Convertirsi alla parola

Pubblicato il 10-02-2008

di Giuseppe Pollano

 

"Poiché nel tempo quaresimale si parla di conversione, proponiamoci di accettare la conversione alla Parola di Dio, ed innanzitutto al fatto che la Parola c’è".

di Giuseppe Pollano

Ci sono molti modi per iniziare un tempo quaresimale e le letture del martedì della prima settimana, Is 55,10-11 e Mt 6,7-15, ci offrono lo spunto. Il tema è la parola di Dio, sia quella che scende da Dio verso l’uomo come quella che, grazie allo Spirito, sale dall’uomo verso Dio.

Parola e parole
Poiché nel tempo quaresimale si parla di conversione, proponiamoci di accettare la conversione alla Parola di Dio, ed innanzitutto al fatto che la Parola c’è. Una conversione che ci permette di uscire da una condizione di distrazione che ci impedisce perfino di apprezzare la Parola stessa. Se non attuiamo questa conversione, come potremmo cogliere la ricchezza della Parola? Si rimarrebbe esclusi dalla sua luce. Una conversione quindi alla Parola “vera” rispetto alle innumerevoli non parole di questo mondo.

La Parola è un valore essenziale, un tesoro di cui dobbiamo impadronirci, guarigione e forza per la nostra vita. Tutto questo non si impara in un momento.
Il bisogno di Parola profonda oggi deve essere particolarmente vivo, perché la Parola intesa come guarigione e forza della vita non è il modo di pensare della nostra civiltà. Anzi, si potrebbe dire che sempre di più le parole degli uomini hanno invaso il campo della nostra attenzione, con un fenomeno preoccupante: tanto più le parole che ascoltiamo si moltiplicano, come soprattutto avviene nella nostra epoca, tanto più sono prive significato.
C’è un dramma di Sartre, un grande ateo del secolo scorso, che inizia con tre battute molto significative: uno interpella un altro con “Dimmi qualcosa”, e riceve come risposta “Che cosa devo dirti?”, “Qualunque cosa, purché faccia rumore”. È un flash perfetto di ciò che oggi la parola può essere: rumore che non ti comunica nulla di essenziale. In questa condizione siamo dei chiacchieranti, degli ascoltatori che non si stancano mai, continuamente presi dentro in questa distrazione infinita.

Ed ecco invece Dio, che mette la sua Parola in te perché da te risalga a Lui, fino al punto di dirgli Padre. Il punto debole di questa azione che parte da Dio è l’ascoltatore, perché è vero che la pioggia scende e feconda la terra, ma questo è un fatto naturale; non è così semplice per la Parola: essa scende con la sua grazia, ma sono io il terreno, che può essere povero perché non ho ascoltato.
Dunque, convertirsi alla Parola. La Chiesa ha percepito molto, soprattutto in questi ultimi decenni, il pericolo dell’inondazione di parole vuote e ha richiamato il popolo di Dio alla serietà della Parola; abbiamo a poco a poco recuperata la “lectio divina”, quell’antica forma di preghiera che risale ai Padri della Chiesa, ed abbiamo capito che è questo il modo di affrontare la Parola. La lectio divina è molto seria, proprio perché richiede alla persona una totale attenzione. Diceva Origene che devi farti ascolto, voltare la schiena a tutto. Se non fai così la Parola ti sfugge e allora non entri nella logica di Dio, mentre la Parola ti è data proprio perché il pensiero di Dio entri nella tua intelligenza, si incontri o si scontri con il tuo pensiero di prima e lo modifichi, lo aggredisca, lo converta.

