LASTAMPA: Torino scopre la fame ma ha un cuore

Pubblicato il 17-05-2020

di Ernesto Olivero

Intervista a Ernesto Olivero su "La Stampa" di Domenica 17 maggio 2020
di Maria Teresa Martinengo 

Ottant'anni possono passare quasi inosservati e l'energia per continuare a costruire un mondo migliore è quella di sempre, di 60 anni fa.
Ernesto Olivero, il fondatore del Serrnig e di una factory della solidarietà che in Borgo Dora ha accolto finora 56.000 persone in povertà e ha offerto 17 milioni di notti di ospitalità negli Arsenali di Torino, Brasile e Giordania, il 24 maggio festeggerà un compleanno importante.
Riceverà moltissimi auguri - ne siamo certi -, ma non ha in programma una giornata speciale.
Già il momento è speciale: l'Arsenale della Pace, aperto il 2 agosto 1983 e in cui Olivero si identifica, sta combattendo la pandemia al fianco dei più poveri, dei senza casa.

Come vive questo tempo ecome lo vivel' Arsenale?
«All'inizio tutti ci consigliavano di chiudere. lo ho passato alcune notti in dialogo con me stesso e con la nostra storia. Mi dicevo: se chiudiamo staremo più tranquilli, ma stiamo vivendo uno dei momenti più drammatici della storia dell'umanità.
La povera gente dove andrà? Tutti dicono che il Serrnig è la casa di Dio, della Madonna. E in questo dramma? Non me la sento di chiudere, non ce la sentiamo. E allora abbiamo tenuto aperto, per 200 persone.
In Brasile ancora di più: 1100 persone con noi notte e giorno. Gli ospiti non possono ancora uscire, ma sono convinti che sia giusto così».
La città si è ritrovata povera. «In pochi giorni abbiamo scoperto la fame. Siamo arrivati ad avere 700 famiglie che mangiano grazie all'Arsenale. Ma abbiamo scoperto anche una generosità immensa».

L'epidemia le ha suggerito qualcosa?
«Mi ha suscitato una riflessione sulla politica. Come mai in questo momento di pandemia nessuno era preparato a nulla?
La prima cosa che dovremmo chiederci quando votiamo è: chi votiamo? Il più simpatico?  Quello con la battuta più pronta? Chi grida di più? Ma in politica vale chi grida meno, chi fa ragionamenti. Ragioniamo, altrimenti questo tempo passa e ci troveremo peggio di prima. Dobbiamo votare i migliori di ogni partito».

Il Sermig ha sempre ragionato. E ha suscitato stima in personalità come Pertini, Bobbio, Bodrato, Zaccagnini, Mattarella ...
«Il Serrnig ha sempre fatto ragionamenti e anticipato i tempi. Noi volevamo essere soltanto un gruppo missionario, per combattere la fame nel mondo, ma siamo stati attenti che il nostro portone fosse sempre aperto. E il portone ci ha fatto capire che l'imprevisto è la novità che bussa e ti chiede: mi dai una mano? Da noi sono arrivate anche le Brigate Rosse a chiederci di uscire dal buco nero in cui erano. Siamo in 155 nazioni con i nostri progetti.
"Non tocca a noi" non l'abbiamo mai detto. Abbiamo cercato persone sagge che potevano aiutarci perché il bene bisogna farlo bene. Ce lo hanno insegnato amici come Madre Teresa di Calcutta, il cardinale Helder Camàra, la missionariaAnnalena Tonelli».

Cuore e spirito pratico. Agli inizi vi ha sostenuti il cardinale Pellegrino, lei lavorava in banca ...
«Eravamo ragazzini di 18-19 anni. Pellegrino ci ha amato, permeluieraunmito. Un giorno vado da lui e gli dico che volevo licenziarmi per dedicarmi interamente al Serrnig. Pensavo mi avrebbe abbracciato, invece mi ha risposto: "Quando Dio lo vorrà sarà lui a darti un segno". Il segno è arrivato· negli anni 90, quando in banca avevo fatto carriera. Una telefonata da un amico di Padre Pio: "Se lei crede si può licenziare". Ho chiamato Maria, mia moglie. E lei: "Hai sempre dimostrato saggezza. Decidi tu". Mi sono licenziato».

È vero che all'origine del Sermig c'è stata sua moglie?
«Il merito è stato di Maria, che è mancata un anno fa ed è sempre viva nel mio cuore. All' epoca facevo parte di 6-7 gruppi, ero molto vivace. Mi fece presente che se davvero volevamo mettere su famiglia, avere tre figli, dovevo sceglierne uno. Invece di scegliere l'ho fondato, mettendoci le competenze che avevo acquisito. E tre figli li abbiamo avuti: Lidia, Alessandro, Andrea, tutti sposati, con nove nipoti, otto in terra e uno in cielo. Tutti e tre mi danno una mano,ma senza privilegi.
Non sono i figli del fondatore. Nella famiglia del Serrnig poi siamo un centinaio, persone davvero motivate. Quasi tutti i miei ragazzi condividono lo stipendio con i poveri, sono di un equilibrio commovente senza essere lacrimevoli. Il bene bisogna farlo bene. Ed essere utorevoli nel farlo». 

di Maria Teresa Martinengo 

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