INDIA: persecuzione religiosa o politica?

Pubblicato il 02-09-2013

di Renato Rosso

 

Si è parlato molto di persecuzione ai Cristiani nel sub-continente indiano. Le notizie certo sono vere, come le uccisioni e le violenze, vorrei però riflettere su questo insieme di notizie, che potrebbero dare un'immagine distorta della situazione.

...Renato Rosso

 

Già durante la campagna elettorale indiana, che portò il BJP (Bharatya Janata Party) al potere nel '98 e più ancora nella campagna del '99, molti discorsi presero un tono nazional-religioso.
Si prospettò, con sempre più enfasi, l'unità nella religione indù come elemento agglutinante di tutte le istituzioni statali. Le minoranze religiose cioè i cristiani, i mussulmani e gli animisti tribali diventarono, in qualche modo, nemiche del BJP attualmente al potere, perché scomunicate da questo stesso partito.
Si deve dedurre che non c'è persecuzione religiosa in quanto tale, bensì persecuzione politica, anche se chi muore può essere un vero martire della fede.

Un fatto particolare e prototipo delle persecuzioni in India aveva suscitato scalpore: un pastore che faceva servizio di catechesi in un villaggio fu aggredito con i suoi due figli, legati, cosparsi di cherosene e bruciati nella loro stessa auto. Questa non era un'azione contro la religione in quanto tale, bensì mossa dal timore che i cristiani diventassero troppo forti: in quella località il partito che li combatteva avrebbe perso le elezioni.

 Le persecuzioni e l'accusa rivolta ai cristiani, in India di voler convertire gli indù e in Bangladesh i mussulmani, nasconde sempre qualche altra ragione non attinente alla fede e non è cosa di oggi. Venti anni fa due suore raggiunsero la regione di Sundur in Karnataka dove non c'erano cristiani. Dopo le prime settimane di buona accoglienza cominciò la persecuzione. Un capo politico e proprietario di alcune colline cariche di minerali iniziò la lotta contro le povere suore facendo, "terra bruciata" intorno a loro nel giro di poco tempo, e la ragione era sempre la stessa: "sono cristiane e certamente prima o poi cercheranno di convertirci e noi perderemo la nostra religione". Le sorelle si limitarono a restare, come una presenza.
Oggi il famoso persecutore diventato Ministro di Stato e anche amico delle sorelle confida che a lui venti anni fa non interessava la religione, ma era certo che queste donne "pericolose" avrebbero avviato una scuola e gli alunni diventando adulti non si sarebbero fermati in quella regione a estrarre i minerali dalle sue miniere. Lui aveva bisogno di analfabeti e non di dottori, ma non lo poteva dire, per questo preferiva ripetere: "attenzione ai cristiani che vi convertono!". Oggi capita questo nei paesi mussulmani del Medioriente, in quelli Indù del sub-continente indiano e in diverse parti dell'Oceania: è un problema specifico dell'Asia.
Quando venti secoli fa gli imperatori si scatenarono contro i cristiani probabilmente non avevano nulla contro Gesù, ne pensavano di difendere Giove o Giunone, temevano semplicemente di perdere il potere. In ogni caso i cristiani che si lasciarono uccidere per Gesù furono autentici martiri della fede e furono tanti.
A conclusione dico che in Asia la persecuzione c'è, ma non pensiamo che siano tanti i coraggiosi come quel pastore o quelle suore che hanno scelto di stare con i poveri lavorando con essi, i coraggiosi sono pochi.

La ragione potrebbe stare nella confidenza che mi fece un grande amico e arcivescovo indiano il quale diceva: "anche se ai politici interessa solo la politica, essi sarebbero comunque disposti a perseguitarci, ma la Chiesa indiana ha preferito non lasciarsi perseguitare". Tutti riconoscono quanto è prezioso il sangue dei martiri, ma nelle parole dell'arcivescovo c'è la visibile tristezza del compromesso e dell'incoerenza che sono le componenti essenziali per evitare il martirio.

Renato Rosso

 

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