La pace vince

Pubblicato il 29-07-2020

di Ernesto Olivero

Qualche tempo fa, alla mia porta ha bussato un signore distinto, molto anziano, che da molti anni portava un’offerta per i poveri. Quella volta aveva voluto conoscermi per raccontarmi la sua storia. Giuseppe nel 1941 era un garzone di 15 anni. Lavorava in un’officina meccanica che produceva componenti anche per l’arsenale di Torino. All’epoca la fabbrica continuava a fare il suo “mestiere”, come nei conflitti precedenti: le guerre del Risorgimento, la Prima guerra mondiale. Niente di nuovo sotto il sole. Centinaia di operai lavoravano notte e giorno per inviare armi al fronte. L’arsenale dava lavoro a tanti, dentro e fuori. Giuseppe quel giorno avrebbe dovuto fare una consegna. A un certo punto, fu attirato dal suono di una fisarmonica. C’erano due anziani seduti su una panchina proprio davanti all’ingresso dell’arsenale. Giuseppe si avvicinò, non disse nulla. Fu Battista a prendere la parola: «Suono da quando ero piccolo. Oggi mi sono portato dietro il mio amico Maurizio. Cerco di tirarlo su, perché ha ricevuto da poche ore la notizia che il suo unico figlio è morto sul fronte greco». Maurizio stava piangendo, non riusciva a dire nulla, le sue parole affogavano in un dolore immenso. Battista guardò la fabbrica da cui stavano uscendo carichi di armi di artiglieria e si rivolse a quel ragazzino incuriosito dalla scena: «Vedi Giuseppe, un qualche arsenale, forse proprio questo, ha fabbricato l’arma micidiale che ha tolto la vita al figlio del mio amico. Per questo odio profondamente la guerra». 

Giuseppe non ha mai dimenticato quell’episodio. E i suoi 90 anni me lo hanno voluto far conoscere. «Battista e Maurizio – mi ha detto – non hanno potuto vedere la fabbrica di armi trasformata in Arsenale della Pace. Io sì. L’ho vista, ho capito che l’amore disarma, è più forte di tutto. Alla fine, vince». Io e Giuseppe ci siamo abbracciati commossi. E il pensiero è andato subito al figlio di quell’uomo e ai milioni di vittime come lui. Allo stesso tempo, ho pensato a tutte le vite salvate dall’Arsenale della Pace. Lo stesso luogo, frutti diversi, la speranza di fondo che anche il male può convertirsi.

 

dal libro Una porta sempre aperta

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