La globalizzazione buona del sudore

Pubblicato il 30-08-2016

di Monica Canalis

Torino. Mauro, Luca, Giulia, Elisa, Sara… sono alcuni dei 1000 ragazzi che da tutta Italia sono arrivati all'Arsenale della Pace per i campi estivi.

Giornate intense in cui sembra attualizzarsi l’antica regola benedettina dell’ora et labora. La proposta educativa del Sermig, a cui aderiscono scout, parrocchie, gruppi missionari, scuole, si articola infatti su più momenti che coinvolgono il corpo, la mente e lo spirito: il lavoro manuale, la riflessione a gruppi, la preghiera. Un’esperienza di crescita integrale della persona, in cui il lavoro gioca una parte fondamentale.

Grazie a questi ragazzi nel solo mese di agosto sono stati caricati due container di aiuti umanitari per la Romania ed il Camerun. Un altro container sta per partire per la Georgia.
Più di 40 tonnellate di cibo, tecnologie, indumenti, materiale scolastico, elettrodomestici... raccolti con pazienza certosina dai volontari del Sermig e caricati nei container dai giovani dei campi estivi. Sono materiali che serviranno a rifornire asili, orfanotrofi, laboratori, centri di formazione professionale, ospedali, nell'ambito dei progetti di sviluppo che il Sermig promuove sin dal 1964 per sostenere i missionari. In Georgia tra l'altro si elettrificherà tramite il fotovoltaico un caseificio di una fattoria collocato in un monastero ortodosso per l'aiuto ai molti poveri della zona. Caricare un container è un’esperienza di fatica e al tempo stesso di gioia. Per una volta si lascia perdere il look e ci si trasforma in "ingranaggi" di una catena di montaggio, di lunghi passamano di scatole, attrezzi, apparecchiature, che sono stati raccolti, revisionati, eventualmente riparati, imballati ed ora sono pronti per essere spediti, per attraversare un pezzo di mondo e raggiungere terre lontane.

Caricare un container ti trasporta nei Paesi di destinazione, ti fa sentire vicine le persone che di lì a pochi giorni o settimane riprenderanno in mano quelle scatole con il cuore pieno di un grande grazie. Caricare un container ti trasporta soprattutto fuori da te stesso, dalle tue miserie e preoccupazioni, ti fa sentire utile, ti fa condividere la gioia di poter cambiare un pezzo di mondo, ti fa sperimentare che in solitudine si combina poco, ma insieme agli altri si fa la differenza. Caricare un container ti fa sentire bene anche se potresti strizzarti, tanto sei sudato. Il corpo si libera dalle tossine, fisiche e spirituali, e nel lavoro manuale ritrova un’armonia.

Questo fanno i ragazzi dell’estate al Sermig: vivono la bellezza del lavoro per gli altri. Ricchi di quel sudore che fa tornare a casa più grandi e più aperti ai bisogni del mondo.

Monica Canalis


 

 

 

 

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