Meditando Paolo (7/7)

Pubblicato il 15-09-2011

di Giuseppe Pollano


Il capitolo 8 della lettera ai Romani ci presenta una grande sintesi di tutta la redenzione: lo Spirito che ci afferra, la trasformazione che ci è richiesta, la speranza missionaria ne sono il contenuto. Seconda riflessione su “speranza e missione”.

di Giuseppe Pollano

Max Greiner, Il Servo divino
SPERANZA E MISSIONE


Continuiamo la riflessione su Rom 8,19-25, versetti che ci aiutano a vivere la speranza e a comunicarla con passione a tutti.

Dio c’è, ma vuole che tu lo capisca e lo intenda come un Dio che ti ama, perciò vuole che tu capisca il suo cuore e a poco a poco impari a ricambiarlo. Gesù è venuto non come il padrone e l’onnipotente, ma per essere il nostro Dio attraverso la tenerezza e la conquista d’amore, il servirci appassionatamente, il lavarci i piedi tutte le volte che ci perdona i peccati, il tenerci in piedi tutte le volte che è nostro pane e bevanda.
Un Dio così allarga il cuore: finalmente capiamo perché siamo vivi. Allora la vita si colma di questo Gesù che è qui, ma che non ho ancora visto. Infatti Paolo molto saggiamente dice che ciò che si spera, se visto, non si spera più: infatti ciò che uno già vede, come potremmo sperarlo?
Quando facciamo i nostri progetti di felicità basandosi su cose che si vedono, tutto finisce subito. Noi, per vivere la nostra vita cristiana, dobbiamo conservarci retti secondo il gusto di Gesù anche se ci costa, superare le tentazioni, purificarci dai peccati, vivere una fedeltà difficile, e tutto questo per uno che non abbiamo mai visto! Calcolate voi come è forte la grazia di Dio! Calcolate voi la potenza del fascino che Dio è capace di produrre in una coscienza umana: a noi così avidi di vedere, toccare, gustare egli invece insegna a buttare la vita fino all’estremo sacrificio per uno che non abbiamo mai visto.

Basta poco per noi, fragili come siamo e che viviamo di ciò che si vede, per catturarci e conquistarci! Ebbene no, noi viviamo nella vita di ogni giorno consolati da questa perseveranza che aspetta, noi crediamo che la vita è già trasformata. Questa speranza è tutta concreta, non servono ragionamenti in più: se io agisco così e non in un altro modo è perché l’ho deciso con Gesù. Ogni giorno con Gesù decido un pezzo della mia vita pregandolo, ogni giorno ricevendolo rifaccio con lui la stessa alleanza. Ogni giorno decido di camminare di nuovo insieme a Gesù.

A fronte della prospettiva di tanta gioia di un Dio presente, dovremmo concludere che la luce che il popolo di Dio regala al mondo sia la gioia! Umilmente dobbiamo riconoscere che non è così. Perché questa carenza? Perché la nostra speranza è piccola, perché ci lasciamo consolare troppo poco da Gesù. Allora diciamo col cuore a Gesù che vogliamo che gli altri si accorgano di come siamo ancorati alla sua presenza, di come è bello essergli amici. Questa è la speranza che produce la missione.


LA MISSIONE DI PORTARE SPERANZA
Alessandro Bulgarin, Germoglio
La missione non è soltanto andare a dire agli altri di Gesù, è portare gli altri a questa realtà nuova che è essere già sulla sponda di Dio. Una domanda, per valutare se e quanto sei missionario di speranza: dimmi un po’, chi e quanti hai già aiutato o stai aiutando a sperare nel modo giusto? Quanti che ti hanno conosciuto, ti hanno ascoltato, che tu hai ascoltati, hanno concluso con un “grazie di come sei perché mi hai riaperto il cuore alla speranza”?
Certamente anche tu hai bisogno di sperare, e quindi a tua volta devi andare a cercare chi ti aiuta, ma pensa a te come soggetto attivo dell’economia di Dio, e sii contento se puoi dire che nella vita hai lasciato dietro di te persone che hanno ritrovato la speranza perché, per disegno di Dio, ti hanno incontrato. Non è detto che sperino immediatamente in Dio, perché a Dio forse non pensano neppure, forse non ci credono. Non importa. Fai in modo che incomincino a sperare in te, poi arriveranno a Dio. C’è gente che è la prima volta nella vita che può dire sinceramente: “Spero in te perché sei così, perché di te mi fido”. Madre Teresa diceva che la lebbra dell’oriente è quella del bacillo di Hansen, ma la lebbra dell’occidente è la solitudine, per cui capita che puoi morire solo, che non hai mai potuto dire almeno una volta a nessuno “spero in te, mi fido e ti apro il cuore”.

La salvezza non deriva solo dalla fede teorica, ma dal “mi fido di te”, che implica “sono disposto a seguirti” e che, successivamente, può diventare un “sono disposto ad imitarti”. Quando poi la strada diventa difficile perché imitare vuol dire diventare più sinceri, più onesti, più motivati, insomma dove la vita incomincia a farsi ascetica, se una persona ti dice “tu mi convinci”, che è più di “io mi fido”, allora l’hai portata veramente nella trasfigurazione dell’esistenza, l’hai trasformata. Questa è la missione concreta, non fatta di molte parole, ma di grande ascolto, di grande accoglienza e di immensa fiducia.
Graziella Paniccia, Madre Teresa
La prima invenzione sociale che Madre Teresa fece fu la casa dei moribondi, che poi chiamò, pensando a Maria, la casa del cuore puro, dove portava gli abbandonati che erano sul punto di morire. Dopo anni ha detto che mai nessuno era morto triste. Un morente le disse che moriva contento perché era sempre stato trattato da bestia e ora moriva da angelo, come dire che stava vivendo una nuova vita. Teresa non voleva che si facesse una buona e santa beneficenza immediata, lei voleva che la gente tornasse a Dio. Non parlava di cristianesimo ai moribondi, di Dio. Se era un cristiano parlava da cristiana, se musulmano gli leggeva versetti del Corano, e se indù un brano dei loro poemi. Non era un ‘pasticcio’, ma la strada per arrivare a Dio. Incontrandola si fidavano ed erano convinti e convertiti. La Chiesa è ricca di questi esempi.
Beati coloro che sono capaci di questa missione di speranza! Il vangelo consiglia di andare a cercare i più poveri di speranza, quelli che il mondo butta nella spazzatura, la spazzatura della tua indifferenza, del tuo fatalismo, del tuo “che posso farci io?”. È saggio cominciare da coloro che non sperano affatto che ci sia qualcuno che si interessi di loro, che non hanno la pretesa di avere voce perché troppe volte sono stati dimenticati e il loro pane quotidiano purtroppo è la trascuratezza degli altri, e questo anche nelle società come le nostre che sono ad un discreto grado di organizzazione assistenziale: “prendo l’assegno, ma so benissimo che a te di me non importa nulla”.
Siate missionari di speranza per coloro che non ve la chiedono neppure, gente che non sa cosa fare di sé e che non ha né voglia né coraggio di parlarvi. Toccherà a voi, che sperate in Gesù risorto, trovare quel vicolo che c’è sempre nel cuore di tutti per arrivare, chissà quando, ad un incontro. Fin che la persona è viva non la dobbiamo trattare da morta, e troppe volte trattiamo da morti persone che sono vive: non ci sono, non contano.


NON SI PUÒ SPERARE SENZA ESSERE MISSIONARI E NON SI PUÒ ESSERE CRISTIANI SENZA SPERARE

Misura la vita di ogni giorno sulla fiducia che infondi. Quanti non sono capaci di infondere e dare fiducia, non sono capaci a provocare nell’altro un sorriso! Parti dalla sofferenza, parti dalla nullità del modo guardandolo con occhi aperti e disincantati, ma poi reagisci in questa maniera straordinaria, aspettando ardentemente l’immensa gioia che è gia pronta per noi tutti e che sarà per sempre. È un pensiero vertiginoso, ma è vero che l’eterno è già nostro, siamo già immortali.
Pensa allora qualche volta a questa gloria quando hai il desiderio di rannicchiarti, di chiuderti nella tua sofferenza: ricorda che Gesù ti dice: “Non ti farei soffrire, non permetterei questo dolore perché ti amo troppo, e se lo faccio è perché tu possa avere in ricambio una sproporzionata gloria”. Infatti il tempo passa, l’eternità no. È un’alleanza di ogni giorno, di ogni momento.Una mano affettuosa accarezza il volto di una donna anziana
Rinnova, per un mondo che ne ha bisogno, l’impegno di vivere ricco di speranza per te e per gli altri. Quanta gente ne ha bisogno! Programmalo: forse conosci qualcuno a cui domani puoi dire una parola, fare la telefonata giusta, lanciare il messaggio opportuno. Qualche cuore che non ti chiede niente ma ti aspetta sicuramente c’è. Tocca a te trovarlo, perché non andrà Gesù, né manderà un angelo, si fiderà di te.
Per questo lavorio affidiamoci alla Madonna della Visitazione, una creatura traboccante di speranza e che ha resa felice Elisabetta. È un modello per arrivare a “restituire” a Dio i doni che ci ha fatto.


Giuseppe Pollano
tratto da un incontro all’Arsenale della Pace
testo non rivisto dall'autore


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