Un coperto in più

Pubblicato il 06-01-2018

di Flaminia Morandi

Flaminia Morandi - MINIMAdi Flaminia Morandi - Cosa rende così difficile portare avanti un matrimonio per tutta la vita? Una serie di equivoci, risponde Olivier Clément che, oltre a essere un teologo ortodosso e una persona luminosa, parlava per esperienza diretta. Il primo equivoco, sul tipo di amore: credere che l’amore, e quindi il motivo per sposarsi, coincida con l’amore-passione, quella specie di stato selvaggio del desiderio appassionato per cui si aspetta dall’altro, corpo e anima, la rivelazione dell’assoluto. Poi intervengono, inevitabili, la delusione, l‘indifferenza. La fine. Il secondo è ancora sulla qualità dell’amore. Per i primi nove secoli cristiani non esisteva un vero e proprio rituale del matrimonio: un uomo e una donna che vivevano insieme, si comunicavano insieme. Cioè decidevano di mettere radici di vita in Cristo con il patto reciproco di scoprire uno nel volto dell’altro un amore che esisteva prima di loro, e che non sono loro a inventare. Sono coscienti che lo stesso amore che li ha condotti insieme è lo stesso che c’è tra Dio e la terra, tra Dio e l’uomo, tra Dio e la Chiesa. Dunque, e questo è il terzo equivoco, l’amore degli sposi non è un dato luminoso da cui partire, ma una mèta verso cui tendere. La donna non è nata dal fianco di Adamo mentre dormiva, come dice una traduzione comune di Genesi, ma mentre Adamo era in “estasi”, ekstasis, cioè mentre “usciva da se stesso”, come dice la traduzione corretta della Bibbia dei Settanta. Il matrimonio è una ekstasis, una ascesi: parola che per i greci indica un allenamento da atleti, una lotta con se stessi per tirare fuori il meglio.

Questa ascesi (tale e quale a quella dei monaci) comporta tre esigenze non rinunciabili. Dare per scontato che l’amore “allo stato selvaggio” non dura. Ma può non usurarsi se non ci si nascondono gli ostacoli: la tentazione della fusione e del possesso, per esempio, perché negano l’esistenza dell’altro. L’altro è e deve rimanere inaccessibile, pur essendo trasparente. La seconda è rifiutarsi di considerare l’eros come fatto “in sé”, “a parte”. L’eros è di ordine trascendente, è come “l’immagine dell’altro mondo che affiora nel nostro”, l’Altrove che si rivela nei due che si amano. Non può essere a parte, perché la sua energia è la stessa della creazione: l’eros fisico, dice Giovanni Climaco, è il modello del tuo desiderio di Dio. La terza esigenza è che l’amore fra un uomo e una donna si compia in un servizio comune. Non è detto che siano i figli! I figli non sono lo scopo del matrimonio, dice con forza Clément dando voce alla tradizione della Chiesa.

Un vero amore non ha scopo; il suo scopo è la sua evidenza. Qui sta la sua fecondità. È un amore che non si chiude su se stesso, decretando la sua condanna, ma si apre allo Sconosciuto. Chiunque esso sia: un bambino, o chi oggi bussa alla porta. Per lui, in quella casa, c’è sempre un posto a tavola

Flaminia Morandi
MINIMA
Rubrica di NUOVO PROGETTO

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