La pecorella piccina

Pubblicato il 30-01-2013

di Flaminia Morandi

presepe.jpg.jpgSei un asino! Oggi se si è arrabbiati si dice ben di peggio. Però è rimasto il costume dell’insulto che paragona ad un animale. Sei un asino! Sei un maiale! Sei cocciuto come un mulo! Sei stupido come un bue! Dal presepio della tradizione ci guardano con rimprovero muto e mansueto un asino e un bue. Sono raffigurati come i più vicini a Gesù, insieme a Maria e a Giuseppe. Non è una cosa tanto strana: i partner di Dio nella Bibbia, a parte i suoi angeli, sono di frequente uccelli, bestiame e animali selvatici.

Se non fosse stato per la sensibile vista di un’asina, per esempio, il profeta Balaam non si sarebbe accorto di avere la strada sbarrata da un angelo di Dio: senza di lei Balaam sarebbe morto ma, dice l’angelo, avrei lasciato l’asina in vita. Anche per la grande quantità di animali che c’è a Ninive, Dio ha misericordia dei niniviti che non sanno distinguere la mano destra dalla sinistra. La sola pecorella piccina in affettuosa intimità col povero e uccisa dal ricco prepotente è preziosa agli occhi di Dio quanto Betsabea rapita da Davide ad Urìa, ucciso con l’inganno. Tobia che viaggia in compagnia di un angelo e seguito da un cane sembra l’illustrazione dell’amicizia solidale secondo il disegno di Dio.

balaam.jpg.jpgIl lupo che dimora con l’agnello, la pantera che si sdraia col capretto, il toro e il leone guidati da un bambino, i piccoli dell’orsa e della vacca che vivono in armonia per Isaia significano che anche gli animali avranno la loro trasfigurazione nella luce che non tramonta. E non si può essere certi, dice Qoelet, se nel momento supremo il soffio vitale dell’uomo salirà in alto e quello delle bestie in basso.

isaia.jpg.jpgDio ha seminato in ciascuna delle specie una parte della sua pienezza, dice san Massimo il Confessore: perché l’uomo apprenda anche dalle norme e dalle abitudini naturali degli esseri visibili a trovare la via che conduce a lui. Di certo gli animali, a differenza di quanto accade fra gli uomini, distinguono senza esitazione il peccato dalla santità. Abba Saba viveva in pace con un leone a cui aveva tolto una spina dalla zampa. Il suo discepolo Flavio aveva un asino per i servizi. Il leone e l’asino, quando si trovavano insieme, vivevano pacificamente: il leone afferrava con la bocca la cavezza dell’asino e lo faceva pascolare; a sera lo riportava dopo averlo fatto bere. Ma un giorno Flavio cadde nella lussuria. Quel giorno stesso, il leone stritolò l’asino e lo divorò. Flavio comprese che era colpa del suo peccato.

Tante vite di santi (come san Serafino di Sarov e san Francesco d’Assisi) testimoniano la loro perfetta confidenza con gli animali anche feroci. Sant’Isacco il Siro ne spiega il motivo: dal corpo dell’uomo di Dio emana lo stesso profumo che gli animali avevano sentito in Adamo prima della trasgressione, il profumo dell’umiltà. Per la stessa ragione sono capaci di sentire anche il cattivo odore del peccato. Allora, anche davanti agli animali dovremmo forse sostare per fare una preghiera: perché noi che non sappiamo ascoltare il Signore, abbiamo almeno la grazia di udire la loro voce.


Flaminia Morandi
NP gennaio 2006

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