Migrantes

Pubblicato il 18-08-2011

di Aldo Maria Valli

Paolo ha 11 anni e parla un perfetto italiano, ma il colore della sua pelle dice chiara la sua origine. Yusuf e Benin sono molto più piccoli e non hanno ancora avuto modo di imparare l’italiano. Parlano un misto tra inglese, francese e un dialetto africano. Sono tre fra le centinaia di minori stranieri le cui prospettive di vita sono affidate all’accoglienza italiana.
di Aldo Maria Valli
 
 
In soli otto anni sono passati dai 284.000 del 2001 agli 862.453 del 2008. Parliamo dei minori stranieri in Italia, ai quali la Cei ha dedicato la Giornata delle migrazioni 2010 (17 gennaio). Oggi sono il 22,2 per cento della popolazione straniera regolarmente residente, e ogni anno quelli che arrivano nel nostro Paese sono più di centomila. Al tempo stesso, nel mondo ci sono più di 650 mila minori di origine italiana, ovvero il 16,4 per cento degli emigranti italiani.
 
I minori stranieri, spiega monsignor Gianfranco Perego, direttore della Fondazione Migrantes, arrivano da noi nei modi più diversi: via mare, via terra, per ricongiungimento familiare, per tratta, in fuga da guerre e disastri ambientali, spesso nascosti nelle stive delle navi o nei camion. Poi ci sono i nuovi nati in Italia da famiglie straniere, che ammontano ormai all’11 per cento dei nati in Italia. Al nord l’incidenza dei nati da famiglie straniere è del 17 per cento, mentre al centro e al sud scende al 13 per cento. La regione con la più alta incidenza di bambini nati da famiglie straniere è il Veneto (19 per cento), seguita da Lombardia, Emilia e Umbria. Sfuggono alle statistiche i nuovi nati da coppie miste o da genitori che hanno ottenuto la cittadinanza italiana. I ricongiungimenti familiari interessano ogni anno circa 35 mila minori non comunitari e altrettanti comunitari, provenienti per lo più da Romania, Bulgaria e Polonia.
 
Un fenomeno che cresce è quello dei minori stranieri non accompagnati o separati, circa ottomila bambini e ragazzi arrivati in Italia nell’ultimo triennio senza neppure un genitore o un riferimento familiare. Un fenomeno diffuso soprattutto in Lombardia, Lazio, Puglia e Piemonte, che insieme accolgono circa il 60 per cento dei minori non accompagnati. Nell’83 per cento dei casi sono maschi, nel 17 per cento femmine. L’82 per cento ha un’età compresa fra i quindici e i diciassette anni. Le nazionalità di provenienza dei minori non accompagnati sono ben settantotto, con ai primi posti Romania, Albania, Marocco, Afghanistan ed Egitto. 
 
In forte crescita sono quelli provenienti da Palestina, Eritrea, Somalia e Nigeria. In questi anni il 50 per cento dei minori non accompagnati è stato accolto in famiglie, il 40 per cento da istituti e comunità, mentre il 10 per cento è irreperibile. Un mondo a sé è quello dei minori che vivono nelle comunità delle minoranze rom, sinti e dei camminanti. Alcune migliaia di bambini e ragazzi in movimento. Difficile avere statistiche, ma soprattutto difficile garantire loro la tutela dei diritti alla salute e all’istruzione, anche se non mancano esperienze interessanti.
 
Benedetto XVI ha ricordato di recente che gli immigrati sono persone, cioè soggetti portatori di diritti e di doveri. La persona è sempre sacra, a prescindere dalla provenienza, dal colore della pelle, dalla razza, dalla religione, dalle condizioni economiche. Ma gli ultimi fatti avvenuti in Italia, a Rosarno, hanno messo in evidenza, dice il presidente della Commissione episcopale per le migrazioni, l’arcivescovo Bruno Schettino, “la debolezza del sistema di accoglienza e di integrazione”. è stata a tutti gli effetti “una lotta fra poveri, e chi maggiormente è stato sconfitto è stato il più povero: l’immigrato”. I 650 mila minori italiani che vivono all’estero dovrebbero farci ricordare che noi abbiamo sperimentato a lungo la necessità di dover lasciare le nostre terre. Sia che abbiano lasciato l’Italia per raggiungere le famiglie, sia che siano nati nei Paesi di destinazione, sono minori ormai integrati, ma qui da noi che cosa si fa per consentire la medesima integrazione ai minori che approdano sulla penisola?
 
Il manifesto disegnato per la Giornata Mondiale delle Migrazioni mostra un bambino dentro una casa, al riparo dalle intemperie. Fuori, una fredda giornata di pioggia. Fra tutti i migranti, i minori sono i più deboli, eppure spesso un tetto non lo trovano, o lo trovano in forme precarie e inaccettabili. La stessa legislazione si occupa molto più degli adulti che dei minori, quasi che il bambino e il ragazzo non siano persone umane e giuridiche. Monsignor Schettino cita il tema delle cittadinanza: “In forza del principio dello ius sanguinis occorre attendere la maggiore età per dichiarare la propria volontà di acquisire la cittadinanza italiana. 
 
Questa attesa spinge molti giovani, figli di genitori stranieri, a vivere una sofferta ambivalenza. Si sentono italiani per gli studi fatti e per il processo di inculturazione, ma sono stranieri. Il contesto sociale è profondamente cambiato, per cui occorre pensare di adottare anche il principio dello ius soli, che riconosca il dato di fatto”. E poi c’è il problema scuola, “un grande laboratorio di integrazione” che ha bisogno di un progetto culturale. “C’è bisogno di creare un nuovo umanesimo, con elementi della tradizione italiana e i nuovi apporti garantiti da chi arriva da fuori.
 
Non si tratta di rinunciare alla propria identità, ma di cogliere l’identità come dinamica e relazionale. Importante è che nelle classi italiani e immigrati siano insieme. Occorre superare ogni pregiudizio e chiusura”. è la voce della Chiesa. Ma la politica che ne pensa? E quei politici sempre pronti ad accreditarsi come garanti dei valori cattolici che fanno?
Aldo Maria Valli

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