La febbre del sabato sera

Pubblicato il 06-09-2015

di Flaminia Morandi

Marc Chagall, La creazione dell'uomodi Flaminia Morandi – Passata l’estate, ci resta il week end per fuggire dal tran tran in cerca del tempo libero. Come se il ripetersi della vita quotidiana fosse morte e solo la vacanza fosse vita, e la vera vita fosse solo la febbre del sabato sera. Eppure il week end non è un’invenzione moderna. Risale al IV secolo, come ci racconta il cardinal Ratzinger in un libro* scritto prima di diventare papa.

Dal tempo degli apostoli la domenica, giorno della resurrezione, era diventato il giorno dell’assemblea cristiana e del suo culto, mantenendo però anche il significato del sabato ebraico: il ricordo della creazione, del riposo di Dio creatore. Nei primi tre secoli però, quando il cristianesimo era fuorilegge, la domenica i cristiani non potevano astenersi dal lavoro: questa funzione era rimasta al sabato, come avveniva in ambiente giudaico. Nei primi tempi dopo Costantino, quando il cristianesimo era diventato la religione dell’impero e il culto poteva avvenire alla luce del sole, era rimasta la consuetudine di celebrare entrambi i giorni, il sabato e la domenica. Lo attestano le Costituzioni Apostoliche, un manuale di orientamento cristiano redatto forse in Siria nel IV secolo: “Trascorrete il sabato e la domenica nella letizia del giorno di festa, perché il primo è il ricordo della creazione, e il secondo quello della resurrezione”.

Lo Shabbat, il riposo, lo smettere di lavorare era finalizzato al dominicus, ciò che è del Signore. Al sabato e alla domenica, dicono le Costituzioni, occorre conservare il senso spirituale del sabato ebraico: non dedicarsi cioè alla cura del corpo ma piuttosto allo studio e alla meditazione della parola di Dio. Ciascuno, dice il manuale, “contempli la creazione, non prenda cibo già vecchio, non assuma bevande inebrianti, non faccia itinerari consueti, non goda del ballo e della confusione rumorosa e caotica”. Approfitti dell’interruzione per leggere il senso dell’esistere nel libro della creazione, faccia cose nuove perché dopo la resurrezione tutto è nuovo, e le compia in piena coscienza e in armonia con tutto il creato, senza stordirsi e volere fuggire dalla realtà: che è solo bella, anche nei suoi aspetti più ambigui, purché si viva dominicus, ciò che è del Signore. Un dominicus senza il quale la vita è impossibile, come si legge nel verbale di un interrogatorio avvenuto durante la persecuzione di Diocleziano e conservato fino a noi.

Siamo in Nord Africa, nel 304. Il proconsole interroga il padrone della casa dove una domenica erano stati scoperti in flagrante culto una cinquantina di cristiani. Il proconsole accusa: “Dovevi impedirgli di entrare in casa tua”. Risponde l’uomo: “Non potevo. Senza il giorno del Signore, senza il mistero del Signore noi non possiamo stare”. Non possumus: la celebrazione della domenica per noi non è un obbligo esteriore, è una necessità vitale. Non possiamo vivere senza dedicare il nostro week end alla perenne nostalgia del Padre, al desiderio di incontrare Colui che ci dà vita, e che ce la dà per sempre.


MINIMA – Rubrica di Nuovo Progetto


* Cantate al Signore un canto nuovo, Jaca Book ‘96.

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