di chiudere. Io ci ho pensato ma poi mi sono detto: “Questa è una casa aperta. Come può chiudere ora?».

E come parlano gli Arsenali della Pace?

«In questo momento terribile a livello mondiale viviamo collettivamente un’esperienza mai fatta da nessuno. Gli Arsenali parlano la lingua dell’accoglienza, del rispetto della persona, la lingua della fraternità verso tutti. La vita semplice e gioiosa di tanti momenti belli e le lacrime di chi piange. Centomila morti in Italia in un anno non si possono dimenticare e le loro famiglie, i loro amici non li possiamo dimenticare».   

Lei conosce la sofferenza.   

«So quello che provoca la sofferenza. Sono cittadino onorario di Bergamo e sono stato lì, con il Presidente Mattarella, nel giugno scorso, a rendere omaggio a tutte le vittime del covid. Una delle tante occasioni in cui ho capito che non si può dimenticare».

La sua storia parla per lei. Cosa si sente di dire ai potenti?

«Mi chiedo: i morti di fame nel mondo non commuovono più nessuno? I bambini che non riescono più a vivere ci lasciano imperturbabili? Ho scritto una lettera alla coscienza che nei prossimi giorni farò avere a tutte le autorità del Paese. In questo momento triste possiamo fare scelte importanti».

Non sarà facile, visto le condizioni in cui siamo.

«Riporto tutto alla mia esperienza. L’Arsenale della Pace è cresciuto nella sua visione di fraternità, di responsabilità civile, di convivenza tra tutti, di condivisione di idee e di stile di vita, grazie alla frequentazione della Bibbia che ci ha sempre nutriti, al rapporto con Dio. E grazie a tanti amici che ci hanno dato il meglio delle loro competenze spesso senza comparire. E noi dobbiamo riconoscere gli esperti e accogliere i loro doni. Se il Sermig fosse l’Italia…».

…l’«amico» sarebbe Draghi?

«A dicembre dell’anno scorso è venuto al Sermig. Non ci conoscevamo, non ha voluto apparire. È rimasto di lato, in silenzio, in ascolto. Un atteggiamento che per noi è oro. Parla da solo. Con i fatti».

È soddisfatto dunque dell’arrivo di Draghi?

«Credo che sia stato un fatto positivo anche per i partiti nei quali è emersa la saggezza di fare come ha chiesto il presidente della Repubblica nel suo profondo e forte discorso in cui ha motivato la scelta di Draghi».

Nonostante lei veda ogni giorno gli ultimi, mi pare ottimista.

«Nella lettera alla coscienza che ho scritto, dico che è possibile uscire da questa crisi meglio di come siamo entrati. Non dobbiamo arrenderci alla disperazione ma accogliere la saggezza. In questo momento drammatico, tutti siamo chiamati a fare scelte importanti».

Tutti? cittadini e politici?

«Tutti. Vedrà che se ascolteremo la saggezza e la coscienza sapremo risollevarci. Come cittadini sapremo ritrovare la passione per il bene comune, per la dimensione comunitaria. E la politica ritroverà lo slancio per il servizio competente e onesto reso alla comunità».

E i politici?

Penso sempre che chi ha responsabilità in qualsiasi campo, dall’educazione all’economia, dalla ricerca alla politica… deve avere una visione ampia che non dimentichi mai la centralità della persona, il rispetto della vita e del creato, nello stesso tempo non deve mai perdere il contatto con la gente, con la concretezza della vita, con i problemi quotidiani. Insieme alla conoscenza, alla competenza non deve mai perdere l’umiltà richiesta a chi sa di essere a servizio e poi l’attenzione alle persone più fragili».

Cioè mettersi dei panni della gente?

«Si, mettersi nei panni della gente. Chiedersi spesso di cosa ha bisogno la gente come vorrei essere accolto, come vorrei essere aiutato. E’ fondamentale perché la politica non perda la sua anima di servizio. E poi mi piacerebbe che ritrovassimo il senso di fare squadra, superare i particolarismi in vista di un bene più grande. Non solo la politica ma noi gente, tutti noi, ritrovare il senso della comunità che mette al centro trasparenza, gratuità, disponibilità, passione, fraternità… Ma non è una predica, è la vita degli Arsenali».

di Marco Castelnuovo
Corriere della sera

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok