30 anni di Arsenale

Pubblicato il 10-08-2013

di Redazione Sermig

Oggi l'Arsenale della Pace compie 30 anni! Li festeggia con la "Veglia per svegliarci" e la "Marcia della Speranza con Maria madre dei giovani".
Di seguito la rassegna stampa. 

Sabato 3 agosto 2013 - CronacaQui

Arsenale della Pace di Ernesto Olivero festeggia i tre decenni dalla sua fondazione
Sermig, 30 anni per la solidarietà

Trent'anni di beneficenza, di aiuto concreto a tanti bisognosi. Un traguardo storico, per Ernesto Olivero, che festeggia assieme a tutta la comunità del Sermig i trent'anni dell'Arsenale della Pace, «Se per grazia di Dio dovessero comparire tutte insieme le persone che ci hanno aiutato e che abbiamo aiutato non basterebbe Torino a contenerle - afferma -. Lo dico con uno stupore da bambino che fa crescere ancora di più la gratitudine per questi trent'anni. Un grazie fasciato dal volto di una Madonna particolarissima, che ha tre mani, la protagonista della storia più incredibile della mia vita».
La storia del Sermig inizia nel vecchio arsenale militare di piazza Borgo Dora il 2 agosto 1983: un vecchio rudere, che probabilmente sarebbe stato demolito se non fosse arrivato lui, Ernesto Olivero. Un sognatore. E la sua visione era quella di riconvertire un luogo di guerra per farne un simbolo della pace. Forse non lo avrebbe immaginato nemmeno lui: oggi al Sermig sono ospitate accoglienze, un poliambulatorio, una scuoia di musica e di restauro, un asilo e un oratorio multietnici, un'università del dialogo, un centro di solidarietà.
Per celebrare i trent'anni di una realtà così importante, ieri è stata organizzata una giornata di eventi, il cui centro era la figura di Maria.
Proprio la Madonna è stata il cuore della festa: prima, la celebrazione eucaristica presieduta dall'arcivescovo Nosiglia nella chiesa intitolata a Maria, Madre di Giovani; dopo, alle 22.00, è iniziata la Marcia della Speranza per le vie della città.

CronacaQui


Arsenale della Pace storia di solidarietà lunga trent’anni

E il 2 agosto sarà la festa di Maria Madre dei Giovani
Un sogno che si è avverato perché la forza dei sogni è enorme». Trent’anni fa come oggi Ernesto Olivero e i giovani del Sermig entravano per la prima volta nell’Arsenale della Pace, un rudere ancora pieno degli strumenti con cui si fabbricavano le armi, un dedalo di capannoni in stato di abbandono.  

Oggi l’Arsenale festeggia l’anniversario con una proiezione, alle 18,30, che racconta una storia di impegno per la solidarietà e l’educazione (in queste settimane è un continuo va e vieni di gruppi di giovani da tutta Italia), una messa alle 20 nella chiesa interna dedicata a Maria Madre dei Giovani, celebrata dall’arcivescovo monsignor Cesare Nosiglia, e «Una veglia per svegliarci», alle 22, con una marcia che toccherà luoghi simbolo della carità torinese, come il Cottolengo, e l’istituzione per eccellenza, Palazzo Civico, fino a piazza Carlo Alberto.  

Una processione in cui i giovani porteranno l’icona della Madonna con tre mani, un dipinto dalla storia affascinante (arrivato dalla Russia e portato a Olivero dal laico D’Alema). Sarà l’avvio di una nuova tradizione, quella della festa di Maria Madre dei Giovani, voluta dall’arcivescovo. 

«Quel mattino di trent’anni fa - ricorda il fondatore del Servizio Missionario Giovani di ritorno dal Brasile - entravamo nell’arsenale con tre simboli: la Bibbia, un crocifisso che i carcerati avevano donato al cardinale Pellegrino e due libri di Luisa Manfredi King, partigiana non credente. Entravamo in nome della buona volontà e del sogno di dare una casa ai giovani: giovani che avrebbero dovuto portare un ideale nella vita e nella politica. Oggi a San Paolo, Brasile, abbiamo l’Arsenale della Speranza e a Madaba, Giordania, l’Arsenale dell’Incontro, progetti in 141 paesi. Se per grazia di Dio dovessero comparire tutte insieme le persone che ci hanno aiutato e che abbiamo aiutato non basterebbe Torino a contenerle». 

Da La Stampa 2 agosto 2013
Maria Teresa Martinengo


Venerdì 2 si fa festa per i 30 anni del Sermig

L’Arsenale della Pace sorge in piazza Borgo Dora 61, là dove nell’Ottocento aveva sede un arsenale militare

Ripercorrere la storia del Sermig, la sua nascita, i suoi valori. Ricordare i progetti di solidarietà che ha sostenuto, il dialogo verso la pace, la possibilità di costruire un luogo di incontro tra le persone fondato sul rispetto e la conoscenza reciproci. Ribadire il messaggio spirituale di solidarietà e vicinanza con chi ha meno, la capacità di porgere un aiuto e un gesto amico per le persone in difficoltà, l’idea che sia possibile offrire la speranza di una vita migliore ai tanti giovani che proprio al Sermig si rivolgono.  
Era il 2 agosto del 1983 quando Ernesto Olivero, insieme con i suoi amici, varcava per la prima volta il portone dell’ex arsenale militare di piazza Borgo Dora: la fabbrica da cui uscivano le armi utilizzate durante il Risorgimento e le due tragiche guerre mondiali era ridotto a poco più che un rudere. Da quel giorno, un luogo che fino ad allora aveva evocato la guerra, diventava la casa del Sermig (il Servizio missionario giovani), trasformandosi in Arsenale della Pace.  
 
Venerdì 2 agosto, a distanza di trent’anni esatti da quei giorni, in occasione del trentesimo anniversario dalla sua fondazione, la struttura di piazza Borgo Dora 61 celebra il suo compleanno con una giornata di eventi, in concomitanza con la prima festa di «Maria, Madre dei giovani», voluta dall’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia.
 
La ricorrenza nasce dall’icona della «Madonna delle tre mani», arrivata a Torino dalla Russia e venerata oggi nella nuova chiesa dell’Arsenale con il nome di «Maria, Madre dei Giovani». Si tratta di un’icona che ha fatto incrociare mondi diversi: è espressione della cultura e della spiritualità ortodossa, è stata donata al Sermig da un non credente, ha ricevuto la benedizione di un papa ed è legata alla preghiera «Maria Madre dei giovani» scritta da Ernesto Olivero e fatta propria dai pontefici Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
 
Il primo appuntamento della giornata di festa è previsto alle ore 18,30 con il ringraziamento che verrà rivolto a tutti coloro, amici, volontari e benefattori, che hanno partecipato alla vita, alle attività di solidarietà e alla crescita del Sermig. A questo primo momento seguirà la proiezione di un documentario sulla storia dell’Arsenale.
 
Dopo di ché, intorno alle ore 20, si terrà la celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo Cesare Nosiglia nella chiesa intitolata a «Maria, Madre dei giovani». Infine, a partire dalle 22 inizierà la «Marcia della Speranza» per le strade della città, che si concluderà a tarda notte in piazza Carlo Alberto. L’icona sarà portata a spalla da giovani di tutta Italia in un itinerario che toccherà alcuni dei luoghi più significativi legati alla storia del Sermig: il municipio, il Cottolengo, i santuari di Maria Ausiliatrice e della Consolata, la chiesa ortodossa di via Cottolengo.
 
Da ormai trent’anni l’Arsenale della Pace e il Sermig rappresentano una casa sempre per chi è in difficoltà: nei suoi 40 mila metri quadrati, la struttura ospita spazi di accoglienza, un poliambulatorio medico, una scuola di musica e di restauro, un asilo e un oratorio multietnici, l’Università del Dialogo e un centro di solidarietà internazionale che ha promosso migliaia di progetti di sviluppo e in oltre cento paesi del mondo.

Da TorinoSette  2 agosto 2013
Marco Bobbio



Le stelle spente possono essere riaccese e l'impossibile diventare possibile!

Ci sono tante stelle spente che deside­rano essere accese. Eppure, continueranno ad essere spente, se nessuno desidera davvero che tornino a far luce. La mia storia e quella dei miei amici in fondo è stata questa. Eravamo molto giovani, con pochissimi mezzi, ma grandi ideali. Anche noi volevamo accendere una stella e la scoprimmo nel vecchio arsenale militare di Torino. La fabbrica delle armi del Risorgimento e delle guerre mondiali era un rudere: servivano miliardi di lire per rimetterla a posto. Noi non avevamo una lira, ma avevamo un sogno. Oggi, l’Arsenale della Pace esiste, dà speranza, con la sua storia è diventato un punto di riferimento per migliaia di giovani, può raccontare il cambiamento di mille e mille vite, dare voce a mille e mille gesti di fraternità, in Brasile, in Giordania, in 140 Paesi del mondo.

Entrammo il 2 agosto 1983 e il nostro sogno attirò un fiume di Provvidenza incredibile: migliaia e migliaia di giovani e adulti pronti a donare il loro tempo, il loro denaro, la loro professionalità. È stato un cammino affascinante, iniziato negli anni ’70 dopo l’incontro con un uomo che parlava di pace come nessun altro: Giorgio La Pira, sindaco di Firenze. Diceva che ebrei, musulmani e cristiani erano figli di Abramo, figli di Dio. Per questo, nessuno in nome della religione può permettersi di chiamare qualcuno infedele, di calpestare la libertà, di non rispettare l’altro. La Pira parlava poi del profeta Isaia, del suo sogno di tramutare le armi in strumenti di lavoro. Quella profezia mi cambiò la vita. Andai a conoscerlo e la sua amicizia accompagnò i miei primi passi.

Fu però papa Paolo VI a dare ali a questo sogno. Nel 1976, sentii l’esigenza di parlare con lui per trasmettergli il mio amore per la Chiesa. Andai a Roma con una lettera del cardinale Michele Pellegrino e nessuno si scandalizzò che un ragazzo sconosciuto in camiciotto e blue jeans potesse essere ricevuto dal Papa. Non sempre la burocrazia ferma i desideri dei giovani, e così avvenne. Parlai a cuore aperto di una Chiesa lontana dai giovani, lontana dalla gente: avevo il cuore lacerato, ma alcun giudizio, solo la richiesta e il sogno di un mondo e di una Chiesa in cui il potere è servizio, l’amore è dare da mangiare agli affamati, lo straniero è una persona da amare. Cose da Vangelo, cose normali, possibili per un cristiano. Il Papa non si scandalizzò. Ricordo il suo sguardo affettuoso, presente, che si tramutò in un abbraccio e in un mandato: “Spero da Torino, terra di santi, per una rivoluzione d’amore”.

Quelle parole mi entrarono dentro e la stella dell’Arsenale cominciò a diffondere in quel momento il suo primo bagliore. Passarono ancora alcuni anni, plasmati dall’incontro con tanti uomini e donne di Dio, credenti e non credenti. Il 2 agosto del 1983 entrai con la Bibbia, un crocifisso che veniva dal carcere, due libri di una mia amica non credente. Non entravo da solo, ma come Chiesa, come umanità, a nome della sofferenza, ma soprattutto della speranza del mondo. Senza alcuna presunzione. Oggi come ieri, continuiamo a pre­gare, a fare silenzio, a farci interpellare da chi bussa alla porta. Solo così l’impossibile diventa possibile, solo così qualche stella spenta, se Dio lo vuole, potrà riaccendersi.

Da Avvenire
Ernesto Olivero

 

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