La lectio divina
La logica di Dio richiede attenzione profonda, ed ecco perché la lectio divina scandisce l’approccio alla Parola attraverso quattro passi molto seri.
Leggi la Parola (lectio) con quiete e con calma, per capirla, per intenderla come parola che ti viene dal Creatore che ti ama e che ti rivela i significati.
E quando hai letto non accontentarti: regala a Dio la tua intelligenza che sa pensare, riflettere, impadronirsi del pensiero (meditatio). Non basta sapere a memoria frasi del vangelo; se non medito, se non mi domando cosa vuol dirmi Dio, la verità rimane solo un lampo bellissimo che passa senza incidere sulla mia vita e senza lasciare che Dio penetri nella mia intelligenza capace di ragionare.
Quando tu hai preso con questa serietà la Parola, essa comincia a lavorare in te, diventa “oratio”, inizi a pregare, senti che devi farla più tua, che deve toccarti il cuore. Non ti basta che ti abbia convinto, è come se sentendoti dire da Gesù che devi perdonare, tu adesso gli chiedessi la forza, anzi l’occasione di farlo: vuoi che ti diventi vita.
A questo punto il cuore è passato dalla parte di Dio e arrivi al quarto punto: la “contemplatio”, guardi le parole di Dio e le trovi naturali, giuste; finalmente senti che pensi come Dio.
Lectio, meditatio, oratio, contemplatio sono grandi cose: ci rendiamo conto invece di come spesso, senza colpa, ci sfugge la profondità della Parola, non ci convertiamo ad essa, non la prendiamo con serietà. Questo accade perché siamo abituati a sentirla o perché siamo frettolosi o perché siamo presuntuosi e ci pare di conoscerla abbastanza; o altre volte perché cadiamo nella sottile illusione che si possa sostituire la Parola con la massa delle nostre buone opere di carità, di assistenza, sociali: da una Chiesa efficiente ad una Chiesa efficientistica il passo è breve, ascoltare Dio non ti interessa più. Falle, guai se non le fai, ma guai se pensi che avendo fatto queste buone opere sei dispensato dall’inoltrarti nel mistero della pura Parola.

Diventare amici della Parola
Ascolta, apri la tua intelligenza e il tuo cuore e renditi disponibile completamente a Dio.
La quaresima può condurci avanti nel diventare veramente sapienti: accade che prima sei tu che leggi la Parola, ma poi è la Parola che legge te, ti mette in questione, ti misura, ti fa capire chi sei e chi non sei, ti convince tramite lo Spirito.
Nel nostro tempo, che si definisce anche “di uscita dalla cristianità”, rimarranno in piedi solo i cristiani molto radicati, e la radice è proprio il “Verbum Dei”, il sacramento della Parola; poi il pane, perché la Parola da sola non ci basta e vogliamo anche mangiarla. In effetti, come dicevano i Padri, oltre ad essere fedeli all’eucaristia, dobbiamo “masticare” la Parola in modo che diventi vita.
Siamo invitati, piccoli e grandi, istruiti o non istruiti, a porci in una quaresima di luce per diventare amici della Parola: basta che tu trovi quel tempo di Dio che è il tempo della tua giornata in cui fai deserto, volti le spalle a tutto e pensi che valga la pena di dire: “Ecco Signore, il tuo servo ti ascolta”. Allora da te salirà la Parola e ritroverai una ricchezza immensa anche nella preghiera del “Padre nostro” che – confessiamolo - spesso rischia di essere una formula molto stereotipata, senza che se ne colga più il senso di parola detta a Dio. Se invece fai con serietà, allora diventi, con umiltà, un esperto della Parola in un mondo molto superficiale, dissipato e ignorante della Parola stessa. Esperto come Maria, che la Parola concepì, generò, ascoltò, vi si immerse e si consumò ed ora convive nella gloria.
Giuseppe Pollano
tratto da un incontro all’Arsenale della Pace
testo non rivisto dall'autore
Sul tempo quaresimale vedi anche:
Dio ha un progetto di amore
Cristo e Satana
La questione del sepolcro
Il pendolo della vita


Vedi il dossier:
Mons. Giuseppe Pollano - riflessioni inedite per la Fraternità del Sermig  

